Alzheimer, la variante di un gene protegge dalla malattia anche in chi è predisposto
La malattia di Alzheimer, la forma di demenza più comune, caratterizzata dalla progressiva perdita della memoria e da altri sintomi di declino cognitivo, può avere minori probabilità di insorgenza anche in chi è predisposto, quando nel genoma è presente una specifica variante genetica, appena scoperta dai ricercatori. Si tratta di una variante del gene FN1, responsabile della produzione della fibronectina, una proteina presente in vari tessuti dell’organismo e che è anche una componente della barriera-ematoencefalica, la membrana che protegge i vasi cerebrali e regola il passaggio selettivo di sostanze da e verso il cervello.
La variante genetica appena identificata, come dettagliato nell’articolo di ricerca pubblicato sulla rivista scientifica Acta Neuropathologica, aiuta a prevenire la formazione delle placche amiloidi nel cervello, gli accumuli di proteina beta-amiloide correlati allo sviluppo dell’Alzheimer. “La malattia può iniziare con l’accumulo di amiloidi nel cervello, ma le manifestazioni cliniche sono il risultato di cambiamenti che si verificano dopo la comparsa di questi accumuli” spiega il professor Caghan Kizil del Vagelos College of Physicians and Surgeons della Columbia University di New York, che ha co-condotto la ricerca che ha portato alla scoperta della variante – . I nostri risultati suggeriscono che alcuni di questi cambiamenti si verificano nel sistema vascolare del cervello, aprendo la strada allo sviluppo di nuovi farmaci e terapie che imitano l’effetto protettivo del gene per prevenire o curare la malattia”.
Cos’è la variante del gene FN1 che protegge dall’Alzheimer
La variante protettiva scoperta dai ricercatori è una sequenza del gene della fibronectina (FN1) che differisce dalla sequenza più comune nel genere umano e, come precisato dagli studiosi, “sembra consentire alle forme tossiche di amiloide di uscire dal cervello e attraversare la barriera emato-encefalica”.
La fibronectina, come indicato, è anche una componente della barriera emato-encefalica, dove è presente in quantità molto piccole, sebbene risulti molto più abbondante nelle persone con l’Alzheimer. Tale eccesso potrebbe impedire l’eliminazione dei depositi di amiloide dal cervello, determinando lo sviluppo della malattia. La nuova variante protettiva sembra invece prevenire l’eccesso di fibronectina, come finora osservato in modelli animali.
Negli umani, d’altra parte, la variante protettiva è stata identificata in persone che non hanno mai sviluppato i sintomi dell’Alzheimer nonostante fossero geneticamente predisposte alla malattia, ovvero portatrici dell’allele APOE ε4, uno dei fattori di rischio genetico più noti per l’Alzheimer.
La variante protettiva scoperta nelle persone “resistenti” all’Alzheimer
La variante del gene della fibronectina (FN1) che protegge dall’Alzheimer è stata identificata nei portatori omozigoti dell’allele APOE ε4, uno dei principali fattori di rischio genetico per l’Alzheimer che aumenta significativamente il rischio di sviluppare la malattia. Tuttavia, all’interno della popolazione dei portatori di APOEε4, esiste variabilità nell’età di esordio e nella gravità dei sintomi della malattia, nonché la presenza di persone “resilienti” o “cognitivamente normali, non affette” che né sviluppano l’Alzheimer né sperimentano un’insorgenza ritardata della malattia.
Ricercando i fattori genetici “protettivi” in grado di modificare o ridurre l’effetto dell’APOEε4 sul rischio di Alzheimer – ciò ha comportato il sequenziamento del genoma di diverse centinaia di portatori di APOEε4 di età superiore ai 70 anni, con e senza Alzheimer – gli studiosi della Columbia University hanno individuato la variante del gene della fibronectina (FN1), pubblicando i risultati preliminari della ricerca in un pre-print, affinché altri ricercatori potessero valutarli. Sulla base di quelle prime osservazioni, un altro team di ricerca delle Università di Stanford e Washington ha replicato lo studio in un altro gruppo di portatori di APOEε4, trovando la stessa variante della fibronectina e confermando la scoperta.
Dalla combinazione dei dati dei due team, che nel complesso hanno valutato i genomi di 11.000 persone, i ricercatori hanno calcolato che la variante genetica protettiva riduce la probabilità di sviluppare l’Alzheimer del 71% nei portatori di APOEε4 e ritarda l’età di esordio della malattia di circa 4 anni in coloro che alla fine la sviluppavano.
“Questi risultati suggeriscono che una terapia mirata alla fibronectina, che imiti la variante protettiva, possa fornire una forte difesa contro l’Alzheimer – ha aggiunto il professor Richard Mayeux della Gertrude H. Sergievsky Center della Columbia University e co-autore senior dello studio – . Oltre i più moderni trattamenti, comunque molto efficaci nel rimuovere i depositi attraverso il sistema immunitario ma che non migliorano i sintomi né si riparano altri danni, potremmo dover iniziare a eliminare l’amiloide molto prima. E riteniamo che ciò possa essere fatto attraverso il flusso sanguigno. Ecco perché siamo entusiasti della scoperta di questa variante della fibronectina, che potrebbe essere un buon obiettivo per lo sviluppo di nuovi farmaci”.