Come funziona il farmaco rivoluzionario che fa ricrescere i denti: iniziati i test sull’uomo
Dopo uno slittamento di alcuni mesi rispetto alla tabella di marcia preventivata, è iniziato il primo trial clinico (test sull'uomo) dedicato a un pionieristico e rivoluzionario farmaco che promette di far ricrescere i denti a chi li ha perduti o non li ha mai avuti. A metterlo a punto scienziati giapponesi, che ne hanno già ampiamente evidenziato l'efficacia nei test preclinici su modelli animali, in particolar modo topi e furetti, come dimostrano due studi pubblicati nel 2021 e 2023 su Regenerative Therapy e Science. Chiaramente ciò che funziona negli animali non umani non è assolutamente detto che funzioni sulla nostra specie, Homo sapiens. Tuttavia i ricercatori coordinati dal professor Katsu Takahashi, primario di chirurgia orale presso il Medical Research Institute Kitano Hospital di Osaka, sono fiduciosi che tale terapia possa essere efficace anche nell'essere umano.
Come funziona la terapia che fa ricrescere i denti
Il trattamento si basa su un anticorpo monoclonale, ovvero un anticorpo semi-sintetico ingegnerizzato in laboratorio a partire da uno naturale. Nel caso specifico, si tratta di un inibitore del gene Uterine sensitization–associated gene-1 (USAG-1) associato a una proteina chiamata proteina morfogenetica ossea (BMP). Tale gene, infatti, è in grado di bloccare la crescita soprannumeraria di denti quando la dentatura è completa. In pratica, tiene a bada una crescita eccessiva. Quando vi è carenza di questo gene, tuttavia, possono emergere condizioni genetiche come l'iperodontia, ovvero la crescita di un numero superiore di denti rispetto a quello normale, a causa dell'attivazione di gemme dentarie "nascoste". Ci sono animali come gli squali che fanno ricrescere continuamente i loro denti; altre, come la nostra e i cani, ad esempio, hanno solo due generazioni di denti (quelli da latte e quelli permanenti). Takahashi e colleghi sostengono che anche nell'uomo possa esservi una terza serie di gemme dentarie, pronta a “sbocciare” con una terapia appropriata, quella che darebbe vita a nuovi denti.
L'anticorpo monoclonale inibitore del gene USAG-1 permetterebbe di attivare la potenziale terza generazione di denti nell'uomo e farli così ricrescere in modo naturale, non solo in chi non li ha mai avuti per condizioni congenite, ma anche in chi li ha persi per traumi, carie e altre malattie dentarie. Inizialmente rivolto il trattamento – qualora dovesse andare in porto – sarà rivolto ai pazienti affetti da anodontia, un malattia congenita (presente sin dalla nascita) che determina l'assenza completa di tutti o alcuni denti. Stimolando la proteina morfogenetica ossea, di fatto, la terapia dovrebbe attivare queste gemme dentarie nascoste in chi soffre di questa condizione. Al momento, comunque, il primo trial clinico sta coinvolgendo solo pazienti adulti privi di un solo dente. Gli scienziati devono infatti innanzitutto testare la sicurezza dell'anticorpo monoclonale, quindi ancora non siamo ai dosaggi per valutare l'efficacia. Ciò non significa che nelle persone trattate non possano spuntare questi nuovi denti. “Sarei al settimo cielo se ciò accadesse”, ha dichiarato il professor Takahashi in un comunicato stampa.
Ancora non sappiamo se la pionieristica terapia del team giapponese possa dare i frutti sperati, ma diversi colleghi sono fiduciosi sul fatto che ciò possa accadere. “Direi che il gruppo Takahashi sta aprendo la strada”, ha dichiarato all'Agence France Press (AFP) il professor Angray Kang della Queen Mary University di Londra. L'odontoiatra e immunotecnologo ha sottolineato che il lavoro è "entusiasmante e da perseguire" anche per via della proteina coinvolta nella sperimentazione, che ha delle similitudini con una coinvolta in un trattamento contro l'osteoporosi. Ma potrebbe volerci diverso tempo per arrivare a una terapia realmente efficace, sebbene il professor Takahashi punti a renderla disponibile entro il 2030. Uno dei problemi principali di questo trattamento è il punto in cui i nuovi denti potrebbero crescer all'interno della bocca e la loro forma; nulla che non potrebbe essere “sistemato” con le iniezioni al punto giusto e con eventuali interventi chirurgici, spiegano gli autori dello studio. Ritengono infatti che denti naturali ex novo sarebbero molto migliori e meno costosi degli interventi protesici comunemente impiegati per sostituirli.