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Boom di influenza aviaria nei gatti, il 67% muore: rischio trasmissione all’uomo, vanno tenuti a casa

A partire dal 2023 c’è stato un “drastico aumento” di infezioni da virus dell’influenza aviaria H5N1 nei gatti domestici, per i quali ha una mortalità elevatissima: 67%. Secondo gli esperti il boom di casi è legato alla predazione di uccelli e altri animali infetti. Come proteggere i piccoli felini e ridurre il rischio di trasmissione all’uomo.
A cura di Andrea Centini
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A partire dal 2023 il numero di infezioni di influenza aviaria nei gatti è cresciuto in modo significativo a livello globale, parallelamente alla diffusione del virus A(H5N1) ad alta patogenicità (HPAI) in un numero sempre maggiore di specie, sia di uccelli che di mammiferi. A partire dal 2020, infatti, il patogeno che in precedenza era fondamentalmente confinato nei volatili acquatici, ha iniziato a dar vita a una vera e propria pandemia negli animali, colpendo specie che non erano mai state infettate prima. Spaventoso l'impatto sugli uccelli selvatici e di interesse commerciale, con centinaia di milioni di esemplari uccisi e intere colonie – anche rigidamente protette – spazzate via dal virus.

Ad oggi sono circa trenta le specie di mammiferi coinvolte, tra le quali anche i bovini da latte, sino ad oggi considerati “resistenti” da parte degli scienziati, come affermato a Fanpage.it dalla virologa Ilaria Capua. Il virus sta sicuramente cambiando e una circolazione così significativa – anche tra gli animali domestici – non fa che aumentare le probabilità di trasmissione e adattamento all'uomo. Al momento il rischio di essere contagiati da un gatto è considerato basso dalle autorità sanitarie, tuttavia l'incremento significativo delle infezioni tra i felini domestici è un campanello d'allarme da non sottovalutare, in un contesto generale di ampia diffusione.

A condurre il nuovo studio sono stati i due scienziati statunitensi Kristen K. Coleman e Ian G. Bemis, ricercatori presso la Scuola di Salute Pubblica e il Dipartimento di Medicina dell'Università del Maryland. Gli studiosi hanno analizzato la diffusione delle infezioni di influenza aviaria nei felini negli ultimi venti anni, dal 2004 al 2024, osservando un “drastico aumento delle segnalazioni a partire dal 2023” in quelli domestici. La stessa impennata non è stata osservata nei felini presenti negli zoo e in quelli selvatici.

Secondo i ricercatori ciò avrebbe a che fare con l'attività predatoria dei nostri amici a quattro zampe, che amano catturare topi e uccelli quando vengono lasciati liberi. Questo comportamento, oltre ad arrecare danni ecologici enormi – il gatto domestico è stato creato dall'uomo e non esiste in natura – pone i piccoli felini innanzi al notevole rischio di contrarre l'influenza aviaria attraverso i fluidi corporei delle prede che cacciano. Il virus A(H5N1) è stato infatti trovato sia nei roditori che in una moltitudine di specie di uccelli, con quelli migratori in grado di diffondere il patogeno anche a enormi distanze, in specie locali e stanziali dall'altra parte del mondo. Piccoli passeriformi compresi.

Ciò rappresenta un problema innanzitutto per i gatti. Il virus dell'influenza aviaria ha infatti una mortalità del 67 percento nei felini domestici, dunque è assolutamente letale. "È un buon motivo per i proprietari di animali domestici per tenere i propri gatti dentro casa e lontano dagli uccelli selvatici", spiegano gli scienziati dell'Università del Maryland. Basti sapere che decine di gatti sono già morti in Polonia per l'aviaria, come evidenziato da uno studio pubblicato nel 2023. Molti dei felini infettati che sopravvivono all'infezione, inoltre, restano ciechi.

Dunque, cosa fare per prevenire i rischi? “Non dare da mangiare al tuo gatto carne cruda o latte crudo e limita il tempo trascorso all'aperto senza supervisione”, afferma la professoressa Coleman in un comunicato stampa dell'Università del Maryland. “I gatti predano uccelli selvatici che potrebbero essere infetti e potrebbero consumare latte crudo di una fattoria se non viene conservato in modo sicuro”, ha chiosato l'esperta. Il riferimento è proprio alle recenti infezioni riscontrate in decine di allevamenti di bovini da latte negli Stati Uniti. Come riportato nello studio “Highly Pathogenic Avian Influenza A(H5N1) Clade 2.3.4.4b Virus Infection in Domestic Dairy Cattle and Cats, United States, 2024” diversi gatti che si sono nutriti di latte vaccino crudo e infetto da questi allevamenti hanno contratto l'influenza aviaria e sono morti. Ricordiamo che al momento non ci sono segnalazioni di allevamenti di bovini infettati al di fuori degli USA.

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I rischi per l'uomo

Sono già noti casi di gatti che hanno trasmesso il virus H5N1 ad altri gatti e non si esclude il rischio che i felini domestici possano trasmetterlo anche alle persone che vivono con loro e ai veterinari. Per questo è fondamentale prestare attenzione a eventuali sintomi respiratori e neurologici. I gatti contagiati dal latte vaccino mostravano secrezione di liquido da occhi e naso, comportamento apatico, perdita di coordinazione e cecità. “Gli animali malati possono essere in grado di trasmettere il virus dell’influenza alle persone attraverso la saliva, gli escrementi e altri fluidi corporei. Le infezioni umane possono verificarsi quando il virus viene inalato o penetra negli occhi, nel naso o nella bocca di una persona. Ciò può accadere quando il virus è nell’aria (in goccioline o polvere) e una persona lo inala, o quando una persona tocca qualcosa che contiene il virus e poi si tocca la bocca, gli occhi o il naso”, hanno spiegato i CDC.

Al momento l'ente statunitense ritiene improbabile che avvenga la trasmissione del virus da un gatto domestico all'uomo, ma se c'è “un'esposizione prolungata e non protetta” allora è possibile che ciò possa verificarsi. Il problema principale risiede nel fatto che l'enorme circolazione del virus dell'influenza aviaria catalizza la sua evoluzione e la capacità di adattamento, come dimostra il contagio dei bovini da latte che si ritenevano protetti. Il dottor Robert Redfield, virologo ed ex direttore dei CDC, spiega che servirebbero cinque mutazioni negli amminoacidi del patogeno per renderlo facilmente trasmissibile nell'uomo e dunque pandemico.

Ad oggi sono state circa 900 in tutto le persone infettate dall'influenza aviaria, con una mortalità del 50 percento. La pandemia di aviaria, secondo il dottor Redfield, non è questione di se, ma di quando. Per allora ritiene che avrà una mortalità compresa tra il 25 e il 50 percento, dunque sarà decisamente più mortale di quella di COVID-19 (che si attestava all'1,7 percento in assenza di vaccini). In Europa ci si sta preparando alla potenziale diffusione del virus e sono già state ordinate centinaia di migliaia di dosi di vaccino. I dettagli della nuova ricerca "Avian Influenza Virus Infections in Felines: A Systematic Review of Two Decades of Literature" sono stati pubblicati su MedrXiv e sono in attesa di revisione paritaria.

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