Come il telescopio James Webb può scovare vita aliena intelligente nello spazio
Grazie al Telescopio Spaziale James Webb, che promette di rivoluzionare il modo in cui studieremo l'Universo, sarà più facile scovare potenziali civiltà extraterrestri nel cuore della nostra galassia, la Via Lattea. Tra le capacità dell'erede di Hubble, lanciato nello spazio il 25 dicembre del 2021, vi è infatti anche quella di analizzare la composizione chimica delle atmosfere dei pianeti extrasolari, dalle cui firme è possibile determinare se sulla loro superficie si stanno verificando fenomeni biologici. Come spiegato da universetoday.com, dalla lunghezza d'onda della luce captata si potrebbe ad esempio capire se su un esopianeta c'è vegetazione. La clorofilla, infatti, pur assorbendo la luce visibile, brilla intensamente in quella infrarossa, proprio la banda in cui esercita il potente (e costosissimo) telescopio spaziale. Il James Webb non solo sarebbe in grado di intercettare queste firme biologiche, ma secondo alcuni studiosi potrebbe addirittura suggerire la potenziale presenza di alieni intelligenti. In che modo? Rilevando potenziale inquinamento atmosferico sull'esopianeta.
A determinare che il Telescopio Spaziale James Webb potrebbe aiutarci a scoprire civiltà aliene intelligenti è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati del Blue Marble Space Institute of Science di Seattle, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del NASA Goddard Space Flight Center, del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell'Università di Rochesters, del Dipartimento di Astronomia e Astrofisica dell'Università Statale della Pennsylvania e di altri istituti. Gli scienziati, coordinati dal professor Jacob Haqq-Misra, nel loro articolo hanno indicato che il telescopio ha le carte in regola per rilevare determinati inquinanti, che non esistono in natura e dunque devono essere per forza figli di lavorazioni industriali su grande scala. Se qualche alieno intelligente in questo momento stesse studiando l'atmosfera del nostro pianeta, sicuramente si accorgerebbe dell'impatto delle emissioni dovute alle attività antropiche. Una delle firme più significative è quella legata ai clorofluorocarburi (CFC), composti altamente inquinanti utilizzati come refrigeranti e reagenti per la pulizia che hanno innescato il famigerato buco nell'ozono. Solo grazie al protocollo di Montreal e agli sforzi internazionali si è deciso di mettere severi limiti a queste sostanze, che avrebbero potuto scatenare una vera e propria catastrofe globale.
Secondo il professor Haqq-Misra e i colleghi i CFC sono “potenti agenti serra con lunghi tempi di permanenza nell'atmosfera”, frutto di un elevato processo di industrializzazione. Nel caso in cui su un pianeta ci fosse una civiltà extraterrestre avanzata (e inquinante) come la nostra, è molto probabile che con il James Webb riusciremmo a capirlo. Naturalmente per poter rilevare la debole firma di questi composti sono necessarie diverse condizioni, come ad esempio il fatto che l'esopianeta non orbiti attorno a una stella troppo luminosa. Gli scienziati hanno fatto l'esempio del celebre sistema stellare TRAPPIST-1, sui cui pianeti potrebbe esserci vita (alcuni si trovano nella zona abitabile della stella, dove può essere presente acqua allo stato liquido). Il Telescopio James Webb puntato verso quel sistema, sito a 40 anni luce dalla Terra, potrebbe rilevare le firme del CFC perché la stella di riferimento è piuttosto debole, ma se il James Webb si trovasse lì, non riuscirebbe a cogliere queste firme se puntato verso la Terra, perché il Sole è troppo luminoso. Per questo motivo gli scienziati suggeriscono che per andare a caccia di vita aliena intelligente è meglio puntare le stelle di Classe M, nane rosse piuttosto deboli e longeve. Si tratta di stelle piuttosto “esuberanti” nelle fasi giovanili e quindi potrebbero cancellare la vita a causa dei potenti brillamenti, ma col passare del tempo si calmano e quindi potrebbero essere compatibili con la biologia. Un recente studio ha tuttavia determinato che potremmo essere soli nella nostra galassia. I dettagli della ricerca “Detectability of Chlorofluorocarbons in the Atmospheres of Habitable M-dwarf Planets” sono stati caricati sul database online ArXiv, in attesa della revisione fra pari e la pubblicazione su una rivista scientifica.