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Alzheimer, scienziati italiani identificano un altro gene coinvolto nella malattia

Un team di ricerca italiano guidato da scienziati della Città della Salute e della Scienza di Torino ha identificato un nuovo gene responsabile della malattia di Alzheimer. Si tratta di GRIN2C, del quale una variante è associata a un processo patogenico che porta alla neurodegenerazione (morte dei neuroni).
A cura di Andrea Centini
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Scienziati italiani hanno individuato un altro gene coinvolto nel morbo di Alzheimer, la principale forma di demenza al mondo. Si tratta di una scoperta significativa che migliora la comprensione dei meccanismi patogenici della malattia neurodegenerativa, cioè innescata dalla morte dei neuroni. Nello specifico, i ricercatori hanno determinato che ad essere coinvolto in una forma di Alzheimer a esordio tardivo – cioè che si manifesta in età avanzata – sono mutazioni che colpiscono il gene GRIN2C, legato alla codifica di un recettore del glutammato (un importante neurotrasmettitore del sistema nervoso centrale). Gli effetti della presenza di questa variante del gene sono stati evidenziati su modelli cellulari in vitro, dimostrando il processo che porta alla morte cellulare a causa di una stimolazione eccessiva.

A determinare che il gene GRIN2C è tra quelli responsabili del morbo di Alzheimer è stato un team di ricerca italiano guidato da scienziati del Dipartimento di Neuroscienze “Rita Levi Montalcini” dell'Università di Torino e del Centro per la Malattia di Alzheimer e Demenze Correlate – Dipartimento di Neuroscienze e Salute Mentale, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, che hanno collaborato con i colleghi di vari istituti. Fra quelli coinvolti il Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell'Università degli Studi di Milano; il Dipartimento di Medicina Molecolare dell'Università di Pavia; l'Unità di Genetica Medica, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna e altri. I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Elisa Rubino del Centro per la Malattia di Alzheimer e le demenze correlate del nosocomio torinese, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato a fondo il profilo genetico di una famiglia italiana con una forma autosomica dominante e a esordio tardivo della malattia di Alzheimer.

In pratica, hanno studiato casi della patologia a innesco genetico. Com'è noto dalla letteratura scientifica, la demenza può essere catalizzata sia da fattori ambientali che genetici. Ad esempio, è stato dimostrato che condizioni cardiovascolari, obesità, diabete di tipo 2 e isolamento sociale sono fortemente associati allo sviluppo del declino cognitivo, caratterizzato da perdita di memoria, problemi di linguaggio e orientamento, significativi cambiamenti nell'umore e altri sintomi (i principali dell'Alzheimer). Per quanto concerne la genetica, studi precedenti avevano già determinato che mutazioni nei geni APP, PSEN1 e PSEN2 sono tra le cause genetiche della patologia. Sottoponendo alcuni membri di questa famiglia a screening per andare a caccia di queste mutazioni patogene (nei sopracitati geni) e ad altre in geni legati a condizioni neurodegenerative, è stato identificato il ruolo del gene GRIN2C. Tra le tecniche impiegate il test array NeuroX e il sequenziamento dell'esoma.

Dalle analisi bioinformatiche è emerso il ruolo di una specifica variante nel gene GRIN2C, “che codifica per la subunità 2C (GluN2C) del recettore ionotropico del glutammato del recettore N-metil-D-aspartato (NMDA)”, spiegano gli autori nell'abstract dello studio. “Ad oggi erano note rare mutazioni nei geni PSEN1, PSEN2 e APP, quali causa di malattia di Alzheimer, principalmente in età presenile. Questa scoperta suggerisce il ruolo di rare mutazioni genetiche anche come causa della malattia in età senile”, ha affermato in una nota il professor Innocenzo Rainero, che dirige il laboratorio in cui lavora la dottoressa Rubino. “Ci aspettiamo che GRIN2C sia una causa molto rara di malattia di Alzheimer, tuttavia, l'aspetto più significativo della ricerca è la conferma del ruolo che i meccanismi di eccitotossicità correlata al glutammato possono avere nello sviluppo della malattia”, gli ha fatto eco la scienziata. “Quando il glutammato interagisce con il recettore NMDA sui neuroni, si apre un canale che promuove l'ingresso di ioni calcio. Se questa stimolazione è eccessiva, si provoca un'intensa eccitazione del neurone che porta alla morte cellulare”, ha chiosato l'esperta.

Test condotti sui neuroni dell'ippocampo di modelli murini (ratti) hanno evidenziato che la sovraespressione del gene GRIN2C mutato altera la trasmissione del glutammato, una stimolazione eccessiva che può innescare la morte cellulare e dunque la neurodegenerazione, alla quale è associato anche l'accumulo di placche di beta amiloide e grovigli di tau. Sono le proteine “appiccicose” principali bersagli delle nuove terapie, ad esempio a base di anticorpi monoclonali. I dettagli della ricerca “Exome sequencing reveals a rare damaging variant in GRIN2C in familial late-onset Alzheimer's disease” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Alzheimer's Research & Therapy.

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