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Cancro alla prostata ritenuto a basso rischio è in realtà aggressivo in 1 paziente su 12: lo studio

Un nuovo studio ha determinato che per 1 paziente su 12 con cancro alla prostata considerato a “basso rischio” (tipo GGG 1) si tratta in realtà di una malattia aggressiva e potenzialmente mortale. Per questo, secondo gli autori della ricerca, dovrebbe essere bocciata la proposta di considerare questa forma di cancro come un tumore “benigno”
A cura di Andrea Centini
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Come evidenzia una lettera di due oncologi pubblicata sul New York Times, recentemente alcuni esperti hanno proposto di far uscire il cancro alla prostata di grado più basso – ovvero il Gleason Grade Group (GGG) 1 o Gleason 6 – dalla definizione di cancro vera e propria e farlo rientrare in quello di tumore con caratteristiche "benigne", alla luce del basso o bassissimo rischio per la salute. “A nostra conoscenza, né Gleason 6 né DCIS (il carcinoma duttale in situ, un tipo di cancro al seno NDR) si diffondono ad altre parti del corpo a meno che non si sviluppino forme più aggressive di cancro o siano presenti contemporaneamente”, hanno spiegato i due medici sulle pagine del famosissimo quotidiano statunitense.

Poiché cancro e tumore benigno sono due cose diverse, con una definizione ben specifica, alcuni hanno appunto proposto di classificare queste due forme come non cancro, per via dei trattamenti e del devastante impatto psicologico che una diagnosi di questo tipo comporta nei pazienti. Un nuovo studio, tuttavia, ha determinato che 1 paziente su 12 con cancro alla prostata classificato con il grado GGG 1 non ha affatto una neoplasia a basso rischio, bensì un cancro aggressivo e potenzialmente pericoloso per la vita. Per questo motivo gli autori sottolineano che è doveroso mantenere la classificazione di cancro per i pazienti a rischio elevato, un dettaglio che potrebbe fare la differenza sull'adeguatezza del trattamento proposto e la riduzione del rischio di morte.

A determinare che non tutti i pazienti con cancro alla prostata di grado GGG 1 possono essere considerati affetti da una malattia “benigna” è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Brigham and Women's Hospital e Dana Farber Cancer Institute di Boston (Stati Uniti), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di diversi istituti. Fra quelli coinvolti il Dipartimento di Statistica dell'Università del Connecticut, il Martini-Klinik Prostate Cancer Center dell'Ospedale universitario di Amburgo-Eppendorf (Germania) e il Dipartimento di urologia dell'Ospedale universitario Koc (Turchia). I ricercatori, coordinati dal professor Anthony V. D'Amico del Dipartimento di Radio-Oncologia presso l'ospedale americano, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato a fondo i dati di oltre 10.200 pazienti tedeschi sottoposti a prostatectomia radicale in un ospedale di Amburgo; tutti avevano ricevuto una diagnosi di cancro alla prostata GGG 1 dopo la biopsia. Il Gleason Grade Group (GGG) 1 è stato introdotto recentemente dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e si basa su cinque gradi; in parole semplici, con un grado più basso il cancro è meno aggressivo (risulta ben differenziato dal normale tessuto della prostata).

Analizzando le cartelle cliniche dei pazienti, tuttavia, il professor D'Amico e colleghi hanno scoperto che i pazienti GGG 1 con due specifici fattori di rischio non hanno una malattia oncologica a basso rischio, bensì una a rischio elevato e potenzialmente mortale. Il primo dei due fattori individuati è rappresentato da livelli elevati di PSA o Antigene Prostatico Specifico, una proteina sintetizzata dalla prostata le cui concentrazioni nel sangue possono suggerire potenziali problemi con la ghiandola maschile; il secondo è la positività del 50 percento o più delle biopsie analizzate. Dall'analisi dei dati dei pazienti con cancro GGG 1 coinvolti nello studio, è emerso che circa il 6 percento aveva livelli di PSA di almeno 20 nanogrammi per millilitro o più, mentre il 12 – 14 percento aveva oltre la metà delle biopsie con un risultati positivi. Ciò significa che l'8 percento del totale (1 paziente su 12) con questi fattori e cancro GGG 1 aveva un rischio significativo di malattia aggressiva e potenzialmente mortale.

“Il nostro studio identifica due fattori di rischio che aiutano a determinare quali pazienti con GGG 1 sono a rischio più elevato di malattia aggressiva e morte. Per i pazienti con GGG 1 che sono a rischio più elevato, dovremmo continuare a chiamare la loro diagnosi cancro e dovremmo segnalarla al loro medico in modo che possano agire in base a queste informazioni. Per i pazienti con GGG 1 che non hanno nessuno di questi fattori di rischio, la possibilità di morire è molto più bassa. Ma per i medici che si prendono cura dei pazienti a rischio più elevato, il nostro messaggio è chiaro: chiamalo cancro e guarda più attentamente”, ha chiosato il professor D'Amico in un comunicato stampa.

Gli scienziati hanno evidenziato che ci sono alcuni limiti nello studio, come ad esempio il fatto che tutti i pazienti fossero seguiti dallo stesso ospedale e che i livelli di Antigene Prostatico Specifico non fossero disponibili prima che venisse diagnosticato il tumore maligno. Tuttavia i risultati sono statisticamente significativi e altre analisi hanno avvalorato il legame tra quella classificazione e rischio di malattia più severa. “Mantenere la classificazione di ‘cancro' per i pazienti con GGG 1 e PPB >50% (biopsie positive NDR) o PSA >20 ng/ml e prendere in considerazione una nuova biopsia per identificare una malattia di alto grado non campionata può ridurre al minimo il rischio di mortalità per questo sottogruppo”, hanno concluso gli scienziati. I dettagli della ricerca “Mortality Risk for Patients with Biopsy Gleason Grade Group 1 Prostate Cancer” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata European Urology Oncology.

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