269 delfini imprigionati in Giappone per essere venduti a delfinari e parchi acquatici

In Giappone ci sono 269 delfini imprigionati in minuscole strutture galleggianti, pronti per essere venduti (a peso d'oro) a delfinari e parchi marini di tutto il mondo. L'odiosa prigione di cetacei è frutto della stagione di caccia che si tiene ogni anno a Taiji, tra settembre e marzo. Larga parte dei delfini catturati viene massacrata a colpi di coltello sotto i tendoni, lontani dagli occhi e dalle telecamere dei volontari che provano a documentare gli orrori consumati nella “baia della morte”, balzata agli onori della cronaca di tutti il mondo grazie al film The Cove, vincitore del premio Oscar come migliore film-documentario nel 2010. Alcuni degli esemplari prelevati in natura vengono selezionati dai cacciatori e imprigionati, in attesa che gli addestratori dei parchi acquatici arrivino per osservarli e acquistarli.

I 269 esemplari si trovano nella baia di Moriura, a Taiji, non lontano dall'insenatura dove i carnefici hanno sterminato con ferocia le loro famiglie. Un destino orribile, ma probabilmente migliore di quello che spetta ai superstiti, rimasti soli, senza i propri compagni, strappati da una vita libera nel grande blu per colpa dell'avidità umana. Ogni esemplare vivo, del resto, vale centinaia di migliaia di dollari. Catturare delfini e venderli genera un ingente profitto, per questo i cacciatori nipponici non si fanno scrupoli a perpetrare questa barbarie, resa ancor più crudele dal fatto che i mammiferi marini sono animali particolarmente intelligenti, con una struttura sociale complessa e stratificata come quella umana.
Come comunicato dall'organizzazione Dolphin Project di Rick'o Barry (protagonista di The Cove) e dall'associazione animalista giapponese Life Investigation Agency (LIA) guidata da Ren Yabuki, i 269 delfinidi catturati appartengono a nove specie distinte: 180 tursiopi; 35 grampi; 19 lagenorinchi dai denti obliqui; 11 globicefali di gray; 9 stenelle maculate; 8 stenelle striate; 3 peponocefali; 3 steni; e 1 pseudorca. Stando ai dati raccolti dai 46 volontari di LIA, tutti uomini e donne giapponesi che nel corso dei 6 mesi di caccia documentano ogni giorno ciò che avviene a Taiji, all'appello mancherebbero 25 delfini. Si ritiene che possano essere morti oppure scappati durante lo tsunami che a gennaio a investito la baia. Proprio a Moriura l'amministrazione di Taiji ha deciso di realizzare un grande parco acquatico con più specie di delfini, dove le persone possono avvicinarli in canoa per nutrirli con pesci morti e toccarli. A rendere ancor più spietato e disgustoso questo progetto, l'idea di far incrociare specie diverse per ottenere ibridi e condizioni genetiche particolari, col solo scopo di incrementare i profitti.
LIA tiene traccia di tutte le uscite in mare delle imbarcazioni giapponesi durante la stagione di caccia; nell'ultima le uscite a vuoto, senza catture, sono state il 69 percento del totale, con un aumento del 4 percento rispetto alla stagione precedente. Questi dati, in costante aumento, sono il risultato di decenni di stermini, che hanno ridotto in modo significativo i pod di cetacei che vivono e transitano nell'area. Un ulteriore segnale per mettere definitivamente la parola fine a questa attività barbara e anacronistica.