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Granchio Blu: come riconoscerlo, da dove viene e perché è pericoloso per l’ambiente

Il granchio blu è una specie aliena proveniente dal continente americano che si sta diffondendo in Italia, provocando danni significativi all’ambiente e al settore dell’acquacoltura. L’ecologo marino Andrea Bonifazi spiega a Fanpage.it come riconoscere il granchio blu – un crostaceo decapode della famiglia dei Portunidi – e come distinguere i maschi dalle femmine.
Andrea Bonifazi
Naturalista specializzato in ecologia marina
A cura di Andrea Centini
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Tra le specie aliene più problematiche presenti in Italia figura sicuramente il granchio blu (Callinectes sapidus), un crostaceo decapode della famiglia dei Portunidi originario delle continente americano che si sta diffondendo nel Mediterraneo e che negli ultimi anni ha avuto una significativa esplosione demografica, in particolar modo nel Mar Adriatico. Il primo avvistamento in Italia risale al 1949 (in Friuli Venezia Giulia) e si ritiene che oggi stia sfruttando a suo favore la tropicalizzazione del Mediterraneo provocata dal cambiamento climatico. È considerato pericoloso per l'ambiente perché è di grandi dimensioni, vorace e onnivoro. Mangia praticamente tutto ciò che riesce a catturare, soprattutto molluschi e novellame. Tra le aree più colpite dal granchio blu vi sono le lagune attorno al delta del Po, dove da alcuni mesi il crostaceo ha avuto una crescita esponenziale. Basti sapere che al mercato ittico legato alle lagune arrivano circa 20 quintali di granchi blu al giorno, una parte dei quali viene commercializzata e un'altra parte viene destinata allo smaltimento.

Perché il Granchio blu è pericoloso

Alcune lagune come quella del Canarin sono state invase dal crostaceo, che continua a moltiplicarsi e arrecare danni ingentissimi al settore dell'acquacoltura. Tra le specie commerciali più colpite vi sono le vongole, con danni stimati di decine di milioni di euro e una produttività persino dimezzata per alcuni siti. Il granchio blu, del resto, è grande e vorace e si nutre di tutto ciò che riesce a catturare e manipolare con le possenti chele. Vongole, cozze, ostriche e altri molluschi bivalvi sono tra le sue prede preferite, ma non disdegna anche gamberi, altri granchi e novellame di pesci, come anguille e cefali. È considerato come una sorta di flagello tanto per la biodiversità quanto per le economie locali basate sulla pesca, pertanto il governo italiano ha deciso di stanziare un primo pacchetto da 2,9 milioni di euro per contrastare la diffusione della specie aliena. Ma come è fatto esattamente questo granchio blu?

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Com'è fatto il granchio blu e come riconoscerlo

Il granchio blu, o granchio reale blu o granchio azzurro, è un crostaceo decapode appartenente alla famiglia dei portunidi (Portunidae), tra le cui fila si annoverano predatori aggressivi e veloci anche grazie all'ultimo paio di zampe trasformate in “pale”, un adattamento per favorire il nuoto. Se a questo si aggiungono lunghe, robuste e affilate chele, non c'è da stupirsi che si tratti di animali che riescono a catturare un gran numero di prede diverse. Praticamente tutte quelle a tiro delle formidabili appendici. A rendere il granchio blu particolarmente vorace ci sono anche le dimensioni. Come affermato a Fanpage.it dal dottor Andrea Bonifazi, ecologo marino e curatore della pagina di divulgazione scientifica Scienze Naturali, “Callinectes sapidus è un crostaceo decapode molto appariscente sia nelle dimensioni che nella colorazione. È proprio il colore celeste che screzia gli arti il motivo del suo nome comune, appunto ‘granchio blu'. È tra i crostacei più grandi presenti nelle nostre acque: il carapace, tipicamente ornato da due lunghe spine laterali, può superare i 20 centimetri di larghezza, con il maschio che tendenzialmente raggiunge maggiori dimensioni”. Gli esemplari più grandi catturati hanno un carapace di 23 centimetri e un peso di circa mezzo chilogrammo, ma le dimensioni medie si attestano sui 15 centimetri circa.

Le differenze tra maschi e femmine della specie granchio blu

La specie è caratterizzata da uno spiccato dimorfismo sessuale, che in pratica abbraccia l'insieme delle differenze anatomiche tra maschi e femmine. “Come avviene in molti altri granchi, il maschio lo si può distinguere per le chele più grandi e soprattutto per la forma dell'addome: nei maschi è stretto e triangolare, nelle femmine è molto più largo, adattamento che le permette di alloggiarvi le uova”, ha spiegato Bonifazi. Per quanto concerne la colorazione delle chele e delle zampe, anche se spesso si legge che sia solo il maschio ad averla azzurra / blu cobalto, in realtà è presente anche nelle femmine, come evidenziano le foto riportate nell'articolo.

Maschio di granchio blu. Credit: Laguna Project SNC
Maschio di granchio blu. Credit: Laguna Project SNC

La differenza risiede solo nell'apice delle stesse, come spiegato dal dottor Bonifazi, quindi sia al dattilo che che al ‘dito immobile'. Le femmine, infatti, “possono presentare l'apice delle chele di un colore rosso acceso”, evidenzia l'esperto. Anche se viene chiamato “granchio blu”, in realtà sono solo le appendici ad avere questa tonalità più evidente, mentre il carapace tende al grigio – celestino tenue con possibili variazioni verdastre e marroncine. Il colore blu-verdastro è dovuto all'interazione tra i pigmenti alfa-crostacianina e astaxantina (che è rosso).

Femmina di granchio blu. Credit: Laguna Project SNC
Femmina di granchio blu. Credit: Laguna Project SNC

Perché il granchio blu ha invaso i nostri mari

A causa delle conseguenze ambientali ed economiche dovute alla presenza di questa specie, nel caso in cui se ne avvistasse uno il consiglio è fare la segnalazione alla Capitaneria di Porto o all'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). Ci sono anche applicazioni ad hoc per smartphone dedicate proprio alla segnalazione di specie aliene in Italia. I granchi blu, come indicato, sono particolarmente invasivi e una soluzione a breve termine non sembra essere possibile. “Sono massicci, forti e praticamente privi di predatori naturali, tutti ingredienti alla base della loro grande invasività”, spiega Bonifazi. “A queste caratteristiche bisogna aggiungere l'elevata prolificità, con le femmine che possono produrre parecchie centinaia di migliaia di uova, anche se, ovviamente, non tutte si schiuderanno”, ha chiosato l'esperto.

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