Chikungunya, approvato il primo vaccino: malattia diffusa da crisi climatica, casi anche in Italia
Negli Stati Uniti è stato approvato il primo vaccino al mondo contro la Chikungunya, una malattia virale trasmessa dalla puntura di zanzare infette del genere Aedes, come la zanzara tigre (Aedes albopictus) e la zanzara della febbre gialla (Aedes aegypti), quest'ultima non presente nel nostro Paese. Fino a pochi anni fa la patologia era diffusa principalmente nelle aree tropicali e subtropicali dell'Africa, dell'Asia e in parte del continente americano, tuttavia a causa del cambiamento climatico ha espanso sensibilmente la propria diffusione, coinvolgendo anche le aree temperate. In Italia è stata rilevata diverse volte e tra i focolai più significativi si ricorda quello del 2017, con centinaia di casi – la maggior parte dei quali autoctoni – registrati nel Lazio e in Calabria. La malattia è considerata una “minaccia sanitaria globale emergente” dagli esperti e fino ad oggi per combatterla erano disponibili solo trattamenti di supporto, dato che non esistono terapie specifiche. Grazie al nuovo vaccino si spera in una riduzione significativa dei casi (5 milioni negli ultimi 15 anni a livello globale) e soprattutto dei casi gravi nelle popolazioni più a rischio.
Il vaccino contro la Chikungunya è stato approvato dalla Food And Drug Adiministration (FDA), l'agenzia federale deputata alla regolamentazione di farmaci, prodotti alimentari, terapie e dispositivi medici sperimentali negli Stati Uniti. Non si esclude che in futuro possa ottenere il via libera anche dall'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) e successivamente dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Il vaccino si chiama Ixchiq ed è prodotto dalla casa farmaceutica Valneva Austria GmbH. Al momento l'approvazione riguarda solo i maggiori di 18 anni che hanno un rischio di esposizione al virus, quindi principalmente è destinato alle popolazioni in cui la patologia è endemica e agli operatori sanitari. Il vaccino, come spiegato dalla FDA in un comunicato stampa, è monodose e si basa su una iniezione intramuscolare di un virus vivo e attenuato, che è progettato per stimolare anticorpi contro il patogeno responsabile della Chikungunya, un alphavirus appartenente alla famiglia Togaviridae. A causa della sua tecnologia il vaccino può innescare nei pazienti sintomi affini a quelli della malattia vera e propria, come dolori articolari e muscolari, febbre, mal di testa e nausea. Non a caso si è trattato degli effetti collaterali più segnalati (assieme al dolore nel sito dell'iniezione) nei trial clinici che hanno portato all'approvazione del vaccino Ixchiq. Nell'1,6 percento dei partecipanti sono emerse reazioni avverse severe e due persone sono state ricoverate in ospedale.
Ma perché è necessario un vaccino contro la Chikungunya? Il nome della malattia infettiva, come spiegato dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS), in lingua swahili significa “ciò che curva o contorce”, a causa degli intensissimi dolori articolari che può provocare, oltre agli altri sintomi sopracitati, rash cutanei e altre condizioni. In alcuni casi la malattia può cronicizzare e compromettere la qualità della vita per settimane, mesi o addirittura anni, sebbene nella maggior parte dei casi la sintomatologia rientri nel giro di giorni o settimane. L'infezione, inoltre, può essere particolarmente pericolosa per anziani e soggetti fragili, oltre a risultare potenzialmente letale per i bambini. Alla luce della sua continua espansione, disporre di un vaccino sicuro ed efficace come l'Ixchiq aiuterà moltissime persone a evitare le conseguenze peggiori della malattia. Poiché è noto che il virus, in caso di viremia, cioè presenza del patogeno nel sangue, può essere trasmesso dalle donne incinte al feto, i ricercatori non escludono che possano farlo anche le particelle virali del vaccino e determinare effetti avversi al piccolo. Le particelle virali sono state osservate nel sangue delle persone vaccinate entro e non oltre 14 giorni dalla somministrazione del farmaco.
“L'infezione da virus Chikungunya può portare a malattie gravi e problemi di salute prolungati, in particolare per gli anziani e gli individui con patologie preesistenti”, ha dichiarato il dottor Peter Marks, direttore del Centro per la valutazione e la ricerca biologica della FDA. “L’approvazione odierna risponde a un’esigenza medica insoddisfatta e rappresenta un importante progresso nella prevenzione di una malattia potenzialmente debilitante con opzioni terapeutiche limitate”, ha chiosato l'esperto. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il numero di persone che ogni anno viene infettato dal virus è ampiamente sottostimato.