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Cosa sappiamo sulla malattia misteriosa in Congo: il prof. Rezza spiega sintomi e possibili rischi

Una malattia misteriosa sta circolando nella Repubblica Democratica del Congo e ha messo in massima allerta le autorità del governo locale. Ha già ucciso almeno 70 persone. I sintomi sono simili a quelli di un’influenza, ma non sappiamo ancora se si tratti di un virus o di un’infezione batterica. Fanpage.it ha contattato l’epidemiologo Giovanni Rezza per un commento sui rischi di questa preoccupante situazione.
Intervista a Prof. Giovanni Rezza
Epidemiologo ed ex direttore generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute
A cura di Andrea Centini
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A sinistra il professor Giovanni Rezza
A sinistra il professor Giovanni Rezza

Nella Repubblica Democratica del Congo sta circolando una misteriosa malattia che, secondo i dati ufficiali diramati dal Ministero della Salute locale, avrebbe ucciso almeno 70 persone nelle ultime settimane, sebbene le stime più pessimistiche parlino di oltre 140 vittime. I sintomi riscontrati sono simili a quelli di un'influenza, come tosse, febbre e forte mal di testa. Segnalata anche anemia nei pazienti. La provincia interessata è quella di Kwango, nel sud del Paese africano. Più nello specifico, è stata colpita la zona sanitaria di Panzi, un'area rurale in cui disponibilità di medicinali e l'assistenza sanitaria sono scarse. Secondo quanto dichiarato dal ministro della Salute congolese Roger Kamba, una trentina di persone sono decedute in ospedale, mentre le restanti nelle proprie abitazioni. Crisi respiratorie e assenza di trasfusioni di sangue sono state confermate come cause dei decessi di parte delle vittime della misteriosa patologia.

Come indicato, al momento non è ancora chiaro di cosa si tratti, ma secondo il dottor Jean Kaseya, direttore dei Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie, si tratterebbe di una malattia respiratoria. “Le prime diagnosi ci stanno portando a pensare che si tratti di una malattia respiratoria. Ma dobbiamo aspettare i risultati di laboratorio”, ha spiegato l'esperto, aggiungendo che mancano informazioni importanti su infettività e trasmissione. Uno dei dati più inquietanti riguarda l'età delle vittime, tutti giovani tra i 15 e i 18 anni. Dei circa 400 pazienti ufficialmente contagiati, la metà sarebbe invece composta bambini con meno di cinque anni. Come riportato dall'Associated Press, il governo della Repubblica Democratica del Congo ha dichiarato di essere in uno stato di “massima allerta” per la diffusione della misteriosa malattia, sulla quale stanno già lavorando anche le prime squadre dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (per ora senza il rilascio di dichiarazioni).

La situazione è molto nebulosa e potremmo trovarci innanzi anche a un nuovo, pericoloso patogeno, in modo non dissimile da quanto avvenne alla fine del 2019 a Wuhan, in Cina, prima dello scoppio della pandemia di COVID-19. Per comprendere meglio di cosa potrebbe trattarsi e quali sono i potenziali rischi, Fanpage.it ha contattato il professor Giovanni Rezza, epidemiologo ed ex direttore generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute. Ecco cosa ci ha raccontato.

Professor Rezza, dai sintomi questa misteriosa malattia che ha colpito il Congo non sembra essere una delle febbri emorragiche che circola in Africa, come quella provocata dal virus Marburg. Si è fatto un'idea?

Non sembrerebbe, ma non è sempre facile capire quando arrivano queste notizie da zone remote dell'Africa. I sintomi principali sono respiratori, come febbre, mal di testa, tosse. Ho letto anche che ci sarebbe una componente anemica, però l'anemia in Africa è abbastanza frequente. Anche perché c'è a causa della malaria, della malnutrizione. Quindi è difficile capire se effettivamente è un sintomo associato a questa patologia. L'altra cosa più importante da dire è che la letalità sembra essere molto alta, quasi a livello di una febbre emorragica, apparentemente. A meno che non ci sia sovrastima per il fatto che magari casi meno gravi non sono stati identificati. Questo è da capire. Se fosse insorta in Europa ci saremmo preoccupati davvero molto, in Asia pure, forse, mentre l'Africa devo dire che purtroppo non è nuova a questo tipo di eventi.

Ci spieghi

A volte su una popolazione malnutrita, affetta da malattie come la malaria, con scarso accesso ai servizi sanitari e servizi sanitari di bassa qualità, si possono verificare questi episodi. Magari non rappresentano un pericolo per il resto del mondo. Anche le febbri emorragiche stesse, in fondo, non hanno rappresentato e non rappresentano un problema globale, ma un problema molto confinato in Africa, per quanto grave. È difficile adesso dire se si tratti di un'infezione batterica, per esempio meningococco, che in Africa dà epidemie, ma i sintomi non sembrano proprio quelli. Però non possiamo escluderlo con certezza. Siamo di fronte a infezioni virali di tipo respiratorio note o non note? A una Malattia X o a qualcosa che è già stato codificato? Questo non lo sappiamo. Ci sono motivi per dire che non c'è una situazione di allarme globale perché è confinata in una zona remota, però allo stesso tempo, finché non si arriva a una diagnosi, una certa attenzione e preoccupazione chiaramente l'evento lo desta. Adesso per chiunque si azzardasse a fare una previsione sarebbe come lanciare una monetina in aria: ho il 50 percento delle probabilità di azzeccarci dicendo che è qualcosa di gravissimo, che rappresenta un pericolo per il mondo, ma le stesse ce le avrei se dicessi che non è così. Non è possibile fare previsioni se prima non abbiamo la diagnosi.

Perché non siamo ancora arrivati a questa diagnosi? Quanto tempo potrebbe volerci?

È chiaro che questi campioni devono arrivare prima almeno a Kinshasa, la capitale della Repubblica democratica del Congo. C'è un team dell'OMS sul posto. Comunque potrebbe non bastare, potrebbe essere necessario un laboratorio più avanzato, come quello dei Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta (negli Stati Uniti NDR). Tutto dipende dalla diagnosi. Se si tratta di un virus (più probabilmente) o di un batterio noto, allora nel giro di ore magari riusciamo a scoprire di cosa si tratta. Se invece l'agente non viene identificato, allora sarà più lunga.

I decessi sono stati registrati a partire dal 10 novembre. Si parla di circa 400 contagiati e un numero di morti compreso tra i 70 e i 140. Un dato particolare riguarda il fatto che le vittime sarebbero tutti giovani tra i 15 e i 18 anni. Sembra una situazione particolare.

Anche la Spagnola era così. Ci sono dati che possono anche rappresentare elementi di preoccupazione. Se non si trattasse di una zona ristretta in un'area del mondo molto remota, la situazione sarebbe globale. Trattandosi di una zona remota e circoscritta, per ora è un elemento di preoccupazione e non di allarme. Ma naturalmente bisogna capire di che si tratta. Se è un agente noto, a livello locale la situazione è piuttosto grave, se però non si identifica un agente noto – in zone remote passaggi di specie da animali all'uomo possono sempre verificarsi – allora sarebbe più preoccupante. Però ripeto, in questo momento azzardare previsioni è al contempo molto facile e molto difficile, c'è sempre il 50 percento delle probabilità di azzeccarci o di sbagliare.

Un aspetto abbastanza significativo è che al momento l'Organizzazione Mondiale della Sanità non ha ancora rilasciato alcuna dichiarazione su questa situazione

Esatto, quindi vuol dire che dal punto di vista della diagnosi clinica non è facile. Questo non è un buon segnale. Siccome è una popolazione particolare e suscettibile, malnutrita, affetta da malaria e altre malattie, c'è però da capire se effettivamente questo rappresenta una situazione particolare o meno. Lo ripeto, io credo che anche a Kinshasa o in un altro laboratorio africano, se l'agente è noto, riusciranno a identificarlo anche nel giro di ore dall'arrivo del campione.

Ma i primi decessi risalgono alla prima metà di novembre, sembra un po' anomalo ci stiano mettendo tutto questo tempo.

Bisogna vedere quando è arrivato il team dell'OMS, quando è stato identificato il problema. Certamente ci sono degli elementi che preoccupano, dopodiché ripeto, se i campioni sono arrivati, dal momento in cui arrivano io credo che il laboratorio di una capitale africana come Kinshasa sia in grado di identificare un agente noto nel giro di ore. C'è anche l'Istituto Pasteur di Dakar che è molto attrezzato. Se invece ci troviamo di fronte a un qualcosa di nuovo, realmente la Malattia X, allora ci vuole più tempo, perché ci servono le tecnologie più sofisticate. In quel caso serve un laboratorio più avanzato, come quello dei CDC di Atlanta o uno europeo.

In base agli elementi che abbiamo a disposizione lei pensa che si tratti di qualcosa di noto oppure di non noto?

Ho troppo pochi elementi. In genere in questi casi si tende a dire che è qualcosa di nuovo, perché potrei azzeccarci al 50 percento. Oppure potrei dire che ho sottovalutato. Però tenendo conto del quadro locale è impossibile in questo momento sbilanciarsi. Chiunque faccia una previsione e dica dopo “l'avevo detto”, si è buttato. Anche se ripeto, è chiaro che un allarme arriva solo quando qualcuno dice che è una Malattia X, quindi un agente nuovo. Lì c'è l'allarme vero. In questo momento ci deve essere attenzione e preoccupazione.

Vivemmo una situazione simile prima dello scoppio della pandemia di COVID-19, quando si parlava di “misteriosa polmonite” in Cina alla fine del 2019

È chiaro che questo fa preoccupare. Dopodiché Wuhan non è Panzi. Le capacità diagnostiche sono enormemente diverse e anche lo stato di salute della popolazione. Questo è l'unico elemento che ci induce a essere più cauti rispetto alla possibilità di un fenomeno noto, ma non si può assolutamente escludere il nuovo. Magari fra qualche ora sapremo qualcosa di più.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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