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Adesso sappiamo come trasformare la plastica PET in diamanti di valore

La loro produzione apre la strada a una nuova forma di riciclo delle materie plastiche e ha persino implicazioni sulla comprensione delle reazioni che avvengono all’interno di pianeti ghiacciati come Nettuno e Urano.
A cura di Valeria Aiello
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Cosa hanno in comune le bottigliette in plastica e i pianeti come Nettuno e Urano? Probabilmente nulla, se non fosse le reazioni che avvengono all’interno di questi giganti di ghiaccio, dove le condizioni sono estreme: le temperature raggiungono diverse migliaia di gradi Celsius e la pressione è milioni di volte maggiore rispetto a quella dell’atmosfera terrestre. Tali condizioni possono essere simulate sono per brevissimi periodi di tempo sulla Terra, in laboratori all’avanguardia come lo SLAC National Accelerator Laboratory in California: è qui che un team internazionale di ricercatori ha utilizzato il Linac Coherent Light Source (LCLS), un potente laser a raggi X basato su acceleratore, per confermare una loro tesi precedente secondo cui all’interno dei pianeti ghiacciati piovano letteralmente diamanti. E scoprire che, colpendo alcuni campioni plastici riscaldati fino a 6.000 °C, alcuni di questi materiali si comprimevano, producendo minuscoli diamanti, noti come nanodiamanti. In particolare, durante la ricerca, gli studiosi hanno testato cosa accadesse colpendo il polietilene tereftalato (PET), la plastica di cui sono fatte le normali bottiglie di plastica, evidenziando che l’equilibrio tra carbonio, idrogeno e ossigeno di questo materiale può avere davvero molto in comune con l’interno dei pianeti ghiacciati.

L’effetto dell'ossigeno è stato quello di accelerare la scissione del carbonio e dell’idrogeno e quindi incoraggiare la formazione di nanodiamanti – ha affermato, illustrando i risultati pubblicati sulla rivista Science Advance, il professor Dominik Kraus, fisico dell’Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf (HZDR) e docente presso l’Università di Rostock, in Germania – . Ciò significa che gli atomi di carbonio possono combinarsi più facilmente e formare diamanti”.

Quanto scoperto dai ricercatori supporta l’ipotesi che all’interno dei giganti di ghiaccio piovano diamanti. Oltre a stabilire un nuovo metodo per produrli anche sulla Terra, aprendo la strada a nuove forme di riciclo della plastica PET, che potrebbe ad esempio essere utilizzata per fabbricare i nanodiamanti che sono già impiegati negli abrasivi e negli agenti lucidati, e che in futuro potrebbero necessari per il funzionamento di sensori quantistici ed acceleratori di reazioni per scindere l’anidride carbonica.

Finora, diamanti di questo tipo sono stati prodotti principalmente attraverso reazioni esplosive–  ha spiegato Kraus – . Con l’aiuto dei lampi laser, in futuro potrebbero invece essere prodotti in modo molto più pulito”.

Nella visione degli scienziati c’è la possibilità di utilizzare laser ad alte prestazioni che emettano dieci lampi al secondo su una pellicola in PET, che viene colpita dal raggio a intervalli di un decimo di secondo. I nanodiamanti così creati uscirebbero dalla pellicola e finirebbero in una vasca di raccolta piena d’acqua dove verrebbero decelerati per poter quindi essere filtrati ed efficacemente raccolti, con il vantaggio essenziale, rispetto alla produzione con metodi esplosivi, che “i nanodiamanti possano essere tagliati su misura per quanto riguarda le dimensioni o addirittura drogati con altri atomi – ha sottolineato Kraus – . Il laser a raggi X significa che abbiamo uno strumento di laboratorio in grado di controllare con precisione la crescita dei diamanti”.

Riguardo invece alla comprensione delle reazioni che avvengono all’interno dei pianeti ghiacciati, gli studiosi hanno riscontrato un ulteriore indizio: in combinazione con i diamanti, potrebbe venire prodotta anche dell’acqua, ma in una variante insolita. “Potrebbe formarsi la cosiddetta acqua superionica  – ha precisato Kraus – . Gli atomi di ossigeno formano un reticolo cristallino in cui i nuclei di idrogeno si muovono liberamente”. E poiché i nuclei sono caricati elettricamente, l’acqua superionica può condurre corrente elettrica e quindi contribuire a creare il campo magnetico dei giganti di ghiaccio.

Nei loro esperimenti, il team non è ancora riuscito a dimostrare inequivocabilmente l’esistenza di acqua superionica nella miscela con i diamanti. Questa ricerca dovrebbe comunque partire a stretto giro, in collaborazione con l’Università di Rostock, presso l’XFEL europeo di Amburgo, il laser a raggi X più potente del mondo.

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