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Sostanze “nascoste” nell’inchiostro per tatuaggi: studio USA preoccupa gli esperti

Ricercatori dell’Università Binghamton di New York hanno rilevato sostanze “nascoste” – cioè non riportate in etichetta – in 45 dei 54 inchiostri per tatuaggi analizzati e venduti negli USA. Tra quelle rilevate glicole polietilenico (PEG), 2-fenossietanolo e persino un antibiotico per infezioni urinarie.
A cura di Andrea Centini
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Una ricerca condotta negli Stati Uniti ha fatto una scoperta inquietante sugli inchiostri utilizzati per i tatuaggi. La stragrande maggioranza di quelli analizzati, infatti, conteneva “notevoli discrepanze” tra le sostanze riportate sull'etichetta e quelle poi effettivamente identificate all'interno delle confezioni. Tra i composti nascosti rilevati anche allergeni e persino un antibiotico. Poiché i tatuaggi possono provocare reazioni allergiche anche anni dopo la procedura, non sapere esattamente quali sostanze possono averle scatenate è chiaramente un problema da non sottovalutare. Senza dimenticare che alcune delle sostanze individuate possono rappresentare un potenziale rischio per la salute. Ad esempio il 2-fenossietanolo, uno dei composti individuati, secondo gli autori dello studio è una sostanza che “pone potenziali rischi per la salute dei lattanti”.

È doveroso sottolineare che stiamo parlando di inchiostri venduti negli Stati Uniti e non in Europa, dove vige una regolamentazione decisamente più severa per questi prodotti. È chiaro però che in molti sono soliti farsi un tatuaggio durante una vacanza all'estero, quindi essere consapevoli di questa anomalia negli inchiostri è un'informazione preziosa anche per i viaggiatori. Negli USA solo alla fine del 2022 è stato approvato il Modernization of Cosmetics Regulatory Act (MoCRA), grazie al quale la Federal Food and Drug Administration (FDA) ha potuto per la prima volta introdurre una regolamentazione. Fino ad allora gli inchiostri per tatuaggi erano considerati semplici cosmetici, pertanto non erano soggetti a determinate verifiche sull'etichettatura. Poiché si tratta di un processo ancora in corso di valutazione, gli autori del nuovo studio ritengono che i risultati della loro ricerca possa influenzare positivamente le nuove linee guida della FDA.

A condurre l'indagine è stato un team di ricerca del Dipartimento di Chimica dell'Università Binghamton di New York, guidato dal professor John R. Swierk e dalla dottoranda Kelli Moseman, autrice principale dello studio. Gli scienziati hanno analizzato oltre 50 tipi di inchiostro per tatuaggi di nove marche differenti, sia quelli di grandi aziende internazionali che di piccoli produttori locali. Si sono concentrati su sei specifici colori per ciascun produttore, valutando sia i pigmenti in sé che la soluzione di sospensione. Attraverso approfonditi esami di laboratorio quali spettroscopia di fluorescenza ai raggi X (XRF), spettroscopia di Risonanza Magnetica Nucleare (NMR), spettroscopia Raman e spettrometria di massa, hanno determinato che ben 45 dei 54 inchiostri analizzati contenevano sostanze non elencate nell'etichetta. Si tratta dell'83 percento dei casi. Solo un marchio aveva un'etichetta pienamente aderente tra i composti indicati e quelli effettivamente presenti.

Tra le sostanze "extra" figuravano altri pigmenti e additivi, alcuni dei quali allergeni potenzialmente pericolosi per i soggetti sensibili. Basti sapere che la metà degli inchiostri conteneva glicole polietilenico (PEG) non segnalato, un composto considerato generalmente sicuro (a bassa tossicità) e utilizzato come eccipiente in numerosi farmaci, ma che in rari casi può provocare reazioni allergiche immediate anche mortali, come evidenziato da un articolo citato dal Centro Regionale Farmaco Vigilanza della Sardegna. Tali eventi sarebbero in aumento negli ultimi 20 anni. Altri 15 contenevano glicole propilenico, un altro potenziale allergene utilizzato anch'esso in farmaceutica, cosmetica e altre applicazioni. Curiosa la presenza in alcuni inchiostri di un antibiotico utilizzato per combattere infezioni delle vie urinarie e il già citato 2-fenossietanolo. In alcuni casi sull'etichetta venivano anche riportate sostanze che poi effettivamente non erano presenti nella confezione, come nel caso del glicerolo (citato da 36 etichette ma rilevato in 29). Poiché la sensibilità di alcune tecniche si è fermata a rilevare 2.000 parti per milione (ppm) delle sostanze, i ricercatori sospettano che con indagini più approfondite possano emergere altri composti con concentrazioni più basse. Basti sapere che la regolamentazione europea arriva a monitorare fino a 2 ppm.

Gli autori dello studio sottolineano che è impossibile sapere se questi composti non indicati siano stati inseriti deliberatamente negli inchiostri, se il produttore abbia ricevuto singoli “ingredienti” contaminati, se ci siano stati errori con l'etichettatura o altro. Ciò che è certo è che nella stragrande maggioranza degli inchiostri studiati ci sono sostanze extra che non dovrebbero esserci, per garantire la massima sicurezza dei clienti. “Speriamo che i produttori colgano questo studio come un'opportunità per rivalutare i loro processi e che artisti e clienti lo colgano come un'opportunità per spingere per una migliore etichettatura e produzione”, ha dichiarato il professor Swierk in un comunicato stampa. “Il nostro obiettivo in molte di queste ricerche è dare potere agli artisti e ai loro clienti. I tatuatori sono professionisti seri che hanno dedicato la propria vita a questo mestiere e desiderano i migliori risultati possibili per i loro clienti. Stiamo cercando di evidenziare che ci sono alcune carenze nella produzione e nell'etichettatura”, ha chiosato l'esperto. I dettagli della ricerca “What’s in My Ink: An Analysis of Commercial Tattoo Ink on the US Market” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Analytical Chemistry.

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