Caso di influenza aviaria H5N1 in una bambina di due anni, è il primo registrato in Australia
Un nuovo caso di infezione umana da virus dell’influenza aviaria, il primo registrato in Australia, è stato identificato a Melbourne, nello stato di Victoria, in una bambina di due anni al rientro da un viaggio in India: la bambina, senza patologie preesistenti, era stata insieme alla famiglia a Calcutta, dal 12 al 29 febbraio 2024, e aveva iniziato a non stare bene il 25 febbraio, manifestando sintomi come perdita dell’appetito, irritabilità e febbre. La sera del 28 febbraio era stata portata da un medico del posto, con febbre, tosse e vomito, e le era stato somministrato del paracetamolo.
Rientrata in Australia il 1° marzo, il giorno successivo era stata ricoverata in un ospedale di Victoria, e il 4 marzo trasferita nel reparto di terapia intensiva di un ospedale di riferimento a Melbourne, a causa del peggioramento dei sintomi. Qui, le analisi del tampone nasofaringeo e un aspirato endotracheale avevano dato esito positivo per l’influenza di tipo A, e i campioni erano stati inviati al Centro di collaborazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in Australia per un’ulteriore caratterizzazione, in quanto presso l’ospedale non era possibile collegare il caso al virus H5N1.
“La sequenza genetica del virus ottenuto dai campioni ha confermato il sottotipo A (H5N1) e indicato che il gene dell’ emoagglutinina (HA) apparteneva al clade 2.3.2.1a, che circola nel Sud-Est asiatico ed è stato rilevato in precedenti infezioni umane e nel pollame” ha precisato l’OMS nel report del caso.
Mancata segnalazione in aeroporto e ritardi nelle analisi
Nonostante la bambina non stesse bene, quando è arrivata in Australia, il 1° marzo, le sue condizioni non sono state riportate ad alcun ufficiale di biosicurezza aeroportuale, ha evidenziato l’Agenzia delle Nazioni Unite. “Ulteriori informazioni fornite dalla famiglia indicano che il caso non ha viaggiato al di fuori di Calcutta, in India, e non ha avuto alcun contatto noto con persone malate o animali mentre si trovava in India. Resta inteso che, al 22 maggio 2024, nessun familiare stretto del caso in Australia o in India ha sviluppato sintomi”.
Nonostante l’infezione sia precedente alle recenti infezioni registrate negli Stati Uniti e la morte di una persona in Messico, il caso della bambina è stato segnalato all’OMS solo nella seconda metà del mese di maggio, per i ritardi accumulati nelle analisi. Nel frattempo, la bambina era stata già dimessa dall’ospedale, dopo un ricovero di 2 settimane e mezzo, e le sue condizioni di salute sono attualmente “buone” ha indicato l’OMS.
I rischi della crescente diffusione del virus H5N1
Anche se, fortunatamente, la bambina adesso sta bene e nessun contatto stretto sembra aver contratto l’infezione – ad oggi non ci sono prove, né in Australia né in altre parti del mondo, di trasmissione dei virus influenzali di tipo A (H5N1) da uomo a uomo – quanto accaduto dovrebbe far riflettere sulle misure di sanità pubblica e di sorveglianza finora adottate nei confronti di questo patogeno, che continua a circolare indisturbato nei volatili, incluso il pollame, e sta facendo registrare sempre più frequentemente casi di infezione nei mammiferi, compresi i focolai negli allevamenti di bovini negli Stati Uniti.
Con la sempre più ampia diffusione del patogeno, aumenta infatti la probabilità che le “sporadiche infezioni registrate nell’uomo” – come attualmente considerate dalle autorità sanitarie – non siano più episodi occasionali perché, oltre al contatto diretto con animali infetti (che pone a maggior rischio di infezione le persone che per lavoro hanno esposizioni ravvicinate o prolungate con questi animali, incluso il bestiame), aumenta anche la contaminazione ambientale.
Del resto, anche nel caso della bambina, per la quale non è stato segnalato alcun contatto noto con animali infetti, la probabile fonte di esposizione potrebbe essere legata a una contaminazione ambientale, ad esempio dovuta ad escrementi di uccelli o di pollame, oppure al consumo di cibi crudi o poco cotti, come possono essere le uova provenienti da galline infette e il latte non pastorizzato.
Una maggiore diffusione virale aumenta inoltre il rischio che il patogeno accumuli la giusta combinazione di mutazioni adattative che possano permettergli di infettare più efficacemente gli umani, dunque di trasmettersi da persona a persona. Per tutti questi motivi, l’OMS ha sollecitato un’attenta analisi della situazione epidemiologica, un’ulteriore caratterizzazione dei più recenti virus dell’influenza A (H5N1) nelle popolazioni sia umane che animali e indagini sierologiche, fondamentali per valutare i rischi associati per la salute pubblica e adeguare tempestivamente le misure di gestione del rischio.
Al momento, l’Agenzia sconsiglia di implementare restrizioni ai viaggi o al commercio e non consiglia screening speciali per i viaggiatori che rientrano da Paesi con focolai di influenza aviaria, almeno fino a eventuali evidenze che facciano variare la valutazione del rischio, attualmente ritenuto basso per la popolazione generale, da parte dell’Agenzia.