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Anomalia radioattiva scoperta nei fondali dell’Oceano Pacifico, in corso le indagini sulle possibili cause

Un accumulo inaspettato di un isotopo radioattivo, il berillio-10, è stato recentemente scoperto in diversi campioni prelevati dal fondale dell’Oceano Pacifico centrale e settentrionale: secondo gli esperti, potrebbe essere attribuito a spostamenti nelle correnti oceaniche o a eventi astrofisici risalenti a circa 10 milioni di anni fa.
A cura di Valeria Aiello
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La posizione dei campioni prelevati da fondali dell'Oceano Pacifico dove sono state riscontrate alte concentrazioni di un isotopo radioattivo, il berillio-10, risalenti a 10 milioni di anni fa / Credit: Nature Communications 2025 (stella rossa, stella blu e area ombreggiata in giallo, la cui posizione del prelievo esatto sconosciuta a causa della protezione delle risorse. La linea blu e quella rossa indicno le principali correnti oceaniche / Credit Nature Communications 2025
La posizione dei campioni prelevati da fondali dell'Oceano Pacifico dove sono state riscontrate alte concentrazioni di un isotopo radioattivo, il berillio-10, risalenti a 10 milioni di anni fa / Credit: Nature Communications 2025 (stella rossa, stella blu e area ombreggiata in giallo, la cui posizione del prelievo esatto sconosciuta a causa della protezione delle risorse. La linea blu e quella rossa indicno le principali correnti oceaniche / Credit Nature Communications 2025

Un’anomalia radioattiva è stata recentemente scoperta nelle profondità dell’Oceano Pacifico, in diversi campioni prelevati dai fondali dei bacini centrale e settentrionale: il segnale dai ricercatori riguarda uno specifico isotopo radioattivo, il berillio-10, che normalmente si forma nell’atmosfera terrestre dall’interazione dei raggi cosmici con l’ossigeno e l’azoto. Il suo inaspettato accumulo nei campioni recuperati dall’Oceano Pacifico ha però lasciato perplessi gli scienziati, perché la quantità rilevata è di gran lunga superiore rispetto a quanto ci si aspetterebbe.

Ci siamo imbattuti in un’anomalia precedentemente sconosciuta” ha spiegato il dottor Dominik Koll dell’Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf di Dresda, in Germania, che ha guidato la ricerca – . Questo isotopo viene utilizzato per datare i campioni geologici, consentendo una datazione che può estendersi nel passato di oltre 10 milioni di anni, ma nei campioni analizzati abbiamo trovato un significativo accumulo durante il tardo Miocene, che è quasi il doppio rispetto a quanto avevamo previsto”. I risultati delle analisi condotte dal team sono stati pubblicati lunedì (10 febbraio) in uno studio su Nature Communications.

Cosa ha causato l’accumulo di isotopi radioattivi nel Pacifico

Secondo i ricercatori che stanno conducendo le indagini per capire quale sia la causa di così alta concentrazione di berillio-10 durante il tardo Miocene, ci sono almeno due possibili spiegazioni: la prima è legata alla circolazione oceanica vicino all’Antartide, che si pensa sia cambiata drasticamente 10-12 milioni di anni fa.

Questo potrebbe aver causato una distribuzione non uniforme di berillio-10 sulla Terra per un periodo di tempo, a causa delle correnti oceaniche alterate – ha osservato il dottor Koll – . Di conseguenza, berillio-10 potrebbe essere diventato particolarmente concentrato nell’Oceano Pacifico”.

La seconda ipotesi è di natura astrofisica e potrebbe essere legata all’effetto di una supernova vicina alla Terra, che potrebbe aver causato un temporaneo aumento dell’intensità delle radiazioni cosmiche 10 milioni di anni fa. In alternativa, la Terra potrebbe aver perso temporaneamente il suo scudo solare protettivo, l’eliosfera, a causa di una collisione con una densa nube interstellare, che l’avrebbe resa più vulnerabile alle radiazioni cosmiche.

Solo nuove misurazioni possono indicare se l’anomalia del berillio è stata causata da cambiamenti nelle correnti oceaniche o ha ragioni astrofisiche – ha aggiunto il dottor Koll – . Ecco perché intendiamo analizzare più campioni e speriamo che altri gruppi di ricerca facciano lo stesso”.

Se l’anomalia venisse trovata in tutto il mondo, l’ipotesi astrofisica sarebbe supportata. D’altro canto, se venisse rilevata solo in regioni specifiche, la spiegazione che coinvolge le correnti oceaniche alterate sarebbe considerata più plausibile.

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