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Cellule della pelle ringiovanite di 30 anni in laboratorio: possibile “elisir” anti invecchiamento

Grazie alla “riprogrammazione transitoria della fase di maturazione” un gruppo di ricerca è riuscito a ringiovanire di 30 anni le cellule della pelle.
A cura di Andrea Centini
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Attraverso la riprogrammazione cellulare gli scienziati sono riusciti a invertire l'invecchiamento delle cellule della pelle di circa 30 anni, un risultato straordinario che in futuro potrebbe sfociare in rivoluzionarie terapie anti aging e di medicina rigenerativa, oltre che in nuove scoperte nel campo della genetica. L'età delle cellule ringiovanite, verificata attraverso specifiche misurazioni molecolari, è stata dimostrata anche dall'analisi del comportamento in simulazioni di ferite cutanee; la loro reazione era infatti paragonabile a quella di cellule con tre decenni in meno “sulle spalle”. Si tratta di risultati di laboratorio assolutamente preliminari, ma il potenziale impatto clinico di una simile procedura potrebbe essere rivoluzionario.

A ringiovanire le cellule della pelle di 30 anni è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati britannici del Babraham Institute, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della società Chronomics Limited, dell'Istituto di Scienze “Gulbenkian” (Portogallo) e di Altos Labs. Gli scienziati, coordinati dal dottor Diljeet Gill, esperto del Programma di Epigenetica dell'istituto di Cambridge, hanno ottenuto questo incredibile risultato grazie a una nuova tecnica di riprogrammazione cellulare, che hanno chiamato “riprogrammazione transitoria della fase di maturazione” (MPTR). Per i loro esperimenti i ricercatori si sono concentrati su fibroblasti dermici ottenuti da donatori di circa cinquanta anni.

La riprogrammazione cellulare è balzata agli onori della cronaca internazionale nel 2007 grazie al lavoro dello scienziato giapponese Shinya Yamanaka, che per primo riuscì a trasformare cellule somatiche in cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), in parole semplici cellule adulte in cellule fetali, in grado di differenziarsi in qualunque altra cellula dell'organismo. Anche questo processo porta indietro l'orologio biologico, tuttavia durante la procedura le cellule somatiche perdono la loro identità di cellule mature. Con la tecnica MPTR le cellule vengono ringiovanite di 30 anni e contemporaneamente la loro funzione di cellula specializzata. Le cellule della pelle trattate restano infatti cellule epidermiche, soltanto più giovani ed efficienti. Il processo di riprogrammazione è molto più rapido di quello progettato da Yamanaka (13 giorni contro 50) e viene interrotto prima che avvenga la trasformazione in staminali.

Le cellule ringiovanite. Credit: Babraham Institute
Le cellule ringiovanite. Credit: Babraham Institute

Per confermare che le cellule trattate fossero diventate effettivamente più giovani gli scienziati hanno condotto una serie di misurazioni molecolari, tra le quali la valutazione dell'orologio epigenetico – un gruppo di segnalazioni chimiche che indica l'età della cellula -, dei livelli di metilazione dell'istone H3K9me3 e del trascrittoma, ovvero l'insieme degli RNA che vengono trascritti a partire dai geni. Possono apparire come concetti complessi, ma nell'insieme rappresentano efficacemente l'età di una cellula, che in questo caso, come indicato, è stata portata indietro di 30 anni. I fibroblasti ringiovaniti hanno dimostrato la loro nuova età anche attraverso esperimenti empirici; non solo producevano più proteine di collagene rispetto a quelli "coetanei" non sottoposti al trattamento, ma in una simulazione di ferita in una piastra da laboratorio si sono lanciati a richiuderla molto più velocemente. Proprio come avrebbero fatto le vere cellule giovani.

Questo risultato può avere implicazioni significative nella medicina rigenerativa, nel trattamento dei segni dell'età che avanza e nel contrasto alle malattie dovute all'invecchiamento, che rispecchia il graduale declino fisico dell'organismo. “I nostri risultati rappresentano un grande passo avanti nella nostra comprensione della riprogrammazione cellulare. Abbiamo dimostrato che le cellule possono essere ringiovanite senza perdere la loro funzione e che il ringiovanimento cerca di ripristinare alcune funzioni delle cellule vecchie. Il fatto che abbiamo visto anche un'inversione degli indicatori dell'invecchiamento nei geni associati a malattie è particolarmente promettente per il futuro di questo lavoro”, ha dichiarato in un comunicato stampa il dottor Gill. “Questo lavoro ha implicazioni molto interessanti. Alla fine, potremmo essere in grado di identificare i geni che ringiovaniscono senza riprogrammare e mirare specificamente a quelli per ridurre gli effetti dell'invecchiamento. Questo approccio promette preziose scoperte che potrebbero aprire un incredibile orizzonte terapeutico”, gli ha fatto eco il professor Wolf Reik. I dettagli della ricerca “Multi-omic rejuvenation of human cells by maturation phase transient reprogramming” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica eLife.

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