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Chi beve caffè ha una caratteristica distintiva nel suo intestino

Analizzando i dati di decine di migliaia di persone provenienti da tutto il mondo i ricercatori hanno fatto una scoperta interessante su chi beve abitualmente caffè. Chi consuma la bevanda presenta infatti una caratteristica distintiva nell’intestino.
A cura di Andrea Centini
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Il caffè è una delle bevande più consumate al mondo e per molti è praticamente irrinunciabile, tanto da rappresentare un vero e proprio rito mattutino prima di iniziare una nuova giornata. Poiché ciò che mangiamo e beviamo influenza il nostro organismo, modificando ad esempio il microbiota intestinale, cioè l'insieme di batteri che popola l'intestino, i ricercatori hanno voluto indagare sulle caratteristiche della flora batterica nei consumatori di caffè, facendo una scoperta significativa. Chi lo beve, infatti, ha una presenza sensibilmente superiore di un particolare batterio, con concentrazioni fino a otto volte superiori per i bevitori abituali e grandi bevitori. È interessante notare che questo microorganismo non sembra influenzare positivamente o negativamente la salute, ma risulta molto suscettibile a questa sostanza, tanto che le colonie coltivate in vitro e alimentate con il caffè crescono più vigorosamente.

A determinare che i consumatori di caffè hanno una concentrazione superiore di uno specifico batterio intestinale è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati italiani del Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata – Cibio dell'Università di Trento, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di molteplici istituti. Fra quelli coinvolti l'Unità di Biologia Computazionale – Centro di Ricerca e Innovazione della Fondazione Edmund Mach; la Scuola di Salute Pubblica TH Chan dell'Università di Harvard; l'Istituto Europeo di Oncologia IRCSS di Milano; il Massachusetts General Hospital; il Dipartimento di Scienze della Nutrizione del King's College di Londra e altri ancora. I ricercatori, coordinati dal professor Paolo Manghi del Cibio, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato i dati del microbiota intestinale di quasi 23.000 persone residenti degli Stati Uniti e del Regno Unito, i cui dati sono stati successivamente integrati con quelli di altre 54.000 di 25 Paesi di tutto il mondo.

Dalle analisi della flora batterica è emerso che nei consumatori abituali e nei grandi bevitori di caffè era presente un concentrazione dalle sei alle otto volte superiore di uno specifico batterio, Lawsonibacter asaccharolyticus. Si tratta di un microorganismo gram-positivo e anaerobio obbligato, che si presenta con il classico aspetto a bastoncello, simile a quello di altri batteri intestinali (come il più celebre – o famigerato – Escherichia coli). È talmente “appassionato” di questa bevanda che le colonie crescono rigogliose se alimentate col caffè. “Coltivando questo batterio in vitro abbiamo visto che cresce più velocemente se si aggiunge caffè al terreno di coltura”, ha dichiarato il professor Manghi in un comunicato stampa dell'Università di Trento. Mettendo a confronto i dati delle oltre 200 coorti coinvolte nello studio, è emerso che la presenza di questo batterio è scarsa nei Paesi in cui si beve poco caffè, come la Cina, l'India e l'Argentina, mentre è copiosa in quelli dove la bevanda è più diffusa, come il Lussemburgo, la Danimarca e la Svezia.

Il batterio Lawsonibacter asaccharolyticus non sembra giocare nessun tipo di ruolo sulla salute delle persone; in altri termini, non offre benefici né presenta rischi di patogenicità. “Non sembra svolgere un ruolo particolarmente importante. Abbiamo visto che se beviamo caffè, stimoliamo molto fortemente la presenza e l'abbondanza di questo batterio, altrimenti no. Questo può essere importante per altri batteri e alimenti che hanno effetti sulla salute più importanti. Infatti, abbiamo dati su quali batteri intestinali hanno effetti potenzialmente benefici e ora ci concentreremo sulla comprensione di quali alimenti specifici ne stimolano la crescita”, ha dichiarato il coautore dello studio Nicola Segata. I dettagli della ricerca “Coffee consumption is associated with intestinal Lawsonibacter asaccharolyticus abundance and prevalence across multiple cohorts” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Nature Microbiology.

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