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Perché la colla vinilica è utile a combattere il cancro: il sorprendente risultato di uno studio

Ricercatori giapponesi hanno scoperto che il principale composto adesivo della colla vinilica, l’alcol polivinilico o PVA, è in grado di rendere una molecola inerte in un potente ed efficace farmaco antitumorale. Ecco contro quali tipi di cancro può essere impiegato.
A cura di Andrea Centini
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Gli scienziati hanno scoperto che un ingrediente chiave della colla vinilica – la colla liquida usata anche dai bambini perché atossica – può migliorare sensibilmente l'efficacia di una innovativa terapia contro il cancro. L'alcol polivinilico (PVA), un polimero dalle spiccate capacità adesive alla base della suddetta colla (nota come polivinilacetato), è in grado di migliorare l'accumulo di un farmaco antitumorale all'interno delle cellule malate, rendendo la terapia più rapida, selettiva e meno dannosa per le cellule sane. Uno degli effetti collaterali della radioterapia, basata sul bombardamento delle cellule malate attraverso radiazioni ionizzanti per distruggerle, risiede proprio nel fatto che può uccidere anche le cellule sane, determinando tossicità significativa. Il composto della colla vinilica indirizza meglio nelle cellule cancerose il boro impiegato in una tecnica radioterapica chiamata terapia di cattura dei neutroni del boro (BNCT), utilizzata prevalentemente per tumori superficiali come quelli della testa e del collo.

A determinare che l'alcol polivinilico della colla per bambini può migliorare una terapia anticancro è stato un team di ricerca giapponese guidato da scienziati del Dipartimento di Scienze della Vita dell'Università di Tokyo e del Laboratorio di chimica e scienze della vita dell'Istituto di tecnologia di Tokyo, che hanno collaborato con i colleghi di vari istituti. Fra quelli coinvolti il Centro di ricerca di oncologia delle radiazioni particellari e il Centro di innovazione della nanomedicina (iCONM) dell'Istituto di promozione industriale di Kawasaki. I ricercatori, coordinati dal professor Takahiro Nomoto e dal dottor Kakeru Konarita, si sono concentrati sul PVA perché già in precedenti indagini precliniche aveva dimostrato le sue potenzialità come possibile “arma” contro il cancro. Per capire meglio ciò che è stato fatto, è doveroso soffermarsi sulla terapia di cattura dei neutroni del boro (BNCT), approvata nel 2020 per la prima volta proprio in Giappone. Questa tecnica antitumorale si basa su un composto contenente boro chiamato L-BPA, che viene somministrato ai pazienti oncologici per far accumulare l'elemento chimico all'interno delle cellule malate. Una volta “caricate”, le cellule cancerose possono essere bersagliate con neutroni a bassa energia che le distruggono.

Nonostante l'efficacia, il composto L-BPA usato con la BNCT ha due problemi da non sottovalutare: i neutroni a bassa energia, come suggerisce il nome, sono deboli e quindi sono efficaci solo con determinate di tipologie di tumori superficiali, inoltre, quando rilasciato in alcune posizioni del corpo, può invadere le cellule sane, rendendo tossico il trattamento. I ricercatori in passato avevano sperimentato per la BNTC anche un'altra molecola contenente boro chiamata D-BPA, che è speculare alla L-BPA. Avevano determinato che era più selettiva per le cellule tumorali, ciò nonostante, a differenza della molecola sorella, non si accumula dentro di esse, rendendola di fatto inerte e inutile. È qui che entra in gioco l'alcol polivinilico della colla. Aggiungendolo alla D-BPA, infatti, il professor Nomoto e colleghi hanno scoperto che la molecola diventa ancora più efficace di L-BPA, sia dal punto di vista dell'accumulo di boro nelle cellule malate che da quello della ritenzione. In pratica, migliora in modo significativo il targeting e la sicurezza della tecnica BNTC.

“Abbiamo scoperto che il PVA, utilizzato nella colla liquida, migliora notevolmente l'efficacia di un composto chiamato D-BPA, che fino ad ora era stato rimosso dagli ingredienti dei farmaci perché ritenuto inutile”, ha affermato in un comunicato stampa il professor Nomoto. Attualmente tale efficacia è stata dimostrata solo sui banchi di un laboratorio, ma gli scienziati giapponesi sono sicuri che possa mostrare le sue capacità anche nella pratica clinica, cioè sull'uomo. “In un modello di tumore sottocutaneo, questo sistema ha ottenuto un accumulo tumore-selettivo sorprendentemente elevato che non poteva essere ottenuto con approcci convenzionali e ha indotto drastici effetti BNCT. Il PVA potrebbe essere un materiale unico per sbloccare i potenziali di molecole apparentemente inerti”, hanno indicato gli esperti nell'abstract dello studio.

Un altro dei vantaggi del PVA potrebbe essere il costo ridotto, alla luce dei costi esorbitanti di diversi nuovi farmaci anticancro in sviluppo, dei quali potrebbero beneficiare solo alcuni pazienti. “In questo studio, abbiamo mirato a sviluppare un farmaco con una struttura semplice e un'elevata funzionalità a un costo basso”, ha chiosato il professor Nomoto. I dettagli della ricerca “Poly(vinyl alcohol) potentiating an inert d-amino acid-based drug for boron neutron capture therapy” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Controlled Release.

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