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Campi Flegrei

Campi Flegrei, Mario Tozzi a Fanpage.it: “Sbagliato costruirci ospedali e favorire flussi abitativi”

L’incremento dell’attività sismica ai Campi Flegrei sta preoccupando la popolazione locale. Il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi spiega a Fanpage.it le principali criticità dell’area, quali sono i rischi e cosa andrebbe fatto per ridurli.
Intervista a Mario Tozzi
Geologo del CNR, divulgatore scientifico e conduttore televisivo RAI del programma Sapiens in onda su RAI 3
A cura di Andrea Centini
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A sinistra Mario Tozzi (credit CNR), a destra i Campi Flegrei
A sinistra Mario Tozzi (credit CNR), a destra i Campi Flegrei
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Nelle ultime settimane l'attività sismica ai Campi Flegrei – il supervulcano a Ovest di Napoli – si è intensificata dal punto di vista della frequenza e della violenza delle scosse, con la più forte di magnitudo 4.2 verificatasi alle 03:35 di mercoledì 27 settembre. Per rendersi conto della situazione, basti sapere che è stata la più intensa registrata nella zona negli ultimi 40 anni. I terremoti sono intimamente connessi al fenomeno del bradisismo e al momento gli esperti non ravvisano segnali di pericolo per eventuali e imminenti eruzioni vulcaniche, tuttavia la preoccupazione è tanta anche per i rischi di eventi sismici più potenti, in grado di arrecare danni agli edifici e alle infrastrutture. Nel frattempo infiamma anche il dibattito pubblico sull'opportunità di evacuare la popolazione, sulla stabilità dell'abitato e sulla necessità di riscrivere i piani di emergenza. Per saperne di più sulla situazione Fanpage.it ha contattato il dottor Mario Tozzi, geologo del CNR, divulgatore scientifico e noto conduttore RAI del programma Sapiens in onda su RAI 3. Ecco cosa ci ha raccontato.

Dottor Tozzi, ai Campi Flegrei la situazione è dinamica e da qualche tempo si registrano scosse più intense e ravvicinate nel tempo. Naturalmente la gente del posto è preoccupata per ciò che potrebbe accadere, soprattutto dopo la scossa di magnitudo 4.2 del 27 settembre. Cosa può dirci al riguardo?

La preoccupazione non dovrebbe essere per la scossa dell'altro giorno. È vero che è stata più violenta delle altre, ma diciamo che ancora non fa presagire niente. La preoccupazione è per lo stato di cose in cui si trovano i Campi Flegrei. Come se noi fossimo seduti su un arsenale nucleare e invece di tenerlo sotto controllo e riguardarlo, sopra ci costruiamo un ospedale, un ippodromo, una base militare, una città da 80.000 abitanti. Qualsiasi cosa succede lì è un problema. Non c'è bisogno che ci sia una eruzione catastrofica. Che per altro c'è stata 15.000 anni fa, è stata una delle più devastanti di tutto il Mediterraneo, più violenta di quella di Santorini e più forte di quelle del Vesuvio e dell'Etna. E ha cambiato il paesaggio di quella regione. Un evento di quel genere sarebbe disastroso per tutta l'Italia. Però lo sapremmo prima. La possibilità di previsione in questo caso c'è. Però il problema lì è tutti i giorni. Quelle 400-500.000 persone che sono esposte al rischio dovrebbero conoscere bene di cosa si tratta, sapere che sono sul supervulcano italiano. I Campi Flegrei sono il nostro supervulcano. Che è molto pericoloso, molto più del Vesuvio. Sono trenta crateri, mica uno. Ci sono trenta bocche vulcaniche. Il vulcano più recente è nato nel XVI secolo, il Monte Nuovo è un vulcano che è nato lì, sta in mezzo alla campagna. La solfatara ci dà segni continui, ma noi facciamo finta di niente. Questo è il problema dei Campi Flegrei. Non tanto il fatto che ci possa essere un bradisismo come questo, che sta portando a sollevare il suolo in maniera sensibile. Quel suolo si è sempre sollevato e abbassato, dal tempo dei Romani, anche da prima. Però il discrimine lì lo farà se questi movimenti sotterranei sono dovuti ai fluidi sopra la camera magmatica, che quando crescono sollevano il suolo e quando diminuiscono lo abbassano, oppure se è la spinta del magma. Se è la spinta del magma è un'eruzione. Se sono i fluidi è qualcosa di più controllabile. Fino ad adesso sono stati i fluidi.

La dottoressa Francesca Bianco, Direttrice del Dipartimento Vulcani dell'INGV, ci ha spiegato che per adesso tutti i segnali geofisici e altri parametri sono nel trend di ciò che è stato visto negli ultimi anni. L'unica cosa ad essere cambiata è la velocità del sollevamento.

E questo è un altro di quei segni che va considerato. I segni sono terremoti, rigonfiamento del suolo, cambiamento di composizione e temperatura delle fumarole. Sono quelli che si tengono in considerazione.

Lei pensa che la situazione attuale possa avere un cambiamento repentino, che possa sfociare in un rischio di eruzione? 

Questo non lo possiamo sapere. Non potrei dire nulla. Questi parametri vanno monitorati ora per ora, giorno per giorno. Sono quelli che ci diranno quale sarà l'evoluzione. Nessuno ha la sfera di cristallo per dire se adesso evolverà in un modo o in un altro. Però nel caso di un'eruzione pesante, l'evoluzione sarà così marcata che ce se ne renderà conto qualche tempo prima. Si potrà provvedere a esodare la zona. Nessuno può dire "adesso prenderà una china invece che un'altra". I parametri potrebbero variare tutti in positivo e dunque si gonfierà parecchio, con altri terremoti, oppure no e diminuirà  tutto di colpo. Questa è la dinamica della camera magmatica, del vulcano. Non è prevedibile in questo senso. Poi può essere l'eventuale parossismo che può portare a uno sviluppo eruttivo. Questo si può mettere più facilmente in conto.

A tal proposito c'è una polemica in corso sulle evacuazioni. L'ex direttore dell'Osservatorio Vesuviano Roberto De Natale ha mandato una PEC al prefetto chiedendo che almeno l'area tra Pisciarelli e Solfatara debba essere evacuata per consentire ai tecnici di fare analisi antisismiche sugli edifici. Cosa ne pensa? La farebbe questa evacuazione? C'è dibattito su questa misura

Guardi, io De Natale lo conosco personalmente da tanti anni ed è una persona assennata. Detto questo, chi è che conosce lo stato del patrimonio edilizio dei Campi Flegrei per dire se è in grado di resistere a terremoti di magnitudo superiore a 4? Io non lo so. È molto probabile che non lo sia.

Dunque cosa pensa dello stato dell'abitato?

Diciamo che normalmente è precario. In più c'è stata una serie di abusi di ogni tipo e natura assolutamente fuori controllo. Sono quelli più preoccupanti.

Comunque nel caso di un'eruzione importante, fortissima, non c'è piano antisismico che tenga

Se c'è un'eruzione molto forte il vulcano ci permette di muoverci un po' prima. Perché si vedrebbero tutti questi parametri precipitare o alzarsi in maniera quasi incontrollata. Lì il problema è questo: abbiamo fatto abbastanza esercitazioni? Le persone sanno che non devono prendere l'auto privata? Non si devono portare appresso le masserizie, ma solo l'essenziale, e sono destinate ad andare con mezzi pubblici in certi posti e non in altri? Tutto questo è chiaro per tutti? È stato fatto? Come al Vesuvio. Chi abita a Pozzuoli dovrà trovarsi in certi punti di riunione dove ci saranno dei pullman che li porteranno in una certa destinazione precisa. In quel caso non si parla di evacuazione, ma di esodo. Mica ritorni se è veramente così forte. Se stiamo pensando allo scenario peggiore è esodo. Se pensi a qualcosa come il bradisismo degli anni '80, allora in quel caso c'è un'evacuazione e dopo ritorni. Come accadde in quel caso. Lo scenario peggiore non è auspicabile e non è ipotizzabile in questo momento, ma va sempre tenuto in conto.

Proprio per la crisi bradisismica all'inizio degli anni '80 furono evacuate 20.000 persone dal centro di Pozzuoli. La dottoressa Bianco ci ha detto che al momento, anche se i dati cambieranno, siamo sui 15 mm / mese come velocità di sollevamento. All'epoca c'erano invece 18 centimetri al mese, un fenomeno decisamente più intenso di quello attuale. In base ai dati che abbiamo adesso non possiamo prevedere se possa evolvere nello stesso modo?

Non lo possiamo dire. C'è un trend in crescita, ma è da valutare

Cosa può insegnarci secondo lei questa situazione? Sembra di capire che non siamo pronti ad affrontarla

Non siamo pronti né culturalmente né fisicamente. È come su una nave. Quando ci sali, la prima cosa che fanno è l'esercitazione anti naufragio. Perché quando c'è il momento del pericolo, devi fare una cosa in automatico, non ti puoi mettere a ragionare. La stessa cosa si dovrebbe fare qui. Sai che se arriva una certa allerta tu dovrai andare con la tua valigetta in un certo posto. E lo devi saper fare. Se non ti eserciti c'è il rischio che tu non sappia farlo quando sarà il momento. E questo sarà il vero problema. Non aver fatto abbastanza preparazione culturale. Dopo di che c'è il tessuto urbanistico che è caotico, senza ordine e in parte anche abusivo. Ha creato il rischio o addirittura lo incrementa. Case e strutture che non reggono. Se si va in una crisi di quel genere si va al collasso della regione. Uno dovrebbe in realtà prepararsi al peggio, sperando che questo non accada. Sarebbe stato meglio non costruire degli ospedali lì dentro. Non incrementare i flussi abitativi. Facciamo in modo che ci siano meno persone esposte al rischio. E invece è diventata una delle zone in cui vanno più volentieri anche i napoletani, perché è una zona bellissima, magari costa anche un po' meno, hai il mare migliore. Ma questo non doveva essere incoraggiato. Quei comuni lì non avrebbero dovuto ricevere nuovi abitanti. La zona doveva essere difesa con un parco. Di tutti e ventinove i crateri dei Campi Flegrei, solo la Solfatara e gli Astroni si riconoscono come vulcani. Sugli altri ci abbiamo fatto di tutto. Abbiamo costruito dovunque. Serre di garofani, ospedali, ippodromo di Agnano. C'è di tutto lì dentro. Tutte cose che sarebbe stato meglio evitare.

Quindi lei metterebbe subito mano al piano di evacuazione e organizzerebbe esercitazioni. Fare subito cose concrete

Bisogna farle. Dovrebbero fare continuamente un'opera di informazione. Seminari, incontri pubblici, incontri agli osservatori, inviti al personale dell'Istituto di Geofisica e Vulcanologia a tenere regolari seminari sullo stato del posto. Quindi far crescere tutti culturalmente, perché se si conosce il rischio è meglio. Poi almeno con le strutture pubbliche controllare che siano antisismiche in senso stretto. Perché lì il problema è della sismicità. Se erutta il vulcano puoi aver costruito bene quanto ti pare, ma non cambia. Fino a che il problema è sismico cambia eccome. Le costruzioni reggono. E poi fare con una certa regolarità, una volta all'anno, un'esercitazione che permetta alle persone di confrontarsi col momento del rischio. Che devo fare? Ce l'ho pronta una valigetta con tutto quanto? Riesco ad andare nel posto? Lei immagini se arrivasse davvero un allarme; chi dei 400-500.000 abitanti farà quello che deve fare? Prenderanno tutti la vettura privata. Ci metteranno sopra il trumon, la credenza. È sicuro. Quello non si potrà fare. Devi andar via leggero. Nessuno è abituato a questo. Il discorso vale pure per il Vesuvio, per la verità. Solo che lì almeno non hanno costruito fin dentro al cratere. Qui hanno costruito dentro, proprio dentro in senso stretto. Hanno ignorato o dimenticato che quello è un vulcano.

In effetti l'ultima eruzione è stata 500 anni fa, nel 1538

Dal punto di vista geologico 500 anni non sono niente

Quindi in generale diciamo che è una situazione delicata che non è gestita benissimo

Nessuno dice che domani succederà qualcosa, però è bene essere preparati

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