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Alla COP15 decisione storica per salvare la biodiversità: il 30% della natura protetto entro il 2030

I governi riuniti nell’ultima plenaria della COP15 hanno approvato un accordo storico per tutelare il 30 percento degli ecosistemi entro il 2030. È la prima volta.
A cura di Andrea Centini
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Fenicotteri al Parco Nazionale del Circeo. Credit: Andrea Centini
Fenicotteri al Parco Nazionale del Circeo. Credit: Andrea Centini

Dal mezzo fallimento della COP27, il cui unico risultato positivo è stata l'istituzione di un fondo per i Paesi più colpiti dai cambiamenti climatici, a una decisione dal sapore storico per la protezione della biodiversità alla COP15, formalmente la XV Convenzione sulla diversità biologica, tra le più importanti delle Nazioni Unite. I governi, riuniti da un paio di settimane a Montreal, in Canada, nell'ultima plenaria fiume – durata diverse ore – hanno infatti raggiunto l'accordo di proteggere il 30 percento del patrimonio naturale mondiale entro il 2030, con l'obiettivo di migliorare e ripristinare ecosistemi preziosissimi come le foreste pluviali, le zone umide e le aree marine, veri e propri scrigni della biodiversità.

È la prima volta che i governi di tutto il mondo (o quasi) si accordano per raggiungere un obiettivo così virtuoso a tutela della natura, che inquiniamo, sovrasfruttiamo e devastiamo senza sosta soprattutto a partire dall'epoca industriale, catalizzando al contempo il riscaldamento globale, la principale minaccia esistenziale per l'umanità. Formalmente l'accordo è stato chiamato "Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework” e nel comunicato stampa della COP15 viene considerato "solo un primo passo per ripristinare il nostro rapporto con il mondo naturale". Il Ministro dell'ambiente e dei cambiamenti climatici del Canada Steven Guilbeault, che in passato era un fervente attivista ambientalista, ha affermato che l'accordo preso a Montreal è stato un "coraggioso passo avanti per proteggere la natura", aggiungendo che solo sei mesi fa non si sapeva se la conferenza si sarebbe tenuta. Oggi, invece, è stato fatto un passo in avanti significativo per liberare la natura dal giogo opprimente della nostra specie.

Per raggiungere l'ambizioso traguardo, oltre alla rigorosa tutela e al ripristino del 30 percento degli ecosistemi naturali, i governi si sono impegnati a bloccare la devastante emorragia di specie causata dalla sesta estinzione di massa in corso, innescata dalle attività umane; di tutelare la diversità genetica delle specie; di utilizzare in modo più sostenibile la biodiversità e gli habitat naturali per ottenere i servizi preziosi che ci offrono, come il cibo e l'acqua pulita; rispettare e tutelare le popolazioni indigene; garantire una distribuzione equa dei medicinali e degli altri benefici derivati dall'uso del patrimonio naturale; disincentivare i finanziamenti che determinano un impatto negativo sull'ambiente. In termini squisitamente numerici, come indicato, i governi si sono impegnati a proteggere e ripristinare il 30 percento degli ecosistemi interni e costieri entro il 2030, inoltre si è deciso di rivalutare 500 miliardi di dollari di sussidi che risultano dannosi per gli ecosistemi.

È doveroso sottolineare che proprio sullo stanziamento dei fondi si è aperta una significativa spaccatura con alcuni Paesi africani. L'accordo finale della COP15 presentato dalla Cina, che la presiedeva, sembra infatti essere stato bloccato dalla Repubblica Democratica del Congo prima dell'annuncio, poiché non prevedeva l'istituzione di un altro fondo per la biodiversità, da accompagnare a quello già esistente, il Global Environment Facility (GEF) dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Diversi Paesi africani e non solo volevano più soldi per poter firmare l'accordo finale, ma il ministro dell'ambiente cinese che ha presieduto la COP15 non sembra aver dato ascolto alla richiesta, dichiarando conclusa la plenaria e annunciando lo storico accordo. Come riportato dal Guardian i rappresentanti di alcuni Paesi africani (Camerun, Ugana e Repubblica Democratica del Congo) avrebbero espresso incredulità per l'approvazione del documento finale, vista come una sorta di prevaricazione, se non come una vera e propria frode ai loro danni.

Al netto delle polemiche, che verosimilmente verranno discusse e risolte nelle sedi opportune, le volontà espresse dalla stragrande maggioranza dei Paesi hanno un valore speciale e ci si augura che si possa realmente iniziare a proteggere la biodiversità come merita. In questo momento ci sono almeno 1 milione di specie minacciate dal devastante impatto antropico; per comprenderne la portata, basti sapere che l'asteroide Chicxulub caduto alla fine del Cretaceo causò la scomparsa di circa il 75 percento delle specie viventi sulla Terra (dinosauri non aviani compresi) nell'arco di centinaia di migliaia di anni. Noi, in soli 500 anni, secondo uno studio dell'Università delle Hawaii abbiamo sterminato fino a 260 mila specie (il 13 percento del totale), inoltre negli ultimi 50 anni abbiamo spazzato via il 70 percento delle popolazioni di vertebrati. Il nostro modo di agire e vivere avido, scriteriato e crudele ha causato enormi sofferenze alla natura; ora, finalmente, possiamo compiere un passo significativo per i riparare almeno in parte i gravissimi danni che abbiamo arrecato, le cui conseguenze si stanno riflettendo sull'intera umanità.

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