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Come è fatto il gambero killer: colore, dimensioni e perché si chiama così

Il gambero della Louisiana o gambero killer è considerato tra le principali minacce alla biodiversità in Europa, essendo una specie aliena altamente invasiva, vorace e molto aggressiva. Il crostaceo ha invaso anche l’Italia. Da dove è arrivato, come riconoscerlo e perché può essere tossico.
A cura di Andrea Centini
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Un gambero killer. Credit: Andrea Centini
Un gambero killer. Credit: Andrea Centini

Tra le specie aliene e invasive che destano maggiore preoccupazione in Europa e in Italia vi è il gambero della Louisiana (Procambarus clarkii), un crostaceo appartenente alla famiglia dei Cambaridi (Cambaridae) conosciuto con l'inquietante nome di “gambero killer”. La ragione di questo appellativo non risiede nel fatto che è pericoloso per l'uomo, ma nella sua voracità e aggressività che rappresentano un enorme problema per gli equilibri ecologici e la biodiversità. In parole semplici, non è un killer di persone, ma di pesci, anfibi, insetti, altri crostacei e molti altri animali, dei quali si nutre fondamentalmente delle uova (pur non disdegnando larve, giovani e adulti a tiro delle sue chele).

Inoltre il gambero killer può arrecare gravi danni alla vegetazione, alle risaie – si nutre anche di piante e alghe – e agli argini di torrenti e fiumi, scavando buche profonde che esacerbano i problemi del dissesto idrogeologico. Se ciò non bastasse, è portatore sano della cosiddetta peste del gambero (causata dal fungo Aphanomyces astaci) e di altre malattie, che sono in grado di contagiare e fare strage delle specie autoctone che non ne sono immuni. Tra le principali vittime vi è il gambero di fiume europeo (Austropotamobius pallipes) sempre più raro e classificato come in pericolo di estinzione (codice EN) nella Lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN).

Gambero killer. Credit: Andrea Centini
Gambero killer. Credit: Andrea Centini

Come riconoscere il gambero killer

La specie è riconoscibile grazie all'accesa colorazione rosso-scura degli esemplari adulti (i giovani sono grigio-verdastri) e soprattutto grazie alla presenza di una caratteristica spina alla base delle chele, che sono generalmente allungate e sottili. Tale spina non è presente nei gamberi nostrani, come il già citato gambero di fiume europeo. Le chele sono ricche di piccole protuberanze rosso acceso, mentre ai lati del robusto carapace non ci sono spine che possono essere osservate in altri crostacei. Talvolta ci si imbatte in questi gamberi mentre attraversano la strada o sono intenti a “brucare” attorno agli argini dei corsi d'acqua; se infastiditi evidenziano tutta la loro aggressività, spalancando le chele in una classica posizione difensiva e per sembrare più grandi. Nonostante siano di dimensioni relativamente piccole, in media attorno alla dozzina di centimetri, non hanno timore ad affrontare organismi più grandi. Hanno sempre la peggio con gli aironi e gli ibis sacri, il cui numero sarebbe in crescita anche per la proliferazione di questi gamberi. Le garzette, dei piccoli ardeidi, quando li catturano rimuovono col becco chele e zampe prima di ingoiarli, per evitare letali tentativi di fuga.

Una garzetta si nutre di un gambero killer. Credit: Andrea Centini
Una garzetta si nutre di un gambero killer. Credit: Andrea Centini

Gambero killer in Italia: da dove è arrivato

Il gambero della Louisiana o gambero killer è originario del Nord America ed è diffuso principalmente negli Stati Uniti meridionali e nel Messico settentrionale, dove viene allevato da moltissimo tempo per la sua carne considerata prelibata. Il motivo per cui lo troviamo nel nostro Paese è proprio questo: negli anni '70 del secolo scorso si è provato ad allevarlo per venderlo come prodotto alimentare, ma come avvenuto per molte altre specie aliene è riuscito a scappare – a seguito di incidenti, abbandoni deliberati, interazione con la fauna autoctona – e ha lentamente colonizzato gli habitat acquatici, dapprima delle regioni centrali e successivamente nel resto d'Italia. Recentemente è stato avvistato in Lombardia nel Parco Valle del Lanza. Anche altri Paesi hanno avuto il medesimo problema e oggi il gambero killer si trova in larga parte d'Europa, Asia, Africa e altre aree del continente americano precedentemente precluse.

Gambero killer. Credit: Andrea Centini
Gambero killer. Credit: Andrea Centini

Perché è un gambero così invasivo

A supportare le capacità di colonizzazione vi sono una spiccata resistenza alla salinità e agli ambienti inquinati, che permette a questo crostaceo di invadere un gran numero di biomi acquatici e stabilirvisi. Pur essendo originari di laghi e fiumi a corso lento, sono numerose le segnalazioni di gamberi killer sia in acque salmastre che marine. Se ciò non bastasse, questi animali hanno un ciclo riproduttivo sensibilmente più efficiente del gambero nostrano – producendo un numero dieci volte superiore di uova nel corso di un anno – e può spostarsi agevolmente sulla terraferma, dove è in grado di attaccare persino i raccolti a ridosso dei corsi d'acqua. Non subisce nemmeno gli effetti del cambiamento climatico (essendo originario di luoghi caldi) e si avvantaggia dell'aumento delle temperature per espandere il suo areale di distribuzione. Nel giro di mezzo secolo è riuscito a invadere praticamente tutto lo Stivale. Ormai è un ospite fisso di laghi, corsi d'acqua, rogge, fossi, stagni e qualunque bacino idrico in cui non vi sia una corrente troppo forte.

Gambero killer. Credit: Andrea Centini
Gambero killer. Credit: Andrea Centini

Perché il gambero killer può essere tossico

Come specificato, il gambero killer è allevato in varie parti del mondo per le sue carni prelibate (e anche per produrne mangime), ma è doveroso sottolineare che è buono da mangiare solo quando vive in ambienti con acque pulite e controllate, come i bacini di acquacoltura. I gamberi della Lousiana che vivono in libertà possono accumulare quantità significative di tossine – compresi metalli pesanti, fertilizzanti, diossine – e dunque non essere più commestibili. La potenziale tossicità è uno dei motivi per cui la commercializzazione è fallita nel nostro Paese. Ciò nonostante, alcuni – violando la legge – li catturano in natura per consumarli, a loro rischio e pericolo.

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