Bronchioliti in bambini e neonati, quali sono i sintomi e come si cura l’infezione respiratoria
Influenza, Covid ma, soprattutto, infezioni da virus respiratorio sinciziale (RSV) che possono causare bronchioliti e polmoniti nei bambini: sono questi i principali problemi di salute per i quali si sta registrando un aumento di accessi e ricoveri negli ospedali pediatrici in Italia, dove i casi di infezioni respiratorie hanno fatto segnare un nuovo picco nell’ultima settimana, soprattutto sotto i cinque anni di età. Spesso si tratta di bambini al primo anno di vita con sintomi come naso che cola, febbre, tosse e difficoltà respiratorie, e nei casi più gravi, con infezioni del tratto respiratorio inferiore, che colpiscono quindi i polmoni e possono causare malattie gravi.
I dati indicano che la maggior parte degli accessi di bambini al pronto soccorso è per virus respiratorio sinciziale (RSV), un patogeno altamente contagioso che, in Italia, si stima sia responsabile ogni anno di oltre 15.000 ricoveri in età pediatrica. Generalmente, questi eventi sono concentrati nel periodo epidemico, ovvero tra novembre e marzo, ma quest’anno si è verificato un picco nel mese di dicembre “presumibilmente per le temperature, rimaste piuttosto alte” come spiegato a Fanpage.it dal dottor Sebastian Cristaldi, responsabile del Pronto soccorso dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Cos’è la bronchiolite da virus respiratorio sinciziale (RSV)
La bronchiolite è un’infezione delle vie respiratorie inferiori causata generalmente da virus, principalmente da virus respiratorio sinciziale, ma può essere provocata anche da altri agenti patogeni, come i virus del raffreddore comune (rinovirus), i virus dell’influenza, gli adenovirus, i virus parainfluenzali e i metapneumovirus (hMPV). Si tratta di un’infezione che coinvolge la parte finale dei bronchi, i cosiddetti bronchioli terminali, provocandone l’infiammazione e, di conseguenza, un restringimento, con ostruzione del flusso d’aria da e verso i polmoni.
La bronchiolite colpisce tipicamente i bambini sotto i cinque anni, in quanto il virus respiratorio sinciziale è una causa molto comune di infezione dell’apparato respiratorio in questa fascia di età. La maggior parte delle infezioni si verifica nel primo anno di vita (più frequentemente nei lattanti con meno di sei mesi), ed è per questo che vengono anche chiamate bronchioliti dei neonati.
I sintomi della bronchiolite in bambini e neonati
Spesso, la bronchiolite è conseguenza di una prima infezione del tratto respiratorio superiore, caratterizzata da sintomi molto simili a quelli di un raffreddore comune, come naso che cola, starnuti, febbre leggera e talvolta tosse.
Tuttavia, quando l’infezione raggiunge l’apparato respiratorio inferiore, l’infiammazione dei bronchioli innesca un processo infiammatorio che determina un aumento della produzione di muco, tosse insistente, ostruzione delle vie aeree e comparsa di difficoltà respiratorie più o meno marcate. “Circa la metà dei bambini alla prima infezione sviluppa anche respiro sibilante – precisano i Manuali MSD – . Nei lattanti di meno di 6 mesi, il primo sintomo può essere la breve interruzione della respirazione (apnea)”.
I sintomi della bronchiolite possono quindi includere:
- naso che cola (rinorrea)
- febbre
- tosse
- difficoltà respiratorie
- respiro sibilante
Se l’infezione è grave, la bronchiolite può causare distress respiratorio, una grave condizione medica che si manifesta con respiro rapido e affannoso (tachipnea) e compromette la capacità di assimilare ossigeno all’aria inspirata. Nei casi molto gravi, il bambino può diventare cianotico intorno alla bocca, proprio a causa della mancanza di ossigeno.
Come si cura la bronchiolite
Nella maggior parte dei casi, la bronchiolite si risolve spontaneamente in pochi giorni (3-5 giorni), grazie a semplici attenzioni, anche se il respiro sibilante e la tosse possono perdurare dalle due alle quattro settimane. Gli specialisti raccomandano di “tenere libero il naso tramite adeguati lavaggi e aspirazioni e assicurarsi che il piccolo si alimenti e si idrati per bocca normalmente”.
Tuttavia, in presenza di aumento delle difficoltà respiratorie, colorito bluastro della pelle, stanchezza e disidratazione, il bambino deve essere portato in ospedale. In questi casi, il trattamento può comprendere la somministrazione di liquidi per via endovenosa e di ossigeno, generalmente attraverso un sondino nasale (cannula).
“Possono inoltre essere tentati farmaci per via inalatoria che liberano le vie respiratorie (broncodilatatori), sebbene la loro efficacia nel trattamento della bronchiolite è dubbia – osservano gli specialisti – . Tuttavia, i corticosteroidi (per sopprimere l’infiammazione) possono essere utili in alcuni bambini”. Non viene più utilizzato il farmaco antivirale ribavirina (somministrato mediante nebulizzatore), tranne che per i bambini con un sistema immunitario estremamente debole e un’infezione grave. Gli antibiotici non servono a meno che il bambino abbia un’infezione batterica.
Come si previene la bronchiolite
Come per tutte le infezioni respiratorie, alcune semplici norme igieniche possono ridurre il rischio di entrare in contatto con gli agenti virali e quindi di scongiurare bronchioliti e altre malattie causate da questo tipo di patogeni. Queste regole includono il frequente lavaggio delle mani, sia del bambino sia di chi lo accudisce, ed evitare il contatto dei bambini più piccoli con altri bambini o adulti affetti da infezioni delle vie aeree.
Per quanto riguarda invece la prevenzione, si sta facendo attendere l’approvazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) di Beyfotus (nirsevimab), l’anticorpo monoclonale sviluppato congiuntamente da Astrazeneca e Sanofi per la protezione di neonati e bambini da bronchioliti e polmoniti causate da virus respiratorio sinciziale e del vaccino anti-RSV Abrysvo prodotto da Pfizer, indicato sia per la protezione dei bambini (attraverso immunizzazione della madre) sia dopo i 60 anni.
Entrambi da tempo approvati dall’Agenzia europea dei medicinali (EMA), questi due prodotti non hanno ancora ricevuto il via libera dell’AIFA non per dubbi relativi alla loro sicurezza o efficacia, ma perché l’Agenzia italiana sta negoziando il loro costo con le aziende produttrici al fine di renderli rimborsabili da parte del Servizio Sanitario Nazionale.