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A che velocità camminare per ridurre il rischio di problemi al cuore: la risposta secondo uno studio

Uno studio ha esaminato l’associazione tra il ritmo di camminata e il rischio di aritmie cardiache, tra cui la fibrillazione atriale, in un vasto campione di partecipanti in un periodo di 13 anni: è emerso che i camminatori che erano abituati a una certa velocità avevano un rischio significativamente ridotto di sviluppare questo problema cardiaco.
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Avere un'attività fisica regolare è una delle regole d'oro per la nostra salute, ma non tutti sanno che a volte anche le modalità con cui viene eseguita possono fare la differenza. Facciamo l'esempio di una delle attività fisiche più comuni e facilmente praticabili da tutti: la camminata a passo sostenuto. Certo, è una soluzione pratica per fare un po' di movimento, soprattutto se si rispetta questo numero di passi, ma esiste una velocità che ci permette di ottenere risultati migliori? Se si parla degli effetti sulla salute del cuore, sembra proprio di sì.

Secondo i risultati di un nuovo studio infatti il ritmo di camminata può influenzare i benefici sul rischio di aritmie cardiache, come la fibrillazione atriale (FA). Un problema di salute sempre più comune – secondo gli autori si registrano circa 60 milioni di casi all'anno – che non trattato può avere conseguenze anche gravi. La Fondazione Humanitas spiega che "le aritmie, se non trattate, possono aggravare condizioni patologiche gravi, come insufficienza cardiaca, ictus, infarto e arresto cardiaco".

Com'è stato misurato il ritmo di camminata

A fronte di questa crescente attenzione al problema, un gruppo di ricercatori di diverse università ha voluto indagare un aspetto ancora poco esplorato, ovvero si sono chiesi se fosse possibile rilevare un'associazione sul lungo periodo tra il ritmo di camminata e il rischio di sviluppare anomalie nel ritmo cardiaco.

Per farlo hanno analizzato i dati di un ampio campione di participanti raccolti dalla Biobank del Regno Unito, il più grande database sanitario del Paese. Il campione di partenza era formato da 420.925 persone. L'età media era di 55,8 anni, più del 50% era formato da donne e quasi tutti i partecipanti (96,6%) erano bianchi. A questi partecipanti è stato chiesto di indicare la loro velocità media di camminata.

Lo studio ha utilizzato come unità di misura le miglia orarie, ma noi per facilità di comprensione abbiamo arrotondato i valori in chilometri orari. Un ritmo sotto i 5 chilometri orari è stato considerato lento, tra i 5 e i 6,5 km/h è stato definito medio/moderato, mentre un ritmo superiore ai 6,5 km/h è stato classificato come camminata veloce.

Qual è la velocità ideale

I ricercatori hanno analizzato l'andamento della salute dei partecipanti in un periodo di 13 anni: in questo arco temporale 36.574 (8,7%) partecipanti hanno sviluppato aritmie cardiache, nella maggior parte dei casi fibrillazione atriale. Confrontando questi dati con le abitudini di camminata i ricercatori hanno potuto osservare un'associazione interessante tra l'intensità della camminata e l'insorgenza del problema cardiaco, anche se – come chiariscono – si tratta comunque di uno studio osservazionale che non afferma l'esistenza di un rapporto causa-effetto certo: sta di fatto che mentre la camminata a ritmo lento non è stata associata a una variazione del rischio, quella a un ritmo medio o veloce è stata collegata a "un rischio significativamente inferiore per tutte le aritmie cardiache".

Nello specifico, i partecipanti che erano abituati a camminare a un ritmo medio mostravano un rischio ridotto del 35% di sviluppare aritmie cardiache. Una riduzione che diventava ancora più significa per i camminatori veloci: in questi il rischio si era quasi dimezzato (meno del 43% rispetto ai camminatori lenti). In un buon numero di partecipanti, il 36%, questa riduzione del rischio era associata a un miglioramento delle condizioni metabolichecompreso il rischio di obesità – e dello stato infiammatorio, un dato che secondo i ricercatori suggerisce come la camminata a ritmo medio o veloce possa incidere su questi due fattori chiavi e tramite essi ridurre il rischio di aritmie cardiache.

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