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Cambiamenti climatici

Come funziona un dissalatore per rendere potabile l’acqua di mare: in Italia ne sono attivi 40

Gli impianti di desalinizzazione (o dissalatori) sono considerati uno strumento molto prezioso per combattere la siccità, tra le principale minacce del cambiamento climatico. Come funzionano e qual è la situazione in Italia.
A cura di Andrea Centini
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Dissalatore a Barcellona
Dissalatore a Barcellona
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I desalinizzatori (o dissalatori) sono dispositivi progettati per rimuovere il sale dall'acqua marina e renderla potabile o utilizzabile nel settore agricolo e industriale. Si spazia da piccoli strumenti portatili a giganteschi complessi permanenti, progettati per rifornire intere città. A causa del riscaldamento globale il ruolo di questi impianti è considerato sempre più prezioso; non a caso molte metropoli affacciate sul mare, come Barcellona, fanno affidamento a più impianti per soddisfare le esigenze della popolazione e dei turisti.

Recentemente il governo regionale catalano ha annunciato di voler attivare un ulteriore dissalatore mobile posto nel porto della città, con l'obiettivo di generare oltre 14 ettometri cubici di acqua ogni anno, parti al 6 percento dell'acqua che viene consumata nell'area metropolitana di Barcellona. Il progetto complessivo prevede la costruzione di 12 di questi impianti mobili, da affiancare a quelli permanenti. A Barcellona, del resto, è già installato uno dei due più grandi impianti di desalinizzazione d'Europa, che rifornisce circa il 30 percento dei residenti. Con queste iniziative il governo catalano intende superare la gravissima siccità che sta colpendo la regione da oltre 3 anni consecutivi. Non a caso è in vigore lo stato d'emergenza, con misure di razionamento dell'acqua, limitazioni nell'irrigazione per il comparto agricolo e vari divieti (come annaffiare parchi pubblici, lavare le auto e simili).

La siccità è tra le conseguenze più drammatiche e impattanti del cambiamento climatico, dovuta alla significativa riduzione delle precipitazioni. Il problema è particolarmente serio anche in Italia, come mostrano i dati dell'Osservatorio ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi di bonifica e di irrigazione), in base al quale negli ultimi 30 anni è caduta una media annuale di 255 miliardi di metri cubi di pioggia, contro i 300 miliardi di metri cubi che cadevano prima degli anni '70. Negli ultimi 30 anni la media è stata inferiore di circa il 20 percento. Nel 2022 a causa della carenza di neve nei bacini idrici del Nord Italia vennero registrati 2 miliardi di metri cubi di acqua in meno, che sfociarono nella scioccante secca del Po, in grado di far riemergere natanti affondati durante la Seconda Guerra Mondiale e persino i resti di animali preistorici.

Ove possibile, l'impiego di impianti di desalinizzazione può essere un preziosissimo aiuto per i territori densamente popolati più colpiti dalla siccità, come la sopracitata regione catalana. In Italia, come indicato dal Sole 24 Ore, ci sono 40 impianti di piccole dimensioni. Sono concentrati principalmente nelle piccole isole, mentre il più grande è a Sarroch in provincia di Cagliari. Tutti assieme producono circa 650.000 metri cubi d'acqua al giorno, contro i 108 milioni di metri cubi a livello globale. In Italia solo 0,1 percento dell'acqua dolce deriva dal trattamento delle acque marine e salmastre, secondo un report di Utilitalia. Sono dati sconcertanti, considerando che lo "Stivale" vanta tra le più avanzate tecnologie del settore e soprattutto è un Paese con oltre 8.300 chilometri di costa, dunque tra i più dotati di materia prima. Non a caso si continua a parlare sempre più spesso di impiegare dissalatori mobili (più piccoli, meno costosi e impattanti delle strutture permanenti) lungo tutto il Paese, permettendo di affrontare più efficacemente le grandi sfide del cambiamento climatico.

Ma come funziona un impianto di dissalazione? Esistono varie tecniche per rendere potabile l'acqua di mare: la più diffusa è quella dell'osmosi inversa. In parole semplici, attraverso potenti pompe l'acqua viene prelevata dal mare e fatta passare lungo una serie di dotti con filtri per essere purificata. Nella seconda fase del processo, grazie a una forte pressione (di decine di bar) viene spinta contro membrane semipermeabili che intrappolano il sale e lasciano fluire l'acqua dolce. Un leggero contenuto di sali (di poche decine di milligrammi per litro) viene lasciati prima di dirottare l'acqua trattata e disinfettata nelle condutture di acqua potabile / sanitaria. La maggior parte degli impianti di desalinizzazione si basa su questa tecnologia.

Negli impianti a evaporazione l'acqua marina viene riscaldata per innescare l'evaporazione; il vapore acqueo, privo del sale, viene raccolto e trasformato nuovamente nella fase liquida attraverso una procedura di condensazione. Nei complessi a scambio ionico, infine, vengono utilizzate speciali resine per rimuovere gli ioni di cloruro e sodio dall'acqua marina. Questo è un metodo che viene impiegato anche su numerose imbarcazioni per ottenere acqua potabile durante la navigazione, nonché da impianti fissi più piccoli destinati al consumo domestico. Gli impianti di dissalazione non sono chiaramente a impatto zero, né per i combustibili fossili necessari per farli funzionare né per i residui come la salamoia, acqua fortemente salata che non può essere rilasciata nell'ambiente, dove arrecherebbe gravissimi danni. Gli impianti mobili dotati delle ultime tecnologie, meno impattanti, sono considerati il futuro per questo settore.

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