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Come fanno gli animali a orientarsi con il campo magnetico della Terra

Alcuni animali, come le tartarughe marine e gli uccelli, sfruttano il campo magnetico della Terra per orientarsi e migrare. Si ipotizzano alcuni affascinanti meccanismi biologici alla base di questo senso chiamato “magnetoricezione”; ecco cosa è stato scoperto.
A cura di Andrea Centini
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Un pettirosso, una specie utilizzata per test sulla magnetoricezione. Credit: Andrea Centini
Un pettirosso, una specie utilizzata per test sulla magnetoricezione. Credit: Andrea Centini

Tra i sensi più affascinanti presenti in alcuni animali vi è la magnetocezione o magnetoricezione, ovvero la capacità di percepire il campo magnetico terrestre o campo geomagnetico, generato nel nucleo esterno (liquido) del nostro pianeta dalle correnti convettive innescate da ferro e nichel. Fino a non molto tempo fa gli scienziati ritenevano che gli animali non fossero in grado di percepire questo campo magnetico a causa della sua debolezza; oggi è invece acclarato che vi riescono, in particolar modo gli uccelli e alcune specie marine, che lo sfruttano per l'orientamento e la navigazione. Per gli uccelli la magnetoricezione è uno dei “metodi” sfruttati durante le grandi migrazioni. Ma come spiegato dagli scienziati del Lohmann Lab dell'Università della Carolina del Nord a Chapel Hill (Stati Uniti), sebbene sia ormai chiaro che diversi invertebrati e vertebrati sono in grado di percepire il campo magnetico terrestre, “determinare come funziona il senso magnetico è un’entusiasmante frontiera della fisiologia sensoriale”. In altri termini, non sappiamo ancora come funziona esattamente.

Se infatti per gli altri sensi – vista, olfatto, udito – sono ben conosciuti le cellule e gli organi coinvolti, “le cellule che funzionano come recettori del senso magnetico non sono state identificate con certezza in nessun animale”. Dagli studi è tuttavia emerso che la magnetoricezione si baserebbe fondamentalmente su tre vie distinte: i criptocromi o crittocromi, proteine sensibili alla luce presenti negli occhi di alcuni animali; la presenza di cristalli di magnetite nel corpo di alcuni organismi, in grado di rispondere al campo geomagnetico; la simbiosi con batteri magnetotattici (MTB) che rispondono al campo magnetico terrestre. È doveroso sottolineare che si tratta soltanto di ipotesi e non di certezze, proprio perché non sono stati ancora identificati i meccanismi nervosi che percepiscono le linee di campo magnetico. Ma che molti animali sono in grado di seguirlo, come indicato, è ormai ampiamente dimostrato.

Gli esperti sottolineano che alcune specie marine come tartarughe e salmoni, ad esempio, sfruttano una vera e propria mappa magnetica per orientarsi. Esperimenti con le tartarughe hanno mostrato che questi rettili sono spinti a nuotare in direzioni diverse se sottoposti a specifici campi magnetici manipolati. D'altro canto, pesci come gli squali hanno peculiari organi sensoriali posti sul “muso” chiamati ampolle di Lorenzini, che sono in grado di intercettare debolissime variazioni del campo elettrico. Li utilizzano per navigare, percepire i movimenti delle prede e orientarsi. Non è tuttavia chiaro se siano anche in grado di rilevare il campo magnetico terrestre.

Per quanto concerne l'ipotesi della magnetite (Fe3O4), questo composto è stato trovato nel corpo di diversi animali che sanno orientarsi con il campo magnetico, come pesci e uccelli. Nella trota, ad esempio, si trovano nel muso e, come spiegato dai ricercatori del Lohmann Lab, sembrano associati a un nervo “che risponde agli stimoli magnetici”. Ma non è chiaro come questi cristalli possano rispondere al campo magnetico e guidare la navigazione.  Per i criptocromi, invece, si ipotizza il coinvolgimento di peculiari reazioni biochimiche (ipotesi delle coppie di radicali) in grado di far percepire il campo magnetico. In parole molto semplici, gli animali – e in particolar modo gli uccelli – hanno negli occhi delle peculiari proteine sensibili alla luce blu; grazie ad esse sarebbero in grado di percepire il campo magnetico e a orientarsi, secondo un complesso sistema di reazioni che induce la formazione di coppie di radicali nei bastoncelli della retina. Esperimenti con pettirossi e altri uccelli migratori sembrano confermare questa ipotesi.

Secondo alcuni studiosi sarebbero coinvolti nella magnetoricezione anche depositi di ferro trovati nel becco di alcuni uccelli (come i piccioni viaggiatori), ma anche in questo caso non c'è alcuna prova a sostegno del meccanismo fisiologico, sebbene si ritiene siano collegati al cervello tramite il nervo trigemino.

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