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Cervello piccolo, gobba e occhi spiritati: ecco come saremo tra 1000 anni a causa della tecnologia

La tecnologia influenza le nostre vite e in futuro potremmo evolvere tratti psicofisici da essa veicolati. Ecco come saremo nel 3000 secondo una ricerca.
A cura di Andrea Centini
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Mindy, un prototipo di essere umano del futuro. Credit: Toll Free Forwarding
Mindy, un prototipo di essere umano del futuro. Credit: Toll Free Forwarding

Secondo una ricerca commissionata da Toll Free Forwarding tra mille anni l'essere umano sarà gobbo, avrà mani come artigli, un collo basso e spesso, tre palpebre per occhio e anche un cervello più piccolo. Inoltre avrà dimensioni inferiori e probabilmente sarà anche meno “prestante” dal punto di vista intellettivo. L'Homo sapiens andrà incontro a una vera e propria trasformazione, condizionata e veicolata dall'onnipresente uso della tecnologia nelle nostre vite. Sebbene infatti possa apparire un concetto straniante, la selezione naturale e la conseguente evoluzione sono costantemente in atto anche nella nostra specie, che pur essendo quella dominante e purtroppo in grado di annichilire tutte le altre – oltre che l'intero pianeta Terra -, non è immune ai processi biologici che scandiscono da miliardi di anni il percorso evolutivo della vita.

Credit: Toll Free Forwarding
Credit: Toll Free Forwarding

La tecnologia è indubbiamente uno degli elementi più impattanti sulla nostra esistenza, perlomeno di quella delle popolazioni più ricche e industrializzate, avendo completamente stravolto non solo il modo di lavorare, ma anche quello di acquisire conoscenze e interfacciarcistringere relazioni con gli altri. Oggi in moltissimi casi tutto questo avviene attraverso lo schermo di un dispositivo elettronico, come un computer, uno smartphone o un tablet, la cui fruizione continua influenza anche la condizione psicofisica. Postura e gestualità ripetitive, ad esempio, sono soltanto due degli elementi condizionati dalla tecnologia che in un lontano futuro potrebbero rendere l'uomo diverso da come è oggi. Gli adattamenti vantaggiosi per la vita digitale che emergono casualmente, infatti, potrebbero "fissarsi" nelle popolazioni e dunque essere tramandati di generazione in generazione. Un parallelismo potrebbe essere fatto con il caso dell'etnia Bajau del Sudest asiatico, che vive a stretto contatto con l'acqua. Uno studio pubblicato su Cell ha dimostrato che la selezione naturale ha favorito in questa popolazione le varianti genetiche che permettono immersioni più lunghe. Le persone hanno infatti sviluppato una milza più grande rispetto alla media e presentano geni legati alla carenza di ossigeno. La tecnologia potrebbe veicolare altri adattamenti?

Analizzando numerosi studi dedicati all'impatto psicofisico della tecnologia quotidiana e consultando diversi esperti in materia, la società Toll Free Forwarding ha creato il prototipo di un essere umano dell'anno 3000 grazie alla collaborazione di un grafico 3D. Il suo aspetto – ma non solo – risulta profondamente influenzato dall'uso continuativo dei dispositivi elettronici di generazione in generazione, nell'arco di 1000 anni, appunto. Il risultato finale è “Mindy”, una ragazza virtuale che non corrisponde sicuramente ai canoni estetici di oggi.

Credit: Toll Free Forwarding
Credit: Toll Free Forwarding

Uno dei primi dettagli a risaltare è la gobba, dovuta alle posture costantemente errate che assumiamo per ore e ore ogni giorno, sia per guardare lo schermo del computer sul quale lavoriamo sia per consultare i social media sullo smartphone. “Trascorrere ore a guardare il telefono affatica il collo e sbilancia la colonna vertebrale. Di conseguenza, i muscoli del collo devono effettuare uno sforzo extra per sostenere la testa. Stare seduti davanti al computer in ufficio per ore e ore significa anche che il busto è spinto in avanti rispetto ai fianchi, piuttosto che essere dritto e allineato”, ha chiosato il dottor Caleb Backe di Maple Holistics, consultato da Toll Free Forwarding. Non c'è dunque da stupirsi che tra un migliaio di anni potremmo essere tutti un po' ingobbiti. Sempre che questo "adattamento" alla fruizione digitale emerga nel DNA, venga selezionato poiché evolutivamente vantaggioso e tramandato. Non possiamo di certo far ereditare ai nostri figli gli effetti di una postura sbagliata.

Credit: Toll Free Forwarding
Credit: Toll Free Forwarding

Più inquietante è la mano ad artiglio di Mindy, il cosiddetto “text claw”, legata al modo in cui si afferra e utilizza uno smartphone per digitare il testo. Il dottor Nikola Djordjevic di Med Alert Help spiega che si tratta di una condizione nota come “sindrome del tunnel cubitale” e che, assieme al gomito a 90°, può innescarsi proprio a causa dell'uso intensivo del telefonino. “Questa sindrome è causata dalla pressione o dall'allungamento del nervo ulnare che passa in un solco sul lato interno del gomito. Ciò provoca intorpidimento o una sensazione di formicolio nell'anulare e nel mignolo, dolore all'avambraccio e debolezza alle mani. Tenere il gomito piegato a lungo, il più delle volte, tenendo il telefono, può allungare il nervo dietro il gomito e esercitare pressione su di esso”, ha affermato il dottor Djordjevic. Per trasmettere un simile tratto vale ovviamente lo stesso discorso della gobba.

Credit: Toll Free Forwarding
Credit: Toll Free Forwarding

Mindy presenta anche il cosiddetto “collo tecnologico”, più corto e largo del normale. È innescato dal costante sguardo dall'alto verso il basso mentre si usa un computer o lo smartphone, che stanca e indolenzisce i muscoli del collo. Questi muscoli sono costretti a lavorare costantemente per mantenere alta la testa, come spiegato dal dottor K. Daniel Riew del New York-Presbyterian Orch Spine Hospital. Mindy ha anche un cranio più spesso del nostro, per proteggersi dalle radiazioni a radiofrequenza emesse dagli smartphone e dispositivi affini. La ricerca sulle onde elettromagnetiche è giunta a conclusioni contrastanti, ma è possibile che possano avere effetti significativi sulla salute. Il cranio più spesso potrebbe essere un tratto selezionato evolutivamente per preservare il cervello da simili radiazioni.

Proprio l'encefalo potrebbe diventare ben più piccolo del nostro, semplicemente perché le agiatezze e le conoscenze derivate dalla tecnologia non richiedono più che il cervello debba “funzionare” per la sopravvivenza e il lavoro mnemonico. Non a caso, in base a quanto riportato da un recente studio internazionale condotto dal Dartmouth College di Hannover, il cervello del genere Homo si è ridotto fino a circa 3mila anni fa. In futuro potrebbe continuare a ridursi anche grazie alla cosiddetta “intelligenza collettiva”, che può essere veicolata vivendo in comunità ma anche attraverso le informazioni che ci arrivano sullo smartphone. Il film Idiocracy del 2006 gioca proprio sul fatto che un essere umano di oggi potrebbe risultare molto più intelligente di uno del 2500, avendo quest'ultimo delegato tutto il lavoro intellettivo ai computer.

Uno dei tratti più inquietanti – e anche più improbabili – di Mindy è rappresentato dalle triple palpebre, con la terza che potrebbe svilupparsi in futuro per proteggerci dal mal di testa e dall'affaticamento degli occhi scaturiti dalla costante esposizione alla luce dei dispositivi elettronici. Questa sorta di membrana nittitante – come quella presente in molti animali – aiuterebbe a limitare la luce in entrata negli occhi. “Gli esseri umani possono sviluppare una palpebra interna più grande per prevenire l'esposizione a una luce eccessiva, oppure il cristallino dell'occhio può evolvere in modo tale da bloccare la luce blu in entrata ma non altre luci ad alta lunghezza d'onda come il verde, il giallo o il rosso”, ha dichiarato a Toll Free Forwarding il professor Kasun Ratnayake dell'Università di Toledo. Mille anni sembrerebbero comunque troppo pochi per far emergere e selezionare una simile caratteristica anatomica.

I tratti di Mindy sono naturalmente un'esasperazione, inoltre non possiamo sapere né come evolverà la tecnologia futura né se determinate caratteristiche – come la gobba o le mani da artiglio – saranno effettivamente vantaggiose dal punto di vista evolutivo, tanto da essere selezionate geneticamente dopo l'emersione casuale. Del resto non è certo lo sviluppo di un carattere fenotipico (una postura sbagliata) a poter guidare la selezione naturale; ciò era previsto dalla vecchia teoria del lamarckismo, soppiantata dal darwinismo. Gli adattamenti "digitali" dovrebbero dunque essere scritti nel DNA e venir trasmessi alle generazioni future in quanto vantaggiosi. Si può intuire che in futuro le persone con competenze tecnologiche possano avere più successo delle altre nel trasmettere i propri geni, ma le teorie sugli adattamenti vincenti sono solo speculazioni. Ciò che è certo è che non rinunceremo alla tecnologia e ai molteplici benefici che offre, al costo di farci "sostituire" in parte da essa, come suggerisce un recente e inquietante video sull'evoluzione umana realizzato con l'intelligenza artificiale.

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