Claudia Baccarini, la donna di 114 anni: perché alcune persone vivono così a lungo secondo uno studio
Ha 114 anni la persona più anziana di Italia: si chiama Claudia Baccarini, è di Faenza e lo scorso 13 ottobre ha raggiunto un nuovo record, diventando la nona persona più longeva al mondo. La prima è un uomo giapponese di 116 anni e mezzo. Intervistata da Repubblica, quando le è stato chiesto quale fosse il segreto per vivere così a lungo, la signora Claudia ha risposto che le cose davvero importanti della vita sono poche: "Prendersi cura della famiglia, pregare e non rinunciare a hobby e passioni".
Da tempo anche la scienza si pone la stessa domanda. Sebbene non esista una risposta definitiva e diversi esperti siano d'accordo sul fatto che anche la fortuna giochi un ruolo fondamentale, alcuni studi hanno provato a individuare gli ingredienti fondamentali per una vita almeno potenzialmente lunga. Tra quelli più recenti, uno studio italiano del 2021 ha rivelato il ruolo chiave dei meccanismi di riparazione del Dna.
Il ruolo del Dna nella longevità
Lo studio, condotto dall'Università di Bologna, ha sequenziato per la prima volta il genoma, ovvero l'insieme delle informazioni genetiche, di 81 semi-supercentenari italiani, con 105 o più anni, e supercentenari, di 110 anni o più. Secondo il report sui centenari di Istat, in Italia al primo gennaio 2024 c'erano 22.552 persone con 100 o più anni, più donne che uomini.
Il genoma di queste 81 persone è stato poi confrontato con il genoma di un gruppo di controllo, formato da 36 persone sane con età media di 68 anni, abbinate al primo gruppo in base alla provenienza geografica. Per avere un maggiore set di dati genetici su cui lavorare, i ricercatori hanno attinto anche a un altro studio precedente condotto su un gruppo di 333 italiani di età superiore ai 100 anni e 358 persone di circa 60 anni.
I risultati, pubblicati sulla rivista eLife, mostrano il ruolo fondamentale svolto dai meccanismi di riparazione del Dna. Nel corso degli anni infatti, questo può sviluppare delle mutazioni, che a lungo andare possono diventare dannose, per questo motivo il Dna contiene le istruzioni per correggere eventuali errori che si verificano nella struttura del Dna.
Il confronto – ha spiegato il primo autore dello studio, il professor Paolo Garagnani, del Dipartimento di Medicina Sperimentale, Diagnostica e Specialistica dell'Università di Bologna – è stato necessario perché l'invecchiamento è un fattore di rischio per molte malattie, che quindi in età meno avanzate tendono ancora a non essere presenti.
Individuati tre geni chiave nella riparazione del Dna
Da questo confronto è emerso che nel genoma dei supercentenari erano spesso presenti alcune varianti associate a due geni, che sembrerebbero influenzare l'espressione di tre geni. Nello specifico, queste varianti sono state collegate all'aumento dell'attività di un gene in alcuni tessuti, il STK17A. Si tratta – spiegano i ricercatori – di un gene che svolge un ruolo fondamentale per la salute delle cellule, guidando alcuni processi chiave anche contro il rischio di cancro, tra cui il coordinamento della risposta delle cellule agli eventuali danni nel Dna e la morte delle cellule danneggiate.
Queste risposte – ha concluso Claudio Franceschini, autore senior dello studio – provano come tra i segreti di una vita oltre i 100 anni, o comunque molto lunga, i meccanismi di riparazione del DNA e un basso carico di mutazioni in geni specifici svolgano un ruolo fondamentale nel proteggere i centenari e i supercentenari dalle malattie legate all'età.