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Come ha fatto l’influenza aviaria a diventare una pandemia animale (che ora minaccia anche l’uomo)

Il virus dell’influenza H5N1, che continua ad essere letale per milioni di volatili nel mondo, ha sviluppato la capacità di infettare diversi mammiferi: ad oggi, sono state rilevate infezioni in almeno 26 specie di mammiferi, inclusi i bovini e gli animali domestici, come cani e gatti, sollevando il timore che il patogeno possa adattarsi per infettare più efficacemente anche gli umani.
A cura di Valeria Aiello
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Il virus dell’influenza aviaria H5N1, che continua ad essere letale per milioni di volatili nel mondo, sta causando un preoccupante aumento di infezioni anche nei mammiferi, sollevando il timore che il patogeno possa adattarsi per infettare più efficacemente anche gli umani. Da quando è stato identificato per la prima volta, il virus ha causato la morte di milioni di uccelli selvatici – circa 600.000 in Sud America dal 2023 – , oltre l’uccisione di oltre mezzo miliardo di volatili d’allevamento, e fatto registrare sempre più frequentemente casi di infezione nei mammiferi, sia terrestri che marini, compresi focolai nei visoni d’allevamento in Spagna, nelle foche negli Stati Uniti e nei leoni marini in Perù e Cile.

Ad oggi, secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sono state rilevate infezioni in almeno 26 specie di mammiferi, incluse le mucche da latte in Texas e Kansas e gli animali domestici, come cani e gatti, dopo anche la recente segnalazione di gatti infettati dal virus dell’influenza aviaria in allevamenti nel New Mexico e nell’Ohio. Ma come è possibile che un virus aviario possa infettare anche i mammiferi?

Come ha fatto l'influenza aviaria a diventare una pandemia animale che minaccia l'uomo

Come tutti i virus influenzali, anche H5N1 è un patogeno in continua mutazione ed evoluzione, in grado di sviluppare nuove capacità che, in questo caso, stanno consentendo al virus di infettare specie diverse.

Ciò significa che, con la grande diffusione del patogeno, diventato endemico negli uccelli di Asia, Africa, Europa e Medio Oriente, e poi rilevato lungo le rotte migratorie anche in Nord America, Sud America e Antartide, il virus è sufficientemente cambiato da acquisire mutazioni adattative che gli permettono di poter infettare anche un’ampia varietà di mammiferi, comprese 21 specie nei soli Stati Uniti.

In presenza di una tale situazione, evidenziano gli esperti, è aumentata anche la possibilità di diffusione da mammifero a mammifero, così come il rischio che il virus possa adattarsi per infettare più efficacemente anche gli umani. “La grande preoccupazione ovviamente è che… infettando anatre e polli e poi sempre più mammiferi, quel virus si evolva ulteriormente e sviluppi la capacità di infettare gli esseri umani e quindi, in modo critico, la capacità di passare da umano a umano” ha recentemente affermato Jeremy Farrar, Chief Scientist dell’OMS.

Finora non vi è alcuna prova che il virus dell’influenza H5N1 si stia diffondendo tra gli esseri umani. Tuttavia, nelle centinaia di casi in cui gli esseri umani hanno contratto l’infezione in seguito al contatto con gli animali, “il tasso di mortalità è estremamente alto” ha aggiunto Farrar. Dal 2003 al 1° aprile di quest’anno, l’OMS ha dichiarato di aver registrato 463 decessi per 889 casi umani in 23 paesi, con un tasso di mortalità del 52%.

L’OMS ha chiesto di rafforzare il monitoraggio, sottolineando che è “molto importante capire quante infezioni umane si stanno verificando… perché è lì che avverrà l’adattamento (del virus)”. All’inizio di questo mese, le autorità statunitensi hanno segnalato un caso di infezione umana in Texas, in una persona che era stata a contatto con bestiame da latte infetto. Il paziente, che presentava un’infiammazione agli occhi (congiuntivite) come unico sintomo, è stato sottoposto a terapia antivirale e posto in isolamento.

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