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Scoperti due nuovi biomarcatori della Sla in comune con l’Alzheimer: cose possono modificare la diagnosi

Un nuovo studio internazionale a cui hanno partecipato anche ricercatori italiani ha evidenziato come i livelli di p-tau 181 e p-tau-217, tipicamente associati all’Alzheimer, siano apparsi “inaspettatamente” incrementati anche nel sangue di pazienti affetti da Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), una scoperta che può aprire nuove strade nella diagnosi precoce della Sla e in quella dell’Alzheimer.
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Due biomarcatori finora considerati specifici per la malattia dell'Alzheimer sono stati rilevati anche nel sangue dei pazienti affetti da Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). È quanto emerso da un nuovo studio internazionale appena pubblicato sulla rivista Nature Communications a cui hanno partecipato anche ricercatori italiani dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano e del Centro Dino Ferrari dell’Università degli Studi di Milano.

I due biomarcatori p-tau 181 e p-tau-217, due forme fosforilate della proteina tau, tipicamente associati all'Alzheimer, sono infatti apparsi "inaspettatamente" incrementati – spiegano gli autori dello studio – anche nella Sla, una malattia neurodegenerativa rara che causa la progressiva perdita dei neuroni motori, ovvero le fibre nervose che danno ai muscoli i segnali per muoversi.

Come è avvenuta la scoperta

Da tempo livelli elevati di p-tau 181 e p-tau 217 nel liquido cerebrospinale sono utilizzati come criteri nella diagnosi precoce della malattia di Alzheimer, tuttavia per misurarli è necessaria una puntura lombare. Studi successivi hanno però scoperto che questi biomarcatori sono rilevabili anche nel sangue, attraverso quindi un esame meno invasivo che potrebbe rendere meno complessa la diagnosi precoce della malattia nella popolazione generale.

Studiando come sviluppare la diagnosi della malattia di Alzheimer e di altre malattie neurodegenerative, il team di ricercatori guidato dal professor Markus Otto, direttore della clinica universitaria e della clinica ambulatoriale per la neurologia presso la Martin-Luther-University Halle-Wittenberg di Halle, ha però scoperto che i livelli di p-tau 181 erano elevati anche nel sangue dei pazienti affetti da Sla, mentre non risultavano dall'analisi del loro liquido cerebrospinale.

Cosa significa per lo sviluppo della diagnosi

A partire da questa osservazione è stato avviato lo studio appena pubblicato, che ha studiato 111 pazienti affetti da Alzheimer e 152 pazienti con Sla e li ha confrontati con 122 persone non affette da nessuna delle due malattie. Dai risultati del confronto è emerso che i due biomercatori, p-tau 181 e p-tau 217, erano rilevabili non solo nel sangue dei pazienti con Alzheimer, ma anche di quelli affetti da Sla.

Anche questa scoperta " a prima vista – spiegano gli autori – sembra una battuta d'arresto per la valutazione diagnostica dell'Alzheimer potrebbe aiutarci a capire e forse migliorare il trattamento della Sla e di altri disturbi muscolari", in quanto "p-tau 181 e p-tau 217 potrebbero essere adatti per la diagnosi precoce della Sla o per monitorare la progressione della malattia e l'efficacia di nuovi farmaci". Mentre rende necessario lo sviluppo di test diagnostici più specifici per la diagnosi dell'Alzheimer.

Il nucleo più sorprendente dello studio – spiega il professor Vincenzo Silani, neurologo che ha preso parte al lavoro – consiste infatti nell'aver individuato l'origine dei due biomarcatori, potenzialmente prodotti dal muscolo scheletrico dei pazienti affetti da Sla, una scoperta che rende quindi il muscolo oggetto di grande interesse di studio sia per la Sla che per l'Alzheimer.

Conoscere i biomarcatori di una malattia è infatti fondamentale nello sviluppo della diagnosi e nella ricerca di nuove terapie per quella determinata malattia, soprattutto se la malattia in questione è una patologia rara e senza cura, come la Sla e le altre malattie dei neuroni motori.

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