Il poco sonno restringe il cervello e aumenta il rischio di Alzheimer: le conseguenze del dormire male

Dormire poco è associato a un restringimento di specifiche aree del cervello i cui cambiamenti sono strettamente associati all'Alzheimer, pertanto i ricercatori ritengono che il cattivo sonno possa aumentare il rischio di demenza. È quanto emerso da un nuovo studio, che ha trovato ulteriori conferme sull'impatto negativo del dormire poco e male sulla nostra salute, fisica e mentale. Una ricerca del 2017, ad esempio, aveva mostrato che il poco sonno porta il cervello ad “auto-divorarsi”, a causa dell'iperattività delle cellule di microglia deputate alla pulizia notturna. In parole semplici, invece di eliminare solo sostanze tossiche e sinapsi logore, queste cellule iniziano a consumare anche le sinapsi buone. Un altro studio dell'Università della California di San Francisco ha evidenziato che dormire male accelera l'invecchiamento del cervello, che può risultare più vecchio di anni rispetto a quello di una persona coetanea che ha un sonno migliore. Il nuovo studio evidenzia che il cattivo sonno è addirittura associato all'atrofia di regioni cerebrali strettamente associate all'Alzheimer, la principale forma di di demenza al mondo.
A determinare che dormire poco può determinare il restringimento di aree cerebrali associate all'Alzheimer è stato un team di ricerca statunitense composto da scienziati della Scuola di Medicina dell'Università di Yale e dell'Università Statale della Pennsylvania. I ricercatori, coordinati dal dottor Gawon Cho specializzato in medicina interna, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato la qualità del sonno di 271 persone – coinvolte nello studio Atherosclerosis Risk in the Communities – ed effettuato scansioni cerebrali a 13-17 anni di distanza. Nella valutazione del sonno gli scienziati si sono concentrati su quello a onde lente o sonno profondo, che si raggiunge poco dopo essere andati a dormire; sulla fase REM (Rapid Eye Movement), quella onirica caratterizzata da un movimento rapido degli occhi che si raggiunge prima del risveglio; e sul numero di risvegli attraverso la polisonnografia. Le scansioni cerebrali si sono invece concentrate sulle regioni associate alla malattia di Alzheimer, come ippocampo, cuneo e parietale inferiore.
Incrociando tutti i dati, il professor Cho e colleghi hanno scoperto che le persone che avevano il sonno disturbato (sia nella fase REM che in quella a onde lente) mostravano un'atrofia nella regione parietale inferiore, che diversi studi hanno associato alla demenza. “Quella parte del cervello sintetizza le informazioni sensoriali, comprese quelle visuospaziali, quindi ha senso che mostri una neurodegenerazione precoce nella malattia”, ha dichiarato alla CNN il professor Cho. In questi pazienti il cervello risultava dunque ristretto rispetto a chi aveva un sonno migliore.
Il sonno profondo e quello REM sono fondamentali per la salute del cervello perché in queste fasi non solo vengono eliminate le tossine e le cellule morte attraverso la fagocitosi, ma vengono anche consolidati i ricordi ed elaborate le emozioni. Rappresentano una sorta di reset che ricarica l'organo e il nostro corpo per affrontare un'altra giornata; se questa procedura di ricarica non viene eseguita in modo adeguato, il cervello si deteriora, un po' come la batteria di un'auto che non viene rifornita in modo adeguato. Secondo gli esperti dovremmo trascorrere nel sonno profondo fino al 25 percento del tempo a dormire.
“I nostri risultati forniscono una prova preliminare del fatto che una ridotta neuroattività durante il sonno può contribuire all'atrofia cerebrale, aumentando così potenzialmente il rischio di malattia di Alzheimer”, ha affermato il professor Cho. “Questi risultati sono particolarmente significativi perché aiutano a caratterizzare il modo in cui la carenza di sonno, un disturbo diffuso tra gli adulti di mezza età e gli anziani, può essere correlata alla patogenesi del morbo di Alzheimer e al deterioramento cognitivo”, ha chiosato lo scienziato.
Un recente studio condotto in Norvegia ha dimostrato che usare lo smartphone prima di andare a dormire aumenta del 60 percento il rischio di insonnia e riduce sensibilmente i minuti di riposo, con tutto ciò che ne consegue sulla salute. I dettagli della ricerca “Lower slow wave sleep and rapid eye movement sleep are associated with brain atrophy of AD-vulnerable regions” sono stati pubblicati sulla rivista specializzata Journal of Clinical Sleep Medicine.