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Caso Chiara Ferragni

Nella società di Chiara Ferragni si apre una faida: cosa dice l’ultimo verbale di Fenice Srl

Nei verbali dell’ultima assemblea di Fenice Srl si legge in controluce la spaccatura tra i suoi soci. Da una parte c’è l’asse Chiara Ferragni – Paolo Barletta che insieme detengono oltre il 70% di quote della società, dall’altra Pasquale Morgese che si è opposto alle decisioni prese dai due.
A cura di Valerio Berra
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Fenice Srl è la società più importante dell’impero di Chiara Ferragni. O meglio, una volta era considerata l’ammiraglia, quando registrava fatturati milionari e firmava contratti pubblicitari per gestire Chiara Ferragni Brand, il marchio con l’occhio ammiccante impresso su borse, make up e quaderni. Dopo il Caso Pandoro è Fenice Srl l’azienda che ha subito il contraccolpo maggiore: qui vi spieghiamo bene cosa sta succedendo.

Al netto degli affari c’è però un dato che ormai è chiaro. Le quote di Fenice Srl sono divise in tre parti. Chiara Ferragni attraverso la holding Sisterhood gestisce il 32,5% di quote, l’imprenditore Paolo Barletta con la sua Alchimia gestisce il 40% e Pasquale Morgese detiene il 27,5%.

Negli ultimi mesi Fenice Srl ha dovuto affrontare parecchie decisioni per il suo futuro, tutte decisioni che hanno avuto una geografia chiara: Ferragni e Barletta da una parte, Morgese dall’altra. Una divisione che è stata chiara nel momento in cui Fenice ha dovuto votare per l’aumento di capitale, passaggio necessario per appianare le perdite e rilanciare l’azienda.

I verbali di Fenice Srl: “Situazione di estrema difficoltà”

Questa divisione si legge anche nei verbali della società riportati da Radiocor, l’agenzia stampa legata al Sole 24 Ore. Qui si leggono in controluce le risposte date da Claudio Calabi a Pasquale Morgese, Calabi è amministratore unico dopo il passo indietro di Ferragni: “Non vi è stata alcuna forzatura ottimistica, né sovrastima pessimistica nel determinare le voci di bilancio”.

Calabi risponde alle critiche sollevate da Morgese in questi mesi, dentro e fuori le assemblee di Fenice. Calabi spiega che: “Ha sempre operato esclusivamente nell’interesse della società a tutela dei soci e dei creditori. Respinge, pertanto, l’addebito di aver agito con criteri diversi”. E ancora: “Alcuni soci hanno posto in essere attività di controllo molto invasive, grazie alle quali hanno potuto avere totale contezza dell’andamento della gestione sociale e della consistenza patrimoniale della società”.

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