Come mai quest’anno ci sono così tanti casi di virus West Nile
Continua a crescere in Italia il numero di casi di infezione da virus del West Nile (WNV, o virus del Nilo occidentale), una specie virale del genere Flavivirus – di cui fanno parte anche zika e dengue – trasmessa principalmente dalla zanzara Culex, anche se gli ospiti primari del virus sono gli uccelli. Nell’ultima settimana, secondo i dati del bollettino dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), sono stati confermati 71 nuovi casi e notificati 2 decessi, per un totale di 301 infezioni, di cui 5 mortali, dal primo caso segnalato all’inizio di giugno, in provincia di Padova. Oltre al Veneto, le regioni principalmente colpite sono il Piemonte, la Lombardia, il Friuli-Venezia Giulia e l’Emilia Romagna, anche se alcune infezioni sono state registrate anche in Toscana e Sardegna. A livello europeo, dall’inizio di questa stagione estiva sono stati segnalati diversi casi anche in Grecia, Austria, Romania e Slovacchia, oltre a decine di casi in Paesi limitrofi. La quasi totalità delle infezioni da virus del West Nile registrate in Italia si sono manifestate nella forma sintomatica della malattia, che presenta sintomi come febbre, mal di testa, dolori muscolari o articolari, vomito, diarrea o eruzioni cutanee, anche se più della metà dei casi (160 di 301) ha purtroppo sviluppato un coinvolgimento del sistema nervoso-centrale, dunque una malattia nella sua forma neuro-invasiva, che nei casi più gravi può portare a un’encefalite mortale.
Pur trattandosi di un virus conosciuto (isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, nel distretto del West Nile da cui prende il nome, e segnalato oltre l’Africa, anche in Stati Uniti, Canada, Messico, America centrale e meridionale, Caraibi, Africa, Medio Oriente, Europa meridionale, Russia, India e Indonesia) ad oggi non esiste un vaccino che protegga dall’infezione o dalla malattia, pertanto la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare, utilizzando ad esempio repellenti, indossando abiti che coprano quanto più possibile il corpo quando si è all’aperto, specialmente all’alba e al tramonto. È inoltre raccomandato svuotare frequentemente i vasi di fiori e altri contenitori, ed evitare luoghi dove sono presenti ristagni d’acqua. Proprio questi, in una situazione ambientale e climatica come quella dell’estate 2022, stanno determinando un contesto favorevole alla circolazione del virus.
Perché la siccità aumenta la diffusione del virus del West Nile
Diversamente da quanto si possa pensare, le scarse precipitazioni degli ultimi mesi stanno contribuendo in maniera significativa alla diffusione del virus del West Nile che, come premesso, è un virus degli uccelli che viene trasmesso all’uomo attraverso le punture di zanzare infette. I ristagni d’acqua sono l’ambiente ideale per la proliferazione delle zanzare, ma a causa della siccità, le stesse zanzare hanno trovato con meno facilità luoghi umidi dove riprodursi, andando più spesso a condividere le stesse zone dove gli uccelli, soprattutto quelli migratori, si ritrovano per bere o nidificare. “Questa situazione ha aumentato le possibilità di incontro tra il serbatoio della malattia (gli uccelli, ndr) e il vettore della malattia (le zanzare, ndr)” come spiegato dal biologo Fabrizio Montarsi dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie.
Di conseguenza, nelle zone più umide, ridotte da un’estate particolarmente secca, si registra la più alta incidenza di casi di infezione negli umani. La malattia può colpire anche i cavalli, particolarmente suscettibili al virus, ed è per questo che oltre al monitoraggio dei casi umani, è attiva anche la sorveglianza veterinaria, attuata su cavalli, zanzare, uccelli stanziali e selvatici, che ha confermato la circolazione del virus West Nile in questi animali in Piemonte, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Lombardia e Sardegna.
West Nile, tempi di incubazione e sintomi della malattia
Dal momento di una puntura di una zanzara infetta, il periodo di incubazione varia tra i 2 e i 14 giorni, ma in soggetti con particolari condizioni di salute, come deficit del sistema immunitario, può estendersi anche a 21 giorni. La maggior parte delle persone (4 su 5) con infezione da virus del Nilo occidentale non mostra alcun sintomo della malattia, mentre tra i casi sintomatici, il 20% presenta sintomi leggeri, come febbre, mal di testa, dolori muscolari e articolari, vomito, diarrea, ingrossamento dei linfonodi ed eruzioni cutanee.
Questi sintomi, precisa l’ISS, possono durare pochi giorni – in rari casi qualche settimana – possono variare molto a seconda delle condizioni di salute e dell’età della persona. Gli anziani e le persone condizioni mediche croniche (ad esempio diabete e ipertensione) sono maggiormente a rischio di sviluppare una malattia più grave.
I sintomi più severi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette e comprendono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Nei casi più gravi (circa 1 su mille) il virus può causare un’encefalite (un’infiammazione del cervello) che può essere letale.