Approvati due farmaci che abbattono la mortalità per Covid: come funzionano Anakinra e Sotrovimab
Due nuovi farmaci sono stati approvati dal Comitato per i medicinali umani (CHMP) dell'EMA per il trattamento della COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2. Il primo è l'anticorpo monoclonale Sotrovimab (nome commerciale Xevudy), il secondo è l'immunosoppressore Anakinra (nome commerciale Kineret), già autorizzato nell'Unione Europea per il trattamento di diverse patologie reumatiche/infiammatorie e in sperimentazione anche contro cancro, patologie genetiche e altre infezioni. A settembre di quest'anno l'Anakinra è stato approvato dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e reso rimborsabile dal Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Ma come funzionano esattamente i due trattamenti anti Covid?
L'anticorpo monoclonale Sotrovimab
Il Sotrovimab, come indicato, è un anticorpo monoclonale, ovvero un immunoglobulina semi-sintetica ingegnerizzata in laboratorio, derivata da veri anticorpi neutralizzanti estratti dal plasma di pazienti guariti/convalescenti. È stato sviluppato in collaborazione tra la casa farmaceutica GlaxoSmithKline Trading Services Limited e la società di biotecnologie Vir Biotechnology. Si tratta del terzo anticorpo monoclonale approvato dall'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) per combattere la COVID-19, dopo il Regkirona e il Ronapreve. Il trattamento non è tuttavia pensato per qualunque paziente infettato dal SARS-CoV-2. Come specificato dall'autorità sanitaria europea, infatti, il trattamento è limitato a pazienti dai 12 anni in su e con un peso minimo di 40 chilogrammi “che non richiedono ossigeno supplementare e che sono a maggior rischio che la malattia diventi grave”. Dunque positivi nella fase iniziale della patologia predisposti alla COVID-19 grave, come anziani e soggetti fragili affetti da fattori di rischio come obesità, diabete, patologie cardiovascolari e altre comorbilità. L'efficacia del farmaco è stata determinata dai risultati di uno studio che ha coinvolto oltre mille partecipanti, nei quali il Sotrovimab ha abbattuto significativamente il rischio di ricovero in ospedale e decesso per l'infezione. “Dopo il trattamento con Xevudy, l'1 percento dei pazienti (6 su 528) è stato ricoverato per più di 24 ore entro 29 giorni di trattamento rispetto al 6 percento dei pazienti trattati con placebo (30 su 529), 2 dei quali sono deceduti”, si legge nel comunicato stampa dell'EMA. L'anticorpo monoclonale è stato ben tollerato, al netto di un limitato numero di reazioni allergiche legate alla procedura di infusione. Una delle caratteristiche più interessanti della terapia risiede nel fatto che studi preliminari ne evidenziano la potenziale efficacia contro la nuova variante super mutata Omicron, come evidenziato dalla ricerca “The dual function monoclonal antibodies VIR-7831 and VIR-7832 demonstrate potent in vitro and in vivo activity against SARS-CoV-2” pubblicata su MedrXiv.
L'immunosoppressore Anakinra
Per quanto concerne l'Anakinra, il Comitato per i medicinali umani (CHMP) dell'EMA ha deciso di estenderne l'utilizzo nei pazienti adulti con COVID-19 in specifiche condizioni cliniche: devono aver sviluppato una polmonite – la forma bilaterale interstiziale è una delle complicazioni più diffuse dell'infezione –; hanno necessità di ossigeno supplementare “a flusso basso o alto” e sono rischio di sviluppare una grave insufficienza respiratoria “come determinato da livelli ematici di una proteina chiamata suPAR (recettore attivatore del plasminogeno dell'urochinasi solubile) di almeno 6 ng per m”, specifica l'EMA. Il farmaco è già utilizzato per il trattamento di varie condizioni infiammatorie e si ritiene possa essere efficace anche nel prevenire le complicazioni respiratorie più severe della COVID-19. Nello studio “Early treatment of COVID-19 with anakinra guided by soluble urokinase plasminogen receptor plasma levels: a double-blind, randomized controlled phase 3 trial” pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature è stato dimostrato che il farmaco può abbattere la mortalità fino all'80 percento. L'EMA ha dato l'ok dopo aver analizzato i risultati di un'indagine che ha coinvolto oltre 600 pazienti con polmonite da COVID-19 moderata o grave e con livelli di suPAR di almeno 6 ng per ml. "Questi pazienti hanno ricevuto Kineret o placebo (un trattamento fittizio) per iniezione sottocutanea in aggiunta alle cure standard. Lo standard di cura per la maggior parte dei pazienti includeva ossigeno a flusso basso o alto e il farmaco corticosteroide desametasone, e alcuni ricevevano anche remdesivir", specifica l'EMA. "Lo studio ha mostrato maggiori miglioramenti dei sintomi clinici nei pazienti trattati con Kineret più standard di cura rispetto a quelli che hanno ricevuto il placebo più lo standard di cura. Kineret ha ridotto il rischio di peggioramento delle condizioni di un paziente verso la malattia più grave o la morte durante il periodo di studio di 28 giorni rispetto al placebo. Il beneficio del trattamento di Kineret rispetto al placebo è stato supportato da un aumento del numero di pazienti che si sono completamente ripresi e da una riduzione del numero di pazienti le cui condizioni sono peggiorate fino a grave insufficienza respiratoria o morte”. Il CHMP invierà un rapporto alla Commissione europea che prenderà la decisione finale su entrambi i trattamenti.