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Il cervello inizia a divorare se stesso durante l’attività fisica di resistenza, secondo uno studio

Ricercatori spagnoli hanno osservato un fenomeno metabolico sorprendente nei corridori di maratona. Per preservarsi a causa del crollo di glucosio determinato dall’intensità dell’esercizio, il cervello degli atleti inizia a consumare la mielina, la preziosa sostanza che avvolge le fibre nervose dei neuroni.
A cura di Andrea Centini
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I ricercatori hanno fatto una scoperta sorprendente sul metabolismo del cervello. Quando il nostro organismo è sottoposto ad attività fisica di resistenza estrema, come quella sperimentata durante una sfiancante maratona, il cervello per “sopravvivere” innanzi a un calo critico del glucosio inizia a divorare se stesso. Più nello specifico, i neuroni cominciano a trarre energia dalla mielina, la sostanza – conosciuta anche come guaina mielinica – composta prevalentemente da lipidi che avvolge gli assoni delle cellule cerebrali, permettendo l'isolamento del segnale nervoso (elettrico) e l'aumento nella velocità di trasmissione.

Questo consumo della preziosa sostanza grassa è stato definito dagli scienziati “plasticità metabolica della mielina” e al momento è considerato solo un'ipotesi, tenendo presente che è stato osservato solo in un ristretto numero di persone. Dunque saranno necessarie ulteriori e approfondite indagini per tutte le conferme del caso. Ciò che è certo è che tale meccanismo di preservazione, probabilmente evoluto per evitare danni più gravi al più complesso organo dell'Universo (a nostra conoscenza), erano già stato osservato in modelli murini. Nell'essere umano ci sono regioni del cervello in cui si accumula più mielina e non si può escludere che possa trattarsi anche di una sorta di “riserva” di energia, una dispensa da cui attingere per non soccombere in circostanze estreme.

A determinare che l'intensa attività fisica di resistenza innesca un inatteso consumo della mielina da parte delle cellule del cervello è stato un team di ricerca spagnolo guidato da scienziati dell'Università dei Paesi Baschi (UPV/EHU) e dell'Istituto Carlo III “CIBERNED”, che hanno collaborato con i colleghi di diversi istituti. Fra quelli coinvolti il Centro per la ricerca cooperativa sui biomateriali (CIC biomaGUNE) – Alleanza basca per la ricerca e la tecnologia (BRTA), il Dipartimento di Neuroradiologia di HT Médica, il Reparto di Radiologia dell'Ospedale Clinico di Barcellona e altri. I ricercatori, guidati da Pedro Ramos-Cabrer, Alberto Cabrera-Zubizarreta e Carlos Matute, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver eseguito scansioni cerebrali (risonanze magnetiche) su dieci maratoneti prima e dopo la corsa “regina” delle Olimpiadi, con i suoi estremi 42,195 chilometri in grado di sfiancare il corpo e la mente degli atleti. Non sono pochi quelli che collassano dopo aver tagliato il traguardo o nell'ultima parte della gara, a causa dell'impegno profuso.

Non c'è da stupirsi che l'organismo per evitare danni gravi attui delle misure di emergenza, ma il consumo della guaina mielinica osservato nelle risonanze magnetiche dei corridori è stato una sorpresa anche per gli scienziati. La demielinizzazione, del resto, è al centro di alcune severe patologie come la sclerosi multipla – una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario viene spinto ad attaccare la guaina mielinica – oppure la Sindrome di Guillain-Barré innescata da un'infezione virale, che sfocia nel danneggiamento della mielina dei nervi periferici. La riduzione di questa sostanza comporta la compromissione della pulizia del segnale nervoso e può sfociare in debolezza muscolare, declino cognitivo, problemi alla vista, perdita di coordinazione, spasmi e rigidità, fino a paralisi e morte. Nelle risonanze magnetiche cerebrali degli atleti effettuate dopo la corsa i ricercatori hanno rilevato una riduzione significativa di mielina nella sostanza bianca, dove questa sostanza è più concentrata.

Il professor Ramos-Cabrer e colleghi ritengono che questo consumo di emergenza si verifichi in zone “sicure” prevenendo danni al tessuto cerebrale a causa del crollo degli zuccheri. Le regioni principalmente interessate sono quelle legate a funzioni motorie, sensoriali ed emotive. Alcuni studi hanno dimostrato che i maratoneti dopo la corsa ottengono punteggi molto più bassi nei test cognitivi e di memoria, forse proprio a causa di questi effetti sulla trasmissione del segnale nervoso. Fortunatamente si tratta di una situazione transitoria, dato che dopo un paio di settimane inizia un processo di recupero e a un paio di mesi di distanza la situazione della mielina si ripristina completamente. In precedenza era stato determinato che anche il cattivo sonno è in grado di spingere il cervello ad auto divorarsi, ma sulla base di un meccanismo differente. I dettagli della nuova ricerca “Reversible reduction in brain myelin content upon marathon running” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Metabolism.

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