C’è un numero di passi al giorno che protegge il cuore (e non si tratta di 10mila)

Quando si parla del numero di passi per mantenersi in salute, spesso si tende a pensare a una media di almeno 10mila al giorno, un obiettivo che può non essere semplice da raggiungere, soprattutto per chi ha uno stile di vita sedentario o quando si hanno problemi fisici che possono rendere difficoltosa una camminata. È però anche vero la raccomandazione dei 10mila passi è una linea guida generale, che non tiene conto delle differenze individuali, come l’età, la condizione fisica o le esigenze specifiche di ciascun individuo: in particolare, nelle donne con più di 60 anni, possono essere sufficienti, in media, 3.600 passi al giorno per proteggere il cuore, come emerso da un recente studio osservazionale della Women’s Health Initiative (WHI), una delle più grandi indagini sulla salute femminile mai condotte.
L’analisi, pubblicata sulla rivista scientifica JAMA Cardiology, ha infatti evidenziato che, nelle donne sopra i 60 anni il raggiungimento di un traguardo quotidiano di circa 3.600 passi è associato a una riduzione del 26% del rischio di insufficienza cardiaca, una condizione che le donne in età avanzata tendono a sviluppare più frequentemente degli uomini, spesso come scompenso cardiaco con frazione di eiezione preservata. In questa situazione, il cuore non si rilassa normalmente dopo la contrazione, compromettendo la sua capacità di riempirsi di sangue, nonostante la frazione di eiezione (la quantità di sangue espulsa dal cuore ad ogni contrazione) rimanga normale.
Più in generale l’attività fisica ha mostrato di ridurre il rischio di insufficienza cardiaca, risultando in media associata a un calo rispettivamente del 12% e 16% della probabilità di sviluppare la condizione per ogni 70 minuti al giorno dedicati ad attività di intensità leggera e per ogni 30 minuti al giorno dedicati all’attività fisica di intensità da moderata a intensa. Al contrario, ogni ora e mezza di sedentarietà era associata a un rischio maggiore del 17% di sviluppare insufficienza cardiaca.
Quando 3.600 passi al giorno proteggono il cuore
Nelle donne che hanno superato i 60 anni può essere sufficiente una media di 3.600 passi al giorno a ritmo normale per ridurre il rischio di insufficienza cardiaca.
“Raggiungere questo obiettivo potrebbe essere un traguardo ragionevole” hanno precisato gli autori della ricerca, che hanno ha esaminato specificamente l’attività fisica e il tempo di sedentarietà di circa 6.000 donne di età compresa tra i 63 e 99 anni e che, per una settimana, hanno indossato un accelerometro: sulla base di questi dati, in un follow-up medio di circa 7,5 anni, gli studiosi hanno quindi tenuto in considerazione le eventuali diagnosi di insufficienza cardiaca.
“Maggiori quantità di attività quotidiane di intensità leggera e moderata, come le normali faccende domestiche oppure camminare a passo normale, salire le scale o fare lavori in giardino, sono state associate a un rischio inferiore di sviluppare insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata, indipendentemente dai fattori demografici e clinici associati al rischio di insufficienza cardiaca – ha precisato Michael J. LaMonte, professore di epidemiologia e salute ambientale presso la School of Public Health and Health Professions dell’Università di Buffalo e autore principale dello studio – . Tremila passi al giorno sono un obiettivo coerente con la quantità di attività quotidiana svolta dalle donne in questo studio”.
Dall’analisi è emerso che il rischio di insufficienza cardiaca si è ridotto significativamente a partire da circa 2.500 passi al giorno e che, nel complesso, circa 3.600 passi al giorno hanno determinato una riduzione del rischio del 25-30% di insufficienza cardiaca, inclusa l’insufficienza con frazione di eiezione preservata.
“I nostri risultati dimostrano che, dopo i 60 anni, la prevenzione dell’insufficienza cardiaca nelle donne potrebbe essere migliorata camminando per circa 3.000 passi al giorno al ritmo abituale – ha aggiunto LaMonte – . Si tratta di un dato molto interessante, che potrebbe essere integrato nelle future linee guida sulla salute pubblica”.