Come fanno i tardigradi a sopravvivere nello spazio: svelati i segreti delle loro super proteine

Tra gli organismi più affascinanti che vivono sulla Terra ci sono i tardigradi, un phylum di minuscole creature – note come “orsi d'acqua” per l'aspetto curioso – dotate di straordinarie capacità di resistenza e sopravvivenza. Sono infatti dei cosiddetti estremofili, ovvero esseri viventi in grado di prosperare in ambienti particolarmente ostili e letali per la stragrande maggioranza degli altri. Ma i tardigradi hanno davvero una marcia in più. Basti sapere che sono capaci di sopportare temperature comprese tra – 200 °C e oltre 150 °C, così come di sopravvivere a dosi di radiazioni 1.000 volte superiori a quelle che ucciderebbero una persona, oltre al vuoto dello spazio. Ciò li rende degli organismi modello eccezionali per trovare soluzioni che possano permettere agli esseri umani di sopravvivere “fra le stelle”.
Le missioni spaziali di lunga durata, come quelle verso Marte, sono considerate molto pericolose non solo per gli effetti della microgravità sul corpo umano – qui spieghiamo come è cambiato quello dei due astronauti rimasti “bloccati” per nove mesi sulla ISS – ma anche per l'esposizione prolungata a dosi massicce di radiazioni. Non a caso durante la prima missione del programma Artemis, quello che riporterà l'uomo sulla Luna ma stavolta “per restare”, sono stati testati dei particolari giubbotti anti radiazioni. Analizzare le proprietà biologiche dei tardigradi potrebbe portare a soluzioni innovative per permetterci di diventare una specie multiplanetaria, un obiettivo che in un lontano futuro dovremo necessariamente raggiungere se vorremo continuare a esistere. Il Sole è infatti destinato a “morire” e nelle fasi finali della sua vita si trasformerà in una stella gigante che spazzerà via ogni forma di vita dalla Terra (il nostro pianeta potrebbe essere persino inglobato, se non espulso dalla sua orbita). L'umanità, pertanto, dovrà andarsene se vorrà continuare a prosperare. E per farlo dovrà affrontare l'estremo ambiente spaziale. Un nuovo studio ha analizzato dal punto di vista molecolare proprio i tratti biologici che permettono ai tardigradi di sopravvivere a condizioni così difficili come quelle spaziali.
A condurre lo studio sono stati i due ricercatori Isidora Stefanhak C. Arantes della NASA e Geancarlo Zanatta dell'Università Federale del Rio Grande do Sul (Brasile). Arantes è anche aspirante astronauta, pertanto questa ricerca è stata per lei di particolare interesse, visto che siamo in una nuova fase dell'esplorazione spaziale con l'imminente ritorno sulla Luna e il Pianeta Rosso nel mirino. Per indagare sui meccanismi molecolari e cellulari che permettono ai tardigradi di resistere in condizioni estreme – sono persino "immuni" alle microplastiche – i ricercatori si sono avvalsi di un programma chiamato Gromacs, un software open-source di elevata potenza progettato per indagare sulla dinamica molecolare. In parole molto semplici, esegue delle simulazioni svelando i "segreti" di determinate proteine.
Nello specifico, i due scienziati si sono concentrati sulla Dsup (Damage Suppressor), una proteina sintetizzata dai tardigradi che è in grado di proteggere il DNA dai danni delle radiazioni. Come spiegato da Arantes e Zanatta, questa proteina forma “uno scudo protettivo attorno al materiale genetico, riducendo le rotture a doppio filamento e preservando l'integrità genomica”. Grazie al software hanno svelato come funziona questa barriera fisica generata dalla Dsup, che è in grado di dissipare l'energia delle radiazioni e ridurre al minimo le interruzioni del DNA, “prevenendo le possibilità di mutazioni irreversibili”. Uno recente studio dell'Università di Harvard ha dimostrato che la proteina Dsup potrebbe essere usata persino per combattere i tumori.
Oltre allo scudo offerto da questa molecola, i ricercatori hanno osservato che le proteine da shock termico (HSP) sono in grado di mantenersi stabili quando esposte a temperature estreme, mentre enzimi antiossidanti entrano in azione per scongiurare il danno ossidativo quando i tardigradi sono sottoposti a pressioni elevatissime o dosi di radiazioni massicce. Tutti questi meccanismi biologici consentono a queste incredibili creature di sopravvivere in condizioni che ucciderebbero un essere umano in pochi istanti. Lo studio di tali processi può avere un impatto significativo sulla biotecnologica, che non solo potrebbe migliorare la resistenza delle cellule umane esposte alla radiazione cosmica e solare, ma anche portare allo sviluppo di colture in grado di resistere all'ambiente spaziale. Per sopravvivere, infatti, l'essere umano deve mangiare; se nello spazio muoiono tutti i raccolti in idroponica chiaramente non serve a nulla diventare “resistenti alle radiazioni”.
Le simulazioni condotte con Gromacs evidenziano che i tardigradi potrebbero sopravvivere su mondi ostili nel Sistema solare, suggerendo che potremmo trovare anche lì delle forme di vita altamente specializzate. “I risultati mostrano che la resilienza dei tardigradi rispecchia le potenziali forme di vita in ambienti extraterrestri estremi, come Marte, Europa e Titano”, spiegano Arantes e Zanatta. “Marte – proseguono i ricercatori – con il suo ambiente ricco di radiazioni e acqua liquida episodica, e le lune ghiacciate Europa e Titano, con oceani sotterranei e condizioni criogeniche, servono come parametri di riferimento per comprendere la sopravvivenza degli estremofili. Ad esempio, la stabilità delle proteine nell'oceano sotterraneo di Titano, come esplorato in studi correlati, suggerisce la plausibilità della vita in miscele acquose-ammoniaca in condizioni criogeniche”.
In un futuro non troppo lontano dovremmo riuscire a scoprire se effettivamente gli altri corpi celesti del sistema solare ospitino vita aliena oppure no. I dettagli della ricerca “Investigating tardigrades resistance as a model for life in extreme space environments” sono stati presentati in una recente conferenza di scienze planetarie.