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Alzheimer, stile di vita sano protegge dal declino cognitivo anche con beta amiloide nel cervello

Ricercatori statunitensi hanno determinato che seguire uno stile di vita sano può proteggere dal declino cognitivo dell’Alzheimer (e di altre forme di demenza) indipendentemente dalla presenza di placche di beta amiloide, grovigli di proteina tau e altri segni neuropatologici nel cervello.
A cura di Andrea Centini
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È noto da tempo che mantenere la mente allenata e uno stile di vita sano può proteggere dal declino cognitivo legato al morbo di Alzheimer e ad altre forme di demenza, ma grazie a un nuovo studio è stata fatta una scoperta sorprendente. In parole semplici, è stato determinato che non è mai troppo tardi per impegnarsi in uno stile di vita salubre e attivo, anche quando i segni dell'Alzheimer – come le placche di beta amiloide e i grovigli di proteina tau associati alla neurodegenerazione – si sono già accumulati nel cervello.

La ricerca, infatti, mettendo a confronto i segni patologici legati alla demenza e lo stile di vita di centinaia di persone, ha fatto emergere che quest'ultimo è preponderante nel mantenimento delle capacità cognitive, indipendentemente dalla presenza di neuropatologie. In altri termini, il cervello “danneggiato” dai segni tipici della demenza non sfocia in un irrimediabile declino cognitivo, se la persona legge, studia, segue una dieta sana e si mantiene fisicamente attiva. È una scoperta particolarmente interessante poiché anche chi già presenta i segni dell'Alzheimer potrebbe essere in grado di contrastare l'erosione della cognizione. È chiaro che si è trattato di uno studio di osservazione, senza dunque poter far emergere rapporti di causa-effetto, ma è sicuramente uno stimolo in più a perseguire uno stile di vita salutare, associato alla protezione da molteplici condizioni mediche.

A determinare che uno stile di vita salubre può proteggere dal declino cognitivo indipendentemente dalla presenza dei segni dell'Alzheimer (e di altre forme di demenza) nel cervello è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati del Rush Institute for Healthy Aging del Centro Medico dell'Università Rush (Chicago), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti: Dipartimento di Medicina Interna; Centro per la malattia di Alzheimer; Dipartimento di Scienze Neurologiche e Dipartimento di Patologia. I ricercatori, coordinati dal professor Klodian Dhana, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver messo a confronto le neuropatologie associate alla demenza – come accumulo di beta amiloide, grovigli di tau fosforilata, danno vascolare cerebrale, sclerosi dell'ippocampo, proteina legante il DNA TAR 43 e corpi di Lewy – con lo stile di vita e le capacità cognitive (in prossimità della morte) di circa 600 persone. Per farlo si sono rivolti ai partecipanti allo studio Rush Memory and Aging Project condotto tra il 1997 e il 2022, durante il quale i pazienti sono stati sottoposti ad approfondite valutazioni neuropatologiche, test cognitivi e compilazione di questionari legati allo stile di vita (per oltre 20 anni). Tutti i soggetti coinvolti nel nuovo studio, sottoposti a esame autoptico, erano deceduti a un'età media di quasi 91 anni: fra essi 415 erano donne (70,8 percento) e 171 uomini (29,2 percento).

Per mettere a confronto segni di demenza, declino cognitivo e stile di vita, il professor Dhana e colleghi hanno suddiviso i partecipanti in base al perseguimento di uno stile di vita più o meno salubre, assegnando un punteggio in cinque differenti categorie: vizio del fumo; consumo di alcol moderato (1 drink al giorno per le donne, 2 per gli uomini); attività fisica per almeno 150 minuti a settimana; mantenimento della mente allenata con lettura, studio, giochi di parole e simili; aderenza alla dieta Mediterranea DASH o alla dieta MIND, caratterizzate dal consumo preponderante di alimenti vegetali come semi, legumi, frutta secca e olio di oliva extravergine, oltre a poca carne rossa e così via.

Assegnando un punto per ciascuna categoria, i ricercatori hanno determinato che più alto era il punteggio relativo allo stile di vita sano, migliori erano le prestazioni cognitive registrate in prossimità della morte, attraverso una serie di test che hanno valutato la cognizione sotto diversi punti di vista: attenzione, linguaggio, memoria, abilità visuospaziali e altro. Tutto questo “indipendentemente dal carico patologico della malattia di Alzheimer”, cioè dalla presenza di segni nel cervello rilevati nel cervello. “Né la forza né il significato dell'associazione stile di vita-cognizione sono cambiati sostanzialmente quando il carico di β-amiloide, il groviglio di tau fosforilato o altre patologie cerebrali correlate alla demenza sono stati inclusi nel modello di regressione”, hanno spiegato gli studiosi. In termini squisitamente numerici, oltre l'88 percento delle capacità cognitive era associato allo stile di vita, mentre l'accumulo di beta-amiloide lo influenzava solo per il 12 percento circa.

“Uno stile di vita sano può fornire una riserva cognitiva per mantenere le capacità cognitive indipendentemente dalle comuni neuropatologie della demenza”, hanno spiegato gli scienziati nell'abstract dello studio. Come indicato, si è trattato di uno studio di coorte di osservazione e non è possibile far emergere un rapporto di causa-effetto tra stile di vita e declino cognitivo, tuttavia i risultati sono estremamente significativi e possono spingere le persone a modificare il proprio stile di vita per ridurre i rischi dell'Alzheimer e di altre forme di demenza, come spiegato dai professori Yue Leng e Kristine Yaffe in un editoriale che ha accompagnato il lancio dello studio. I dettagli della ricerca “Healthy Lifestyle and Cognition in Older Adults With Common Neuropathologies of Dementia” sono stati pubblicati sulla rivista JAMA.

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