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Alzheimer, nuovo test prevede l’evoluzione del declino cognitivo e la perdita di autosufficienza

Un team di ricerca internazionale ha sviluppato un test in grado di prevedere la progressione del declino cognitivo entro cinque anni in pazienti con demenza lieve o leggera compromissione. Lo strumento, non ancora accuratissimo, può essere prezioso per stimare in quanto tempo potrebbe verificarsi la perdita di autosufficienza in chi soffre di Alzheimer allo stadio iniziale.
A cura di Andrea Centini
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Gli scienziati hanno progettato un nuovo test in grado di prevedere la progressione del declino cognitivo in pazienti con un leggero deterioramento o con una diagnosi acclarata di demenza lieve, come il morbo di Alzheimer nelle fasi iniziali. Più nello specifico, il modello predittivo indica la velocità con cui nei cinque anni successivi si manifesterà il peggioramento della memoria e, più in generale, della funzione cognitiva. Il test sperimentale è basato su un sistema di punteggio intuitivo, sebbene la sua accuratezza non sia ancora elevatissima. Per oltre il 50 percento dei pazienti sottoposti al test, infatti, poteva emergere un margine di errore di 2 o 3 punti rispetto a quanto previsto dal modello.

Al netto dei limiti, si tratta di un sistema prezioso per determinare la traiettoria del declino cognitivo e suggerire un'indicazione del tempo in cui le persone potrebbero restare autosufficienti ed essere in grado di sbrigare le faccende quotidiane. Tra le domande che vengono spesso poste ai medici dai pazienti e dai loro famigliari, del resto, vi sono proprio quelle relative agli anni ancora a disposizione per fare determinate attività, come ad esempio guidare l'automobile. A rendere il test ancora più interessante anche il fatto che viene valutato l'impatto dei nuovi farmaci in grado di rallentare il declino cognitivo; proprio a luglio 2024 la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha approvato l'anticorpo monoclonale Donanemab (nome commerciale Kisunla) della casa farmaceutica Eli Lilly, che se somministrato nelle fasi iniziali della neurodegenerazione è in grado di rallentare la progressione dell'Alzheimer del 35 percento. Il farmaco è progettato per colpire le placche di beta amiloide, le proteine “appiccicose” che, assieme ai grovigli di tau, sono fortemente associate alla demenza.

A mettere a punto il nuovo test in grado di prevedere la traiettoria del declino cognitivo in pazienti con demenza lieve (e deterioramento leggero) è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati olandesi del Centro Alzheimer e Dipartimento di Neurologia del Medical Center dell'Università di Amsterdam, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di numerosi istituti. Fra quelli coinvolti il Dipartimento di Neurobiologia del Karolinska Institutet di Stoccolma (Svezia) e il Queen Square Institute of Neurology e Centre for Medical Image Computing (FB) dello University College di Londra (Regno Unito). I ricercatori, coordinati dal professor Pieter J. van der Veere, medico e docente presso l'ateneo dei Paesi Bassi, hanno sviluppato il modello predittivo studiando l'evoluzione del declino cognitivo in un migliaio di persone.

I partecipanti allo studio, tutti facenti parte dell'Amsterdam Dementia Cohort, avevano in media 65 anni ed erano in leggera maggioranza maschi (49 percento donne). In 310 avevano una leggera compromissione cognitiva, ma senza diagnosi di Alzheimer o altre forme di demenza, mentre i restanti 651 avevano demenza lieve accertata da esami standardizzati. Tutti avevano placche di beta amiloide nel cervello, rilevate attraverso l'analisi dei biomarcatori nel liquido cerebrospinale o la tomografia ad emissione di positroni (PET).

Il test cognitivo, messo a punto analizzando biomarcatori, scansioni cerebrali, storia clinica e dati demografici dei pazienti, si basa su uno specifico sistema di punteggi che va da 0 a 30. Da 25 in su non vi è alcuna demenza; da 21 a 24 demenza lieve; da 10 a 20 demenza moderata; e sotto i 10 demenza grave. I punteggi medi dei partecipanti con lieve deterioramento cognitivo sono scesi da 26,4 a 21,0 entro i successivi cinque anni, mentre quelli delle persone con demenza lieve sono passati da 22,4 a 7,8 nello stesso arco temporale, facendo emergere un peggioramento molto più rapido e marcato. Il modello predittivo messo a punto dal professor van der Veere e colleghi era in grado di stimare con relativa precisione la traiettoria del peggioramento, con un errore di meno di due punti rispetto al punteggio effettivo per le persone con lieve compromissione cognitiva e di meno di tre punti per chi aveva demenza lieve.

Complessivamente, è stato determinato che le persone con deterioramento cognitivo lieve passerebbero alla demenza moderata entro sei anni; grazie ai nuovi farmaci è stato stimato che questo salto non avverrebbe prima di 8,6 anni. Per quanto concerne la demenza lieve, il passaggio a quella moderata (da 21 a 15 punti) avverrebbe in 2,3 anni, oppure in 3,3 anni grazie al supporto dei farmaci anti Alzheimer. Per la demenza grave, generalmente associata alla perdita di indipendenza, il passaggio avverrebbe entro sei anni. Sono informazioni preziose che possono aiutare medici e pazienti a capire la possibile evoluzione del deterioramento cognitivo, sebbene non vada dimenticata l'incertezza nei punteggi del test emersa per una quota significativa dei partecipanti allo studio. Inoltre ciascun paziente fa storia a sé e quindi non si può giungere a conclusioni definitive per ciascun caso.

“Sappiamo che le persone con problemi cognitivi e i loro assistenti sono particolarmente interessati a risposte a domande come ‘Per quanto tempo posso guidare un'auto?' o ‘Per quanto tempo posso continuare a dedicarmi al mio hobby?'”, ha dichiarato in un comunicato stampa il professor Van der Veere. La speranza è che modelli predittivi come quello appena sviluppato possano diventare strumenti utili per delineare con precisione la rapidità del declino cognitivo e aiutare a stimare l'impatto sulla qualità della vita in termini di tempo, in attesa di nuove terapie in grado di contrastare efficacemente la neurodegenerazione. Ad oggi, infatti, l'Alzheimer è incurabile. I dettagli della ricerca “Predicting Cognitive Decline in Amyloid-Positive Patients With Mild Cognitive Impairment or Mild Dementia” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Neurology.

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