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Abbiamo capito perché ci piacciono i selfie e qual è il senso di scattare foto di noi stessi

A svelarlo è una nuova ricerca che ha coinvolto oltre 2.100 persone: “Le foto che ritraggono noi stessi in terza persona catturano il significato più profondo degli eventi”.
A cura di Valeria Aiello
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Sarà probabilmente capitato a tutti di andare a cena con amici e di scattare qualche foto delle portate appena servite, oppure di optare per un selfie tutti insieme. Ma perché ci piace così tanto ritrarre noi stessi nei diversi momenti della vita? E cosa ci fa preferire un selfie rispetto a una foto di quella stessa situazione fatta dalla prospettiva da cui la vediamo? Secondo una nuova ricerca, appena pubblicata su Social Psychological and Personality Science, a guidare le nostre scelte non è una semplice questione di vanità.

Il vero significato di scattare i selfie

Scattare un selfie, spiegano gli studiosi, ci aiuta a catturare il significato più profondo di quel preciso momento e a richiamarlo meglio in mente quando rivediamo l’immagine. “Scattare e pubblicare foto fa parte della vita quotidiana di molte persone – afferma il dottor Zachary Niese, autore principale dello studio e ricercatore dell’Università di Tubinga, in Germania – . Ma mentre a volte sorridiamo della pratica di scattare foto di noi stessi, queste immagini hanno il potenziale per riconnetterci con le nostre esperienze passate e costruire le nostre auto-narrazioni”.

Per arrivare a queste conclusioni, il dottor Niese e i suoi colleghi hanno preso in esame sei studi che hanno coinvolto oltre 2.100 partecipanti, attraverso cui hanno valutato l’impatto delle diverse prospettive utilizzate nelle foto. “Le persone usano le foto in prima persona, scattando una foto della situazione dal proprio punto di vista, quando vogliono documentare un’esperienza fisica, ma optano per le foto in terza persona, che ritraggono se stessi nella scena (come i selfie) per cogliere il significato più profondo degli eventi” spiegano gli studiosi, che hanno anche scoperto che le persone tendono ad apprezzare di più le foto che hanno una prospettiva che corrisponde all’intenzione con cui si è deciso di scattarle.

Il dottor Niese ha messo però in guardia dal dedurre che i selfie siano migliori dalle foto scattate dal proprio punto di vista o viceversa. “La ricerca dimostra che la prospettiva più efficace dipende dalla motivazione della persona in quel momento, sia che si tratti di catturare un’esperienza fisica o il significato più profondo di un evento” prosegue l’esperto.

Man mano che accumuliamo consapevolezza delle motivazioni che ci spingono a scattare le foto, nonché del ruolo della prospettiva, i ricercatori ritengono che si possa diventare più abili nel preservare i ricordi su cui riflettere in seguito. “La pratica di scattare le fotografie di noi stessi ha il potenziale per servire un motivo umano più fondamentale, per sviluppare e comprendere il nostro senso del sé, sia in termini di esperienze della nostra vita sia del loro significato più ampio” ha concluso Niese.

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