C’è un Paese che produce tutta la sua energia elettrica da fonti rinnovabili: ecco come ha fatto
Una questione centrale della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop28) è stata l’eliminazione graduale dei combustibili fossili: dopo una settimana di negoziati a Dubai, è stato approvato un accordo in cui si chiede ai Paesi di “transitare” verso fonti di energia rinnovabili, pur mancando ancora cronoprogrammi e impegni vincolanti su come realizzare tale transizione. Un esempio da seguire potrebbe essere quello dell’Uruguay che, nel giro di un decennio e mezzo, ha quasi del tutto eliminato i combustibili fossili dal suo sistema energetico, producendo fino al 98% della sua elettricità da fonti rinnovabili.
Nel caso del Paese sudamericano, la transizione è stata la risposta alla crisi energetica degli anni Duemila per la quale l’ex presidente Tabaré Vázquez decise di puntare su Ramón Méndez Galain, un fisico che avrebbe trasformato la rete energetica dell’Uruguay in una delle più pulite al mondo. “Ho lavorato all’estero per 14 anni e quando sono tornato c’era questa crisi energetica, ma l’unica soluzione che la gente dava per possibile era installare una centrale nucleare, e basta – ha ricordato Galain al Guardian – . Ero un fisico nucleare, quindi ho pensato di poter capire qualcosa su questo problema”.
Più Galain studiava la questione, più si convinceva che l’energia nucleare non era la giusta soluzione per l’Uruguay, sostenendo che la vera alternativa risiedesse nelle energie rinnovabili. Pubblicò così le sue scoperte in un articolo in cui esponeva la sua convinzione che il Paese dovesse puntare tutto sull’energia eolica. E poco dopo, ha ricevuto una telefonata che lo invitava a diventare Ministro dell’Energia dell’Uruguay e ad attuare il suo piano. “Immaginate la mia sorpresa – ha ammesso Galain – . È stato pazzesco. Ma ho fatto una cosa ancora più folle: ho accettato”.
Nel giro un decennio, sotto la guida di Galain, l’Uruguay ha installato circa 50 parchi eolici in tutto il Paese, decarbonizzando la sua rete elettrica e rafforzando la propria produzione idroelettrica. La sfida più grande, tuttavia, è stata cambiare la “narrazione” sulle energie rinnovabili che, in quegli anni, erano circondate da molti preconcetti, dice Galain: erano troppo costose, troppo intermittenti o avrebbero aumentato la disoccupazione. Smontare questi pregiudizi si è rivelato fondamentale per ottenere il consenso di tutti i livelli della società.
Galain ha spiegato che è stata necessaria “una forte narrazione nazionale” per sì che tutto funzionasse. “Ho detto alla gente che questa era l’opzione migliore, anche se non credevano al cambiamento climatico. Era l’opzione più economica e non era legata a folli fluttuazioni (dei prezzi del petrolio, ndr)”.
Una delle principali preoccupazioni era che con la transizione ecologica si sarebbero persi migliaia posti di lavoro nel settore energetico. Al contrario, sono stati creati circa 50.000 nuovi posti di lavoro – un numero decisamente elevato in un Paese con una popolazione di 3,4 milioni di abitanti. L’idea di una “transizione giusta”, in cui nessuno fosse lasciato indietro, è diventata centrale e ad alcuni lavoratori sono stati offerti posti in programmi di riqualificazione per adattarsi alla nuova normalità.
Attualmente, a seconda delle condizioni meteo, tra il 90% e il 95% dell’energia elettrica dell’Uruguay è ottenuta da fonti rinnovabili. In alcuni anni, tale percentuale è arrivata fino al 98%, con i surplus che a volte vengono venduti al Brasile. Nel frattempo, il Paese è passato alla sua seconda fase di transizione, convertendo gradualmente autobus e mezzi pubblici all’elettrico e incentivando i conducenti di taxi e auto a noleggio con autista a cambiare.