Il bunker sotterraneo per salvare i vecchi videogiochi: parte il progetto PlayStation Studios Vault

Durante la Game Developers Conference (GDC) Sony ha annunciato il PlayStation Studios Vault. È un archivio che ha lo scopo di preservare tre decenni di storia videoludica targata PlayStation. Il Vault raccoglie circa 200 milioni di file, tra cui codici sorgente, asset audio, documentazione e prototipi. Il materiale più antico conservato risale al 1994, ed è una build preliminare del gioco Arc the Lad per la prima PlayStation. “PlayStation Studios Vault è la nostra soluzione per raccogliere tutta la ricca eredità trentennale di PlayStation in un unico luogo,” ha spiegato alla GDC Garrett Fredley, senior build engineer del progetto.
Come funziona l’archivio di PlayStation
Secondo quanto spiegato da Fredley, i dati vengono inizialmente raccolti in due archivi temporanei situati a Las Vegas e Liverpool, dotati di storage SSD ad alta velocità. Successivamente, questi file vengono trasferiti in un archivio definitivo, conservato su nastri magnetici all'interno di una miniera sotterranea (da qui il nome Vault). L'accesso a questo archivio è tuttavia estremamente limitato: è riservato al team di preservazione delle proprietà intellettuali e ad alcuni membri della sezione IT. L'obiettivo di questa iniziativa resta la conservazione storica, ma non è difficile ipotizzare un suo utilizzo da parte di Sony per facilitare la realizzazione di remaster e remake. In ogni caso, l'immenso catalogo non è accessibile al pubblico.
Il problema della preservazione dei videogiochi
Il PlayStation Studios Vault rappresenta un impegno significativo da parte di Sony per preservare la ricca eredità videoludica di PlayStation. Eppure, l’impossibilità di poter consultare da utente l’archivio fa decadere il discorso della conservazione per scopi accademici e culturali, lasciando intatto il vuoto istituzionale attorno alla preservazione dei videogiochi. Negli Stati Uniti, ad esempio, solo il 13% dei videogiochi classici è attualmente accessibile al pubblico, e appena il 3% dei titoli pubblicati prima del 1985 viene ristampato. Questo significa che molti giochi rischiano di andare perduti per sempre. Ed è un problema.
In un’intervista per Fanpage.it, Andrea Dresseno, ex responsabile dell'Archivio Videoludico di Bologna, sottolineava l'importanza di considerare i videogiochi come fonti storiche, al pari di libri, fumetti e film, disponibili in catalogi bibliografici e museali. Eppure le produzioni videoludiche restano escluse da questi processi che contribuiscono a far penetrare le rappresentazioni mediali all’interno della società come espressioni culturali. Le motivazioni sono diverse: c’è un vuoto istituzionale, perché da parte della politica al momento non c’è alcun interesse a preservare le produzioni videoludiche del passato. Anche da parte delle aziende sembra esserci un disinteresse condiviso. A questo si aggiungono difficoltà legate alla fruizione e all'accessibilità, perché per potere consultare un titolo del passato servono console e piattaforme di gioco specifiche, molte non più in commercio.
Di sicuro, l’archivio di PlayStation crea un precedente interessante, che potrebbe aprire la strada a una maggiore presa di coscienza del valore storico-culturale che hanno videogiochi. Eppure la sua struttura, che esclude di fatto il pubblico, non permette di essere ottimisti su questo fronte.