Alzheimer, confermato il ruolo dei batteri intestinali: trapianto fecale fa ammalare ratti giovani
Per la prima volta gli scienziati sono riusciti a trasferire i sintomi dell'Alzheimer in animali giovani e sani, dimostrando un collegamento fondamentale della patologia neurodegenerativa con il microbiota intestinale, cioè l'insieme della flora batterica che vive nel nostro apparato digerente. Il morbo di Alzheimer è la principale forma di demenza al mondo e colpisce decine di milioni di persone; secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) entro il 2050 la cifra supererà i 130 milioni di individui, con un impatto sanitario, sociale ed economico catastrofico. Ad oggi, infatti, non esiste una vera e propria cura contro questa malattia, che determina un significativo declino cognitivo (con disturbi nella memoria, nel linguaggio, nell'orientamento etc etc) e una riduzione della salute mentale. Studi come quello appena condotto potrebbero portare a terapie rivoluzionarie in grado di contrastare e rallentare la demenza.
A trasferire per la prima volta i sintomi dell'Alzheimer in modelli murini (ratti) giovani e sani è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dello University College di Cork (Irlanda), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Biological Psychiatry Unit e Alzheimer Unit – IRCCS Fatebenefratelli di Brescia e del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche e di Base – Istituto di Psichiatria del King's College di Londra (Regno Unito). I ricercatori, coordinati dalla professoressa Yvonne M. Nolan, docente presso il Dipartimento di Anatomia e Neuroscienze dell'ateneo Irlandese, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto specifici esperimenti per determinare se i cambiamenti del microbiota intestinale potessero innescare i sintomi dell'Alzheimer e rappresentare un potenziale fattore di rischio. Diversi studi, del resto, avevano trovato associazioni tra il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson (un'unica condizione, secondo uno studio italiano) con le modifiche del microbiota intestinale.
Nel nuovo studio gli scienziati hanno coinvolto 32 partecipanti, dei quali 16 affetti da demenza e 16 in salute (gruppo di controllo). I ricercatori hanno prelevato campioni di sangue ed estratto il microbiota intestinale da ciascuno di essi attraverso le feci. La flora batterica ottenuta è stata successivamente trapiantata nell'intestino (depauperato di batteri con antibiotici) dei roditori giovani e sani, permettendo ai ricercatori di confrontare ciò che accadeva nei ratti trattati col microbiota dei pazienti sani e in quelli trattati col microbiota dei malati di Alzheimer. I risultati sono stati sorprendenti.
Grazie a questi trapianti fecali, infatti, la professoressa Nolan e colleghi hanno osservato che nei ratti trattati con microbiota intestinale dei malati di Alzheimer si è determinata una variazione nella fisiologia e nel comportamento. Più nello specifico, i ratti hanno mostrato compromissione della memoria, in relazione a un processo chiamato neurogenesi dell'ippocampo adulto, legato anche all'umore e innescato dallo sviluppo di nuovi neuroni nell'ippocampo. “Gli animali con batteri intestinali delle persone con Alzheimer producevano meno cellule nervose nuove e avevano una memoria compromessa”, ha dichiarato la professoressa Nolan in un comunicato stampa. La gravità dei deficit nei ratti era connessa ai punteggi cognitivi clinici che erano stati ottenuti dai pazienti donatori del microbiota intestinale.
Poiché non è possibile valutare la neurogenesi dell'ippocampo negli esseri umani in vita, i ricercatori hanno esposto il siero dei pazienti su colture di cellule umane (staminali neurali) in vitro, osservando la riduzione della neurogenesi quando hanno utilizzato quello delle persone affette da Alzheimer. I ricercatori hanno anche osservato modifiche nei metaboliti legati alla funzione delle cellule ippocampali, che potrebbero essere associati alla riduzione delle nuove cellule nervose.
Per quanto concerne la composizione della flora batterica, gli scienziati hanno osservato che i pazienti con Alzheimer avevano una ridotta concentrazione di batteri del genere Coprococcus, considerati “buoni”, mentre avevano livelli elevati di quelli del genere Desulfovibrio, che altri studi avevano già associato alla demenza e al Parkinson. “I nostri risultati rivelano per la prima volta che i sintomi dell'Alzheimer possono essere trasferiti a un organismo giovane e sano attraverso il microbiota intestinale, confermando un ruolo causale del microbiota intestinale nella malattia di Alzheimer, ed evidenziano la neurogenesi dell'ippocampo come un processo cellulare centrale convergente che regola la circolazione sistemica e fattori mediati dall'intestino nell'Alzheimer”, hanno chiosato gli scienziati nell'abstract dello studio. I dettagli della ricerca “Microbiota from Alzheimer’s patients induce deficits in cognition and hippocampal neurogenesis” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Brain.