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Come è davvero nata la Terra: nuovo studio mostra l’evento cosmico più probabile

La Terra non si è formata attraverso la collisione di condriti, come abbiamo creduto fino ad oggi. Un nuovo esperimento mostra l’evento più verosimile.
A cura di Andrea Centini
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A sinistra la Terra formata da condriti, a destra da planetesimi. Credit: ETH di Zurigo.
A sinistra la Terra formata da condriti, a destra da planetesimi. Credit: ETH di Zurigo.

La teoria più accreditata dagli scienziati sulla formazione della Terra si basa sulla collisione di asteroidi condritici (i più comuni, principalmente rocciosi), i quali, agli albori del Sistema solare, per attrazione gravitazionale si sarebbero scontrati gli uni contro gli altri fino ad aggregarsi in un gigantesco corpo unico: il nostro meraviglioso pianeta. Pur trattandosi dell'ipotesi maggiormente seguita dalla comunità scientifica, non è comunque scevra da alcuni "lati oscuri". In altri termini, non riesce a spiegare proprio tutto. Ora, grazie a un nuovo elegante modello computazionale, gli scienziati hanno sviluppato una nuova teoria sulla nascita della Terra che va a colmare le lacune lasciate dall'ipotesi principale. In parole semplici, il globo terracqueo non si sarebbe formato attraverso la collisione di semplici condriti, ma di planetesimi, che sono oggetti primordiali sufficientemente grandi e caldi da aver differenziato un nucleo metallico e un involucro roccioso.

A formulare la nuova teoria sulla nascita della Terra è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati svizzeri del Politecnico federale (ETH) di Zurigo e del National Center of Competence in Research PlanetS, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Istituto di Geofisica dell'Università “Ludwig-Maximilians” di Monaco (Germania), del Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente dell'Università Statale del Michigan (Stati Uniti), del Laboratorio Lagrange – Università di Nizza Sophia-Antipolis (Francia) e dell'Università Monash (Australia). Gli scienziati, coordinati dal professor Paolo A. Sossi, planetologo presso l'Istituto di Geochimica e Petrologia dell'ateneo svizzero, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver messo a punto un modello matematico in grado di simulare collisioni tra planetesimi del Sistema solare e prevedere la composizione chimica degli oggetti risultanti.

Come spiegato dal professor Sossi in un comunicato stampa, il problema principale con la teoria dell'impatto delle condriti – “blocchi relativamente piccoli e semplici di roccia e metallo che si sono formati all'inizio del sistema solare” – risiede nel fatto che “nessuna miscela di queste condriti può spiegare l'esatta composizione della Terra, che è molto più povera di elementi leggeri e volatili come idrogeno ed elio di quanto ci dovremmo aspettare”. Per spiegare questa carenza, gli scienziati hanno ipotizzato che le grandi quantità di calore sprigionate da questi impatti avrebbero fatto vaporizzare gli elementi leggeri, lasciando la Terra con la composizione che conosciamo. Ma anche questa spiegazione ha una (grande) falla, quando si va a misurare la composizione isotopica del pianeta. “Gli isotopi di un elemento chimico hanno tutti lo stesso numero di protoni, anche se diverso numero di neutroni. Gli isotopi con meno neutroni sono più leggeri e dovrebbero quindi essere in grado di sfuggire più facilmente. Se la teoria della vaporizzazione per riscaldamento fosse corretta, oggi sulla Terra troveremmo meno di questi isotopi leggeri che nelle condriti originali. Ma questo è esattamente ciò che le misurazioni degli isotopi non mostrano”, ha chiosato il professor Sossi.

E se a scontrarsi non fossero stati semplici asteroidi condritici, ma planetesimi già belli e formati? È proprio da questa idea che è stato messo a punto il modello matematico, in grado di prevedere le collisioni di questi oggetti in un giovane Sistema solare, perturbati dal passaggio di un piccolo Giove (si ritiene che il gigante gassoso abbia perturbato molto le orbite dei planetesimi durante l'evoluzione del nostro sistema). In parole semplici, i ricercatori hanno osservato le diverse collisioni prodotte dai planetesimi espulsi da Giove e hanno analizzato le composizioni degli oggetti risultanti: sembra incredibile, ma il risultato più probabile della simulazione era proprio quello di ottenere un pianeta con la composizione della Terra.

“Anche se lo sospettavamo, abbiamo comunque trovato questo risultato davvero notevole. Ora non solo abbiamo un meccanismo che spiega meglio la formazione della Terra, ma abbiamo anche un riferimento per spiegare la formazione degli altri pianeti rocciosi”, ha dichiarato il professor Sossi. “Il nostro studio mostra quanto sia importante considerare sia la dinamica che la chimica quando si cerca di comprendere la formazione planetaria. Spero che i nostri risultati portino a una più stretta collaborazione tra i ricercatori in questi due campi”, ha concluso lo scienziato. I dettagli della ricerca “Stochastic accretion of the Earth” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Astronomy.

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