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Arresto cardiaco, nuova tecnica di defibrillazione raddoppia la sopravvivenza: come funziona la DSED

In alcune persone in arresto cardiaco per fibrillazione ventricolare (un’aritmia maligna) la procedura di rianimazione col defibrillatore non è efficace. Una nuova tecnica chiamata “doppia defibrillazione esterna sequenziale” o DSED ha dimostrato di raddoppiare il tasso di sopravvivenza in uno studio. Ecco in che modo funziona.
A cura di Andrea Centini
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Una nuova tecnica di defibrillazione può salvare la vita ai pazienti in arresto cardiaco che non rispondono al trattamento standard di rianimazione. Si tratta della “doppia defibrillazione esterna sequenziale” o DSED, una procedura sperimentale che è stata appena introdotta ufficialmente nel sistema di emergenza medica della Nuova Zelanda. Se fino a non molto tempo fa l'efficacia della DSED era stata determinata solo da un piccolo numero di studi osservazionali, che com'è noto non evidenziano alcun rapporto di causa-effetto, una nuova e approfondita indagine condotta in Canada – di tipo randomizzato in cluster con crossover tra sei servizi paramedici distinti – ne ha effettivamente dimostrato l'impatto positio. La sopravvivenza può essere infatti più che raddoppiata nei pazienti che non rispondono alla tecnica di rianimazione standard col defibrillatore.

Come spiegato in un articolo su The Conversation dalle tre dottoresse Vinuli Withanarachchie, Bridget Dicker e Sarah Maessen, la prima dell'Università Massey e le altre due dell'Università della Tecnologia di Auckland, circa il 20 percento dei pazienti in arresto cardiaco colpiti da fibrillazione ventricolare o "tachicardia ventricolare senza polso" non risponde alla defibrillazione standard. La procedura si basa sul fornire al cuore forti scosse elettriche – veri e propri shock – che “resettano” l'attività elettrica anomala alla base dell'arresto cardiaco e ripristinano gli impulsi regolari. Come indicato, questo metodo non è efficace contro la fibrillazione ventricolare refrattaria, un'aritmia cardiaca maligna che sfocia nell'arresto cardiaco. È proprio qui che entra in gioco la DSED, in grado di ripristinare il battito cardiaco laddove prima non si riusciva.

Le tre esperte di medicina di emergenza spiegano che, nella defibrillazione standard, un elettrodo viene posizionato sul lato destro del torace (poco al di sotto della clavicola) e uno sotto l'ascella sinistra, attraverso i quali vengono rilasciate le scariche elettriche ogni due minuti. Nel caso della DSED gli shock elettrici – rapidi e in sequenza – vengono forniti al cuore da due defibrillatori, che vengono posizionati “uno sulla parte anteriore e laterale del torace, l'altro sulla parte anteriore e posteriore”. Le linee guida indicano che la DSED è raccomandata quando il paziente non risponde a due shock con la defibrillazione standard.

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La sua efficacia, come indicato, è stata dimostrata in uno studio condotto in Canada da scienziati della Divisione di Medicina d'Urgenza dell'Università di Toronto, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti: Sunnybrook Centre for Prehospital Medicine, Divisione di Cardiologia – Unity Health Toronto, Dipartimento di Medicina dell'Università dell'Ontario Occidentale e altri ancora. Nell'indagine sono stati coinvolti 405 pazienti, prima che la ricerca venisse interrotta a causa della pandemia di COVID-19. Fra essi in 136 sono stati assegnati a ricevere la defibrillazione standard, in 144 a ricevere la defibrillazione con cambio vettoriale o VC (nella quale avviene un cambio di posizione degli elettrodi) e in 125 la DSED. Dall'analisi statistica dei dati è emerso che i pazienti trattati con DSED hanno avuto un tasso di sopravvivenza sensibilmente superiore rispetto a quelli trattati con la procedura standard. Nello specifico, il 30,4 percento contro il 13,3 percento. Ciò significa che oltre il doppio delle persone è sopravvissuto all'arresto cardiaco ed è stato dimesso dall'ospedale.

Ulteriori indagini serviranno per confermare i dati della ricerca, ma i benefici risultano evidenti e per questo, lo scorso anno, un comitato internazionale di esperti sulle procedure di rianimazione ha consigliato di impiegare “con cautela” la DSED sugli individui che non rispondono alle procedure standard. In Italia, spiega l'Osservatorio delle Malattie Rare, ogni anno circa 50.000 persone perdono la vita a causa della morte cardiaca improvvisa (MCI), fra le quali 1.000 giovani sotto i 35 anni. L'introduzione della DSED potrebbe potenzialmente ridurre questi numeri drammatici anche nel nostro Paese. I dettagli della ricerca “Defibrillation Strategies for Refractory Ventricular Fibrillation” sono stati pubblicati sul The New England Journal of Medicine, ritenuta la più autorevole rivista di Medicina al mondo.

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