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Attenzione a questo gesto, non è solo da maleducati ma aumenta il rischio di Alzheimer

Lo ha scoperto un nuovo studio condotto da un team di ricerca australiano che ha studiato le conseguenze di infezioni che possono derivare da gesti come il mettersi le dita nel naso.
A cura di Valeria Aiello
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L’Alzheimer è una forma di demenza molto temuta perché uccide progressivamente le cellule nervose, soprattutto nelle aree del cervello che regolano i processi di apprendimento e della memoria. Le cause di tale neurodegenerazione non sono ancora state chiarite ma una nuova ricerca ha messo in luce come tra i principali fattori di rischio, oltre l’età e le predisposizione genetica, ci siano anche alcune infezioni cerebrali che possono scatenare patologie molto simili all’Alzheimer. Recentemente, il DNA di una specie batterica, chiamata Chlamydia pneumoniae, è stato individuato nell’80% dei pazienti con Alzheimer, suggerendo che questo patogeno tipicamente respiratorio e conosciuto come principale causa di polmonite, possa essere associato ad infezioni cerebrali e alla formazione delle cosiddette placche amiloidi caratteristiche della malattia.

Mettersi le dita nel naso può aumentare il rischio di Alzheimer

Gesti come il mettersi le dita nel naso possono danneggiare la cavità nasale, aumentando la probabilità che questi batteri viaggino attraverso i nervi olfattivi verso il cervello, invadendo il sistema nervoso centrale. Questa tesi è stata dimostrata in uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports da un team di ricerca dell’Università di Griffith a Southport, in Australia, che in modelli murini ha osservato come l’infezione da Chlamydia pneumoniae dei nervi olfattivi costituisca un percorso di invasione del cervello, dove in risposta alla stessa infezione è stata rilevata la formazione degli aggregati betamiloidi che sono un segno rivelatore di Alzheimer. “L’abbiamo visto accadere in modelli murini, e le prove sono potenzialmente spaventose anche per gli esseri umani” ha affermato il professor James St John, responsabile del Clem Jones Center for Neurobiology and Stem Cell Research dell’Università di Griffith e coautore dello studio – . Siamo i primi a dimostrare che Chlamydia pneumoniae può scatenare patologie che assomigliano al morbo di Alzheimer”.

Nel naso, spiegano gli studiosi, il nervo olfattivo è direttamente esposto all’aria e “offre un breve percorso al cervello, bypassando la barriera ematoencefalica, che virus e batteri hanno individuato come facile accesso per il cervello”. L’infezione da Chlamydia pneumoniae, in particolare, ha mostrato che il batterio si diffonde dal naso ai nervi olfattivi e al cervello in 72 ore nei topi, provocando una disregolazione dei percorsi chiave coinvolti nella patogenesi della malattia di Alzheimer.

Nonostante il meccanismo sia stato osservato in questo modello animale – i ricercatori stanno già pianificando la prossima fase della ricerca per dimostrare che lo stesso percorso esiste negli esseri umani– gesti come il mettersi le dita nel naso o strappare i peli del naso possono determinare lesioni dell’epitelio nasale, provocando un maggiore rischio di infezione dei nervi olfattivi.

Dobbiamo fare questo studio sugli esseri umani e confermare se questo percorso verso il cervello è analogo a quello osservato nei topi – ha aggiunto il professor St John –  . È una ricerca che è stata proposta da molti team, ma che non è ancora stata completata. Quello che sappiamo, tuttavia, è che questi stessi batteri sono presenti nel cervello di molti pazienti, anche se non abbiamo capito come ci arrivino”.

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