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Cancro al seno resistente, mix di farmaci uccide le cellule tumorali in test grazie a nuovo bersaglio

I ricercatori hanno identificato un nuovo, potenziale bersaglio terapeutico contro una forma di cancro al seno resistente ai farmaci. Nei test di laboratorio condotti con un mix sperimentale di farmaci le cellule tumorali subiscono danni al DNA e vengono uccise.
A cura di Andrea Centini
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I ricercatori hanno identificato un possibile, nuovo bersaglio terapeutico contro il cancro al seno resistente ai farmaci, tra le malattie oncologiche più difficili da trattare e che spesso sfociano in un esito mortale. Questa scoperta potrebbe portare a innovative terapie in grado di ridurre il significativo numero di decessi che ogni anno si registra a causa della neoplasia. Il tumore alla mammella, in base ai più recenti dati dell'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), è infatti responsabile ogni anno della morte di circa 670.000 persone nel mondo (quarto più letale) e circa 13.000 in Italia (secondo più letale). Molto spesso i pazienti muoiono proprio perché il cancro non risponde più al trattamento farmacologico e si diffonde dal sito d'origine al resto del corpo attraverso le metastasi, il processo principalmente associato al decesso.

Con la scoperta di questo bersaglio terapeutico, una proteina chinasi, ci sono nuove speranze contro una specifica forma di carcinoma mammario, quello con recettori positivi agli estrogeni (ER+). Il cancro al seno viene classificato sulla base dei recettori presenti sulle cellule tumorali; può essere positivo ai recettori ormonali (estrogeni e progesterone) o alla proteina HER2, il recettore per il fattore di crescita epiteliale. La maggior parte dei decessi per cancro al seno (fino all'80 percento) si verifica proprio in pazienti che esprimono il recettore alfa degli estrogeni. Queste neoplasie spesso rispondono alla terapia farmacologica nella fase iniziale, ma successivamente possono diventare resistenti ai farmaci, evolvere in malattia metastastica e sfociare in prognosi infausta. Il trattamento di base contro questa forma di cancro al seno “combina terapie endocrine con inibitori CDK4/6”, spiegano gli autori della scoperta in un comunicato stampa; ma come indicato, può innescarsi la resistenza rendendo inefficaci i trattamenti. Proprio per questo gli scienziati sono costantemente a caccia di nuovi punti deboli da colpire sulle cellule tumorali.

A identificare il nuovo, possibile bersaglio terapeutico contro il cancro al seno che esprime recettori positivi agli estrogeni è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi del Baylor College of Medicine di Houston, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Scuola di Medicina dell'Università di Washington, della Mayo Clinic, di Repare Therapeutics e altri istituti. I ricercatori, coordinati dal professor Charles Foulds, si sono concentrati sulle chinasi poiché questi enzimi presentano un'espressione “tipicamente alterata” nel cancro. Sono enzimi coinvolti in molteplici processi cellulari fondamentali, come divisione, metabolismo, morte cellulare programmata, crescita e molti altri ancora. In precedenza gli studiosi avevano sviluppato un sistema chiamato KIPA in grado di rilevare velocemente le chinasi; grazie ad esso hanno identificato quelle legate a tumori la cui crescita era dipendente o indipendente dall'ormone estradiolo, una differenza significativa in termini di approccio terapeutico e per la resistenza alla terapia endocrina.

Incrociando tutti i dati è stato scoperto che la chinasi tirosina/treonina associata alla membrana o PKMYT1 era il miglior candidato come bersaglio terapeutico contro il cancro al seno con recettori positivi agli estrogeni. È stato rilevato che i pazienti con livelli elevati di mRNA PKMYT1 mostrano resistenza sia alla terapia endocrina che all'inibizione di CDK4/6. “Questi risultati suggeriscono che un livello elevato di PKMYT1 potrebbe essere un indicatore della risposta al trattamento nei tumori al seno ER+. Poiché questa chinasi è coinvolta nella regolazione della divisione cellulare, abbiamo deciso di studiare l’effetto che un inibitore PKMYT1 in fase di sviluppo clinico avrebbe sulla crescita del cancro”, ha dichiarato il coautore dello studio Anran Chen.

Utilizzando un inibitore PKMYT1 chiamato lunresertib o RP-6306 in combinazione con la gemcitabina (un farmaco chemioterapico), i ricercatori hanno osservato che viene indotto danno al DNA e morte nelle cellule tumorali e in organoidi coltivati in laboratorio. Il trattamento sperimentale potrebbe dunque diventare una nuova terapia, ma serviranno ulteriori studi per determinare se questa chinasi possa essere un effettivo bersaglio efficace, utile per combattere la forma di cancro al seno con recettori positivi agli estrogeni. Per passare dalla fase preclinica alla clinica (test sull'uomo) potrebbero volerci molti anni, inoltre non è detto che i risultati ottenuti in laboratorio possano sfociare in progressi concreti contro la malattia. I dettagli della ricerca “PKMYT1 is a Marker of Treatment Response and a Therapeutic Target for CDK4/6 Inhibitor-Resistance in ER+ Breast Cancer” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Molecular Cancer Therapeutics.

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