Come si formano i ricordi mentre dormiamo: uno studio svela perché il sonno è fondamentale per la memoria
Un team di ricercatori dell'Ospedale Universitario della Charité di Berlino ha condotto uno studio sul cervello umano per scoprire come si formano i ricordi durante il sonno.
Sapevamo infatti da circa venti anni che mentre dormiamo le onde lente – un tipo di onde cerebrali che si sviluppano nel nostro cervello durante il sonno profondo – svolgono una funzione fondamentale nel trasformare le esperienze vissute in ricordi a lungo termine, ma non erano ancora chiari quali fossero i meccanismi dietro questo processo.
Lo studio sulle onde cerebrali
Lo studio è stato possibile grazie all'analisi di campioni di tessuto cerebrale prelevato da 45 pazienti che erano stati sottoposti a interventi di neurochirurgia per trattare l'epilessia o tumori cerebrali. Nello specifico, i campioni utilizzati erano stati prelevati dalla neocorteccia, una sezione già nota per il suo ruolo chiave nella formazione della memoria a lungo termine.
Misurando le onde elettriche prodotte nel cervello attraverso l'elettroencefalogramma (EEG), i ricercatori hanno studiato il momento in cui, mentre dormiamo, il nostro cervello riproduce le cose successe durante il giorno e sposta quelle informazioni dalla regione del cervello destinata alla memoria a breve termine, l'ippocampo, alla regione dove si forma quella a lungo termine, ovvero la neocorteccia.
Su questi campioni i ricercatori hanno simulato le variazioni delle onde cerebrali come si verificano durante il sonno profondo e hanno scoperto che sono proprio le onde lente a rendere più ricettiva la neocorteccia, migliorando le sinapsi, ovvero le connessioni tra i neuroni.
Nello specifico, c'è un momento in cui la neocorteccia raggiunge il massimo della sua ricettività, ovvero quando la tensione elettrica varia da bassa ad alta. "Se il cervello riproduce un ricordo esattamente in questo momento, viene trasferito alla memoria a lungo termine in modo particolarmente efficace", spiegano gli autori dello studio. La loro scoperta – aggiungono – potrebbe essere utilizzata per sviluppare nuove terapie in grado di migliorare la memoria in soggetti che rischiano di perdere le loro funzioni cognitive, come le persone anziane – vi lasciamo qui un nostro approfondimento sui primi sintomi della demenza – sfruttando proprio le onde cerebrali attraverso l'elettrostimolazione transcranica o attraverso segnali acustici in grado di influenzarle.