Come ha fatto il terremoto in Myanmar a distruggere un palazzo a 1.300 km dall’epicentro

Alle 12:50 ora locale del Myanmar (07:50 in Italia) del 28 marzo 2025, una violentissima scossa di terremoto di magnitudo 7.7 ha gettato nel caos numerose città del Paese asiatico, provocando un numero imprecisato di vittime e danni ingentissimi, con interi edifici e infrastrutture collassati al suolo. Tra le città più colpite figurano la capitale Naypyitaw, Mandalay, Sagaing e Shan. L'epicentro del sisma è stato localizzato a 16 chilometri a Nord-Ovest di Sagaing, mentre l'ipocentro, ovvero il punto esatto in cui si è verificata la rottura della roccia che ha liberato un'immensa quantità di energia elastica, è stato localizzato ad appena 10 chilometri di profondità. Il fatto di essere innanzi a un terremoto superficiale così violento, centinaia di volte più potente di quello che ha squassato Amatrice, ha determinato un'estesa devastazione sul territorio.
“Le infrastrutture pubbliche sono state danneggiate, tra cui strade, ponti ed edifici pubblici. Attualmente siamo preoccupati per le dighe di grandi dimensioni che la gente sta osservando per verificarne le condizioni”, ha dichiarato alla CNN la dottoressa Marie Manrique, coordinatrice del programma Myanmar per la Federazione Internazionale della Croce Rossa. Le informazioni sul bilancio di vittime e danni sono provvisori, ma le stime fornite dallo United States Geological Survey (USGS), il Servizio Geologico degli Stati Uniti, sono agghiaccianti: si stima infatti una probabilità del 35 percento che i morti possano essere tra 1.000 e 10.000; del 29 percento che possano arrivare a 100.000; e del 13 percento che anche questa soglia spaventosa possa essere superata. I danni potrebbero arrivare al 30 percento del PIL del Paese asiatico, squassato da anni di guerra civile e governato da una giunta militare.
Sebbene l'evento sismico sia stato registrato nel Myanmar, tra le immagini più drammatiche che resteranno impresse di questa tragedia ve ne sono diverse che arrivano dalla Thailandia, più nello specifico da Bangkok, dove è crollato un intero palazzo in costruzione nei pressi del parco Chatuchak. Secondo quanto affermato dalle autorità locali, al momento del crollo dell'edificio – che avrebbe raggiunto i 137 metri di altezza – nel cantiere edile si trovavano circa 320 persone. Alcuni decessi sono stati già confermati, ma ci sono numeri discordanti sui dispersi. Si parla di 80 – 90 persone che mancano all'appello. Venti lavoratori sarebbero stati travolti mentre erano su un ascensore. Numeri drammatici che rendono evidente il catastrofico impatto del sisma, avvertito anche in India e in Cina. Un dettaglio significativo risiede nel fatto che il palazzo crollato, la cui costruzione era gestita da una società statale cinese, si trovava a ben 1.300 chilometri di distanza dall'epicentro del sisma. Eppure è venuto giù come un castello di carte. Com'è possibile?
In primo luogo, le onde sismiche generate da terremoti così violenti riescono a propagarsi nella crosta terrestre per centinaia di chilometri dal punto esatto in cui origina la frattura; quando sono così superficiali, inoltre, il loro effetto è amplificato sulle infrastrutture che non sono adeguatamente protette da criteri antisismici. Non conosciamo lo stato del palazzo thailandese, ma essendo ancora in costruzione molto probabilmente non era ancora “stabile”. Del resto diversi grattaceli di Bangkok hanno subito danni – alcuni rilasciando immense quantità d'acqua delle piscine a sfioro – ma non sono venuti giù.
Sappiamo però che il terremoto si è innescato molto probabilmente lungo la faglia di Sagaing, tra le più rilevanti, attive e pericolose del Myanmar. La faglia si estende per ben 1.200 chilometri dal Mare delle Andamane alla catena dell'Himalaya, attraversando molte popolose città come Mandalay e Naypyidaw, tra le più colpite dal sisma del 28 marzo. La faglia è di tipo trascorrente e fa parte della struttura a placche dell'altopiano tibetano, separando due placche tettoniche – indiana e asiatica – che si muovono in direzioni opposte. Si spostano di alcuni centimetri ogni anno. Questo movimento accumula stress significativo lungo la faglia e, quando raggiunge un livello critico, la roccia si rompe innescando eventi sismici violentissimi. A renderli particolarmente distruttivi il fatto che in questa regione si verifica un fenomeno noto come liquefazione del suolo. Come affermato all'ANSA dal dottor Salvatore Stramondo, dirigente di ricerca presso l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in quest'area è stata anche misurata “una deformazione superficiale del terreno di oltre 1 metro”, definita “una deformazione importante”.

L'ultimo evento con magnitudo simile a quella del terremoto del 28 marzo 2025 risale al 1946, mentre diversi sismi di magnitudo 7.0 si sono verificati fino al 1991. Per molti esperti questo terremoto non è stato una “sorpresa”, alla luce delle dinamiche tettoniche coinvolte, anche se chiaramente era impossibile prevedere quando si sarebbe sprigionato. La lunghezza e la complessità della faglia, di concerto con la violenza di un evento sismico superficiale, ha fatto sì che gli effetti hanno potuto serpeggiare anche a oltre 1.000 chilometri di distanza dall'epicentro, innescando la tragedia del palazzo a Bangkok. Si ritiene che anche la peculiare geometria della faglia possa esacerbare le probabilità di estesi eventi distruttivi. Alla luce del rischio sismico significativo dell'area, gli esperti raccomandano la costruzione di edifici con rigorose norme antisismiche per proteggere la popolazione.