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Alzheimer, il caffè associato a un rischio ridotto di perdita di memoria: lo studio

Ricercatori francesi hanno determinato che un consumo superiore di caffeina è associato a una probabilità ridotta di perdita di memoria (amnesia). I dati dello studio condotto su centinaia di pazienti con morbo di Alzheimer e declino cognitivo lieve.
A cura di Andrea Centini
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Un consumo superiore di caffeina, la sostanza psicoattiva contenuta in caffè, e altri prodotti alimentari, è associato a un rischio ridotto di perdita di memoria in pazienti con Alzheimer e declino cognitivo lieve. In altri termini, questo composto può rappresentare una sorta di "scudo" contro uno dei sintomi più impattanti della demenza, sia per i pazienti che per le famiglie che si occupano di loro. È quanto emerso da un nuovo studio che ha indagato sulla correlazione tra il consumo quotidiano di caffeina e la presenza di amnesia in persone affette da lieve deterioramento cognitivo (MCI) e malattia di Alzheimer, la più diffusa forma di demenza che colpisce circa 40 milioni di persone in tutto il mondo (l'Organizzazione Mondiale della Sanità stima che l'incidenza triplicherà entro il 2050).

A differenza delle numerose meta-analisi e studi di osservazione che fanno emergere associazioni più o meno statisticamente significative tra sostanze, cibi, stili di vita e malattie, il nuovo studio ha indagato anche sui livelli dei biomarcatori nel liquido cerebrospinale (o cefalorachidiano) associati alla demenza, che possono essere rilevati ben 18 anni prima della comparsa dei sintomi, come evidenziato da un recente studio condotto da scienziati cinesi del Centro di innovazione per i disturbi neurologici – Dipartimento di Neurologia dell'Ospedale Xuanwu. È stato osservato che un consumo ridotto di caffeina non solo era associato a un rischio superiore di soffrire di perdita di memoria (ben 2,5 superiore rispetto a chi ne consumava di più), ma anche di avere livelli inferiori di determinati biomarcatori, che suggerivano una maggiore aggregazione di beta-amiloide nel cervello. Queste proteine “appiccicose” assieme ai grovigli di proteina tau sono considerati tra i principali segnali biologici associati all'Alzheimer; non a caso i nuovi farmaci contro la comune forma di demenza sono progettati per prenderle di mira.

A determinare che la caffeina è associata a un rischio ridotto di perdita di memoria in persone con Alzheimer e declino cognitivo lieve è stato un team di ricerca francese guidato da scienziati dell'Università di Lille (Inserm – CHU Lille), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di diversi istituti. Fra quelli coinvolti l'Université Paris Cité – Centro di risorse e ricerche sulla memoria di Paris-Broca-Ile de France, il Laboratoire et Plateforme de Protéomique Clinique dell'Université di Montpellier e il laboratorio Alzheimer e Tauopatie, LabEx. I ricercatori, coordinati dai professori David Blum e Susanna Schraen-Maschke, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato i casi di 263 persone con più di 70 anni della coorte di studio Biomarker of AmyLoid pepTide and AlZheimer's diseAse Risk (BALTAZAR). In 147 avevano declino cognitivo lieve, mentre i restanti 116 una diagnosi acclarata di Alzheimer.

I partecipanti hanno risposto a questionari alimentari per determinare il consumo quotidiano di caffeina, derivata da prodotti alimentari come caffè, tè, cioccolato e altri. Sono stati successivamente divisi in due gruppi: gruppo di consumo “basso”, con circa 200 milligrammi di caffeina al giorno (un paio di tazzine); e gruppo di consumo “alto”, con diverse tazzine al giorno. Tenendo presenti possibili fattori confondenti come varianti dell'apolipoproteina E / APOE ε4 (una condizione genetica associata al rischio di Alzheimer), livello di istruzione, vizio del fumo, età e genere, è stato determinato che chi consumava meno caffeina aveva un rischio di perdita della memoria 2,5 volte superiore rispetto a chi ne consumava di più. Ma non solo. Dai prelievi di liquido cerebrospinale, i ricercatori hanno osservato livelli inferiori del biomarcatore Aβ 1-42 e dei rapporti fra Aβ 1-42 /Aβ 1-40 e fra e Aβ 1-42 /p-tau181. In parole semplici, questi parametri sono associati a una probabilità superiore di accumulo di beta-amiloide nel cervello. Non sono state rilevate associazioni statistiche con la proteina tau.

Alla luce di questi risultati, il professor Blum e colleghi ritengono che il consumo superiore di caffeina possa avere un ruolo protettivo nei confronti della perdita di memoria e dunque contro il segno più devastante legato alla neurodegenerazione. Chiaramente nessuno sta consigliando di consumare più caffè o altri prodotti contenenti caffeina; la raccomandazione è sempre quella di consultare il proprio medico e un esperto della nutrizione prima di effettuare qualunque cambiamento del proprio modello alimentare. Inoltre va ricordato che la caffeina può determinare disturbi del sonno e altre problematiche, pertanto deve essere sempre assunta con moderazione. Senza dimenticare che lo studio si è concentrato su persone anziane con declino cognitivo e Alzheimer già presente, quindi non possiamo sapere quale possa essere l'eventuale scudo legato al consumo nei giovani e nelle persone di mezza età. I dettagli della ricerca “Association of caffeine consumption with cerebrospinal fluid biomarkers in mild cognitive impairment and Alzheimer's disease: A BALTAZAR cohort study” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Alzheimer's & Dementia.

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