Com’è cambiato il corpo dei due astronauti bloccati 9 mesi nello spazio

Dopo nove lunghissimi mesi trascorsi nello spazio, alle 23 ora italiana di martedì 18 marzo 2025 i due esperti astronauti Suni Williams e Butch Wilmore sono finalmente tornati sulla Terra. La loro missione sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), iniziata il 5 giugno 2024 a bordo della Boeing Starliner, aveva una durata programmata di appena otto giorni, tuttavia a causa di guasti rilevati sulla navetta e ulteriori rinvii hanno dovuto trascorrere sul laboratorio orbitante ben 286 giorni. Non è il record di permanenza nello spazio, ma si tratta comunque di un periodo significativo, considerando che in genere le missioni hanno una durata di sei mesi.
Questo soggiorno forzato “fra le stelle” ha alimentato polemiche e curiosità, soprattutto sul loro stato di salute, considerando gli effetti significativi della microgravità sul corpo umano. Ad esempio, è noto che si diventa temporaneamente più alti per lo “stiramento” dei dischi intervertebrali e che si sviluppano i cosiddetti “baby feet”, i piedi da bambino, a causa della perdita dello spesso e robusto strato di pelle sotto la pianta dei piedi. Tra le conseguenze più significative vi sono invece la perdita di decenni di densità ossea e di massa muscolare.
Il professor Damian Bailey, docente di fisiologia umana presso l'Università del Galles del Sud, in un'intervista alla BBC ha fatto un elenco più esaustivo e dettagliato degli effetti della microgravità prolungata sul corpo umano, sottolineando che lo spazio “è di gran lunga l'ambiente più estremo che gli esseri umani abbiano mai incontrato e non ci siamo ancora evoluti per gestire condizioni estreme”. Infatti il nostro organismo è adattato alle condizioni legate gravità terrestre, i cui effetti influenzano molteplici parametri fisiologici. Basti pensare al lavoro del cuore per pompare sangue in tutto l'organismo – e vincere la forza di gravità che spinge i fluidi verso il basso – oppure alla necessità di avere un robusto scheletro, per permetterci di sostenere e spostare il peso del nostro corpo.
Non a caso tra i pericoli principali per gli astronauti vi è la sopracitata perdita di densità ossea e di massa muscolare. “Ogni mese, circa l'1 percento delle loro ossa e dei loro muscoli si deteriora: è un invecchiamento accelerato”, ha affermato alla BBC il professor Bailey. Gli astronauti ogni giorno svolgono ore di attività fisica sulla ISS – come cyclette, tapis roulant e pesi – proprio per rallentare questo inevitabile deterioramento fisiologico, non essendoci le condizioni che sulla Terra permettono il rinnovamento e il mantenimento di muscoli e ossa. Ma anche con tutto l'esercizio possibile, la perdita è inevitabile; tutti abbiamo visto le immagini degli astronauti al rientro sulla Terra trasportati a braccio, su sedie a rotelle e barelle proprio per declino fisico che lo spazio comporta.
Uno studio dell'Università di Calgary ha determinato che durante una missione di sei mesi gli astronauti perdono decenni di massa ossea. Il dato è stato ottenuto analizzando forza ossea, microarchitettura e densità minerale ossea totale di una ventina di astronauti con un'età media di 47 anni. Quelli che erano stati più a lungo nello spazio mostravano anche il recupero peggiore; a 12 mesi dal rientro oltre la metà non aveva recuperato la densità ossea che aveva prima della partenza. Si tratta infatti di un processo molto lungo e non privo di rischi, considerando le conseguenze dell'osteoporosi. Anche la massa muscolare impiega tempo per essere ripristinata e come affermato alla BBC dalla dottoressa Helen Sharman, la prima astronauta del Regno Unito, probabilmente Williams e Wilmore – rispettivamente 59 e 62 anni, non proprio due ragazzini – impiegheranno mesi per svilupparla di nuovo. Per la massa ossea potrebbero invece volerci due anni. L'esperta ha sottolineato che potrebbero manifestarsi “sottili cambiamenti nel tipo di osso che ricostruiamo dopo il ritorno sulla Terra”, che dunque potrebbe “non tornare mai completamente alla normalità”.
Tra le altre conseguenze segnalate dagli specialisti ci sono anche il viso gonfio, alterazioni nell'occhio e nel cervello, poiché i fluidi corporei invece di essere “tirati” verso il basso dalla gravità terrestre vengono spinti verso l'alto, dal torace in su. Sono possibili danni al nervo ottico, alla retina e anche alla forma dell'occhio, un insieme di condizioni che gli esperti chiamano “sindrome neuro-oculare associata ai voli spaziali”. Può sfociare in una vista disturbata e riduzione dell'acuità visiva anche permanente. Inoltre la microgravità prolungata può innescare un significativo senso di disorientamento e stordimento una volta sulla Terra, a causa del fatto che, come spiegato dalla BBC, la microgravità “distorce anche il sistema vestibolare, ovvero il sistema che ci permette di mantenere l'equilibrio e di percepire la direzione in cui si trova l'alto”. E nello spazio le direzioni sono completamente “confuse” rispetto a ciò che sperimentiamo sul nostro pianeta. I primi giorni del rientro, evidenzia l'astronauta Tim Peake, “possono essere massacranti”. Se ciò non bastasse studi hanno danni significativi ai reni e mutazioni nel sangue associate a cancro e malattie cardiovascolari; anche per questo i voli spaziali verso Marte potrebbero essere ben più pericolosi di quello che si immagina.