Ansia, depressione e insonnia nei giovani aumentano sensibilmente il rischio di ictus e infarto
Secondo un nuovo studio chi soffre di insonnia, ansia e depressione ha un rischio sensibilmente superiore di sviluppare un ictus o un infarto del miocardio, due patologie cerebro-cardiovascolari potenzialmente fatali. Non è la prima volta che i disturbi di salute mentale vengono associati a gravi patologie fisiche, tuttavia la nuova ricerca ha evidenziato un'associazione statistica particolarmente forte, facendo emergere ancor di più l'importanza di tutelare il proprio benessere psichico, anche con l'aiuto di un professionista, qualora fosse necessario. Com'è noto la pandemia di COVID-19 ha provocato un'erosione della salute mentale a livello globale, rendendo questi risultati particolarmente preoccupanti.
A determinare che l'ansia, la depressione, l'insonnia e altre condizioni mentali catalizzano il rischio di infarto e ictus è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati sudcoreani del Dipartimento di Medicina Interna dell'Ospedale Universitario Nazionale di Seoul, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Sezione di Statistica e scienze attuariali dell'Università Soongsil e del Liverpool Center for Cardiovascular Science presso l'Università di Liverpool (Regno Unito). Gli scienziati, coordinati dal professor Eue Keun Choi, medico e docente presso la Divisione di Cardiologia del nosocomio universitario, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato statisticamente i dati delle cartelle cliniche di pazienti inclusi nel database sanitario nazionale della Corea del Sud.
Il professor Keun Choi e colleghi si sono concentrati su una specifica coorte, composta da pazienti giovani – con età compresa tra i 20 e i 39 anni – che si erano sottoposti a visite mediche tra il 2009 e il 2012. Complessivamente sono stati coinvolti 6,5 milioni di persone, che sono state “identificate e successivamente classificate in base ai disturbi mentali”, come specificato nell'abstract dello studio. Tra le condizioni osservate la schizofrenia, l'ansia, il disturbo depressivo maggiore, il disturbo da stress post-traumatico, il disturbo somatoforme, disturbi alimentari, il disturbo della personalità e il disturbo da uso di sostanze (ad esempio alcolismo o consumo di droghe). I pazienti sono stati seguiti fino al 2018 e i ricercatori hanno tenuto traccia degli eventi cardio-cerebrovascolari emersi: in tutto, durante il periodo di follow-up medio di 7,6 anni; si sono verificati 16.133 casi di infarto del miocardio e 10.509 casi di ictus ischemico.
Incrociando tutti i dati è emerso un evidente legame tra la riduzione del benessere mentale e il rischio di sviluppare le due patologie rispetto al gruppo di controllo (senza disturbi mentali). Nello specifico, i ricercatori sudcoreani hanno osservato che chi era affetto da uno dei disturbi sopracitati aveva circa il 60 percento di probabilità in più di avere un infarto e circa il 40 percento in più di avere un ictus. Il rischio di infarto era oltre 3 volte superiore per i pazienti con disturbo da stress post traumatico; circa 2,5 volte superiore per chi abusava di sostanze; 1,7 volte superiore per gli insonni e i depressi; e 1,5 volte superiore per chi soffriva d'ansia. Per chi aveva disturbi alimentari e della personalità il rischio era doppio. Per quanto concerne l'ictus, le probabilità di svilupparlo erano triple per gli schizofrenici; 1,6 volte superiori per che soffriva di depressione; e circa 1,5 volte superiore per chi soffriva di insonnia. I ricercatori sottolineano che le persone con disturbi mentali coinvolte nello studio non avevano uno stile di vita o un profilo metabolico mediamente peggiore rispetto a quello del gruppo di controllo.
Alla luce di questi risultati gli autori dello studio sottolineano l'importanza nel trattamento e nella prevenzione dei disturbi mentali nei giovani, strettamente associati a un aumento significativo del rischio di infarto e ictus. I dati della ricerca “Increased cardiovascular events in young patients with mental disorders: a nationwide cohort study” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica specializzata European Journal of Preventive Cardiology.